Tempo di… Rendicontazione!!!

Rendicontazione

Con la riforma del pubblico impiego tutte le Pubbliche Amministrazioni sono state inserite in un unico sistema di misurazione e valutazione, dimenticando la loro eterogeneità e di conseguenza anche la differenza dei risultati ottenuti.

Tale generalizzazione non ha tenuto conto dei vari contesti in cui la Pubblica Amministrazione si dispiega, infatti come nelle Istituzioni scolastiche, il prodotto finale da rendicontare non è un bene misurabile commercialmente, ma un bene invisibile, trattandosi di formazione dei soggetti.

Anche il termine” performance” non è sempre riferibile a comportamenti chiaramente manifesti, ma a risultati frutto di una valutazione qualitativa, difficilmente quantizzabile. La misurazione delle performance si esprime nell’organizzazione complessiva, in quella dei singoli dipendenti e dei dirigenti responsabili della gestione. Nonostante la sua complessità, possiamo definire il sistema scolastico un luogo privilegiato per lo sviluppo di competenze relative a temi come la valutazione, il bilancio sociale, la rendicontazione, la trasparenza.

L’elaborazione del Rapporto di Autovalutazione diventa uno strumento di misurazione dell’efficienza e dell’efficacia del servizio erogato, con la volontà di migliorarne l’offerta e la qualità, pubblicizzando le strategie adottate e riconoscendo un ruolo importante agli stakeholder costituiti da famiglie, alunni, portatori di interessi vari e istituzioni locali. Tutti sono chiamati a partecipare, attraverso una progettazione e un confronto, all’elaborazione della rendicontazione.

Ogni scuola potrà, attraverso lo strumento del Bilancio sociale, verificare la coerenza tra mission (valori di riferimento della scuola), governance (modelli di governo dell’istituzione scolastica e il rapporto con gli stakeholder) e accountability (verifica dei risultati in relazione degli obiettivi programmati).

Rendicontare diventa un dovere per la scuola che si pone al servizio dei suoi utenti,  ma soprattutto un diritto, perché stimola al miglioramento e al confronto continuo, superando le  logiche autoreferenziali.

  • Lo sviluppo  del documento di Rendicontazione sociale dovrà rispettare alcuni criteri come:
  • la chiarezza, essendo destinato a stakeholder esterni alla scuola;
  • la completezza, per consentire agli stakeholder di individuare le informazioni utili e valutare gli obiettivi raggiunti;
  • la coerenza, nel progettare la mission e definire con chiarezza e coerenza il punto di partenza;
  • l’inclusione, di tutti i portatori di interessi senza distinzione alcuna;
  • la periodicità, attraverso pubblicazioni periodiche e regolari che siano corrispondenti alle attività pianificate e ai risultati, di volta in volta, raggiunti;
  • la rilevanza, esplicitando in modo chiaro tutte le scelte rilevanti che possono condizionare dei risultati;
  • la trasparenza, attraverso una chiara individuazione da parte del portatore di interessi delle scelte fatte e dei risultati raggiunti;
  • la veridicità, relativa alle informazioni  inserite nel documento.

Detto ciò, non è comunque possibile immaginare di assegnare alla Scuola un valore solo in base al profitto che si riesce ad avere in termini di valore di mercato. La scuola è chiamata a garantire il successo formativo dei suoi alunni, a promuovere la loro crescita umana e culturale, a sviluppare il loro senso critico, a creare menti aperte ed elastiche. Tutto questo non potrà mai essere ricondotto a un prodotto di mercato.

In una società in costante mutamento, dobbiamo preparare i giovani a riformularsi continuamente apprezzando la resilienza e il life long learning come unici supporti su cui contare per raggiungere il “successo formativo”, dando spazio alla crescita ben guidata della personalità. Come afferma Edgar Morin, bisogna proporre una metodologia didattica fondata sulla inter-poli-trans disciplinarità che aiuti la formazione di una “testa ben fatta” capace di considerare il contesto e il complesso planetario” senza la  frammentazione del sapere. Leggi tutto “Tempo di… Rendicontazione!!!”

“Io non sorveglio… ma sveglio!”

La Costituzione

Presidente della RepubblicaProfessoressa di Palermo

Sono trascorsi sessanta anni da quel lontano 1958, quando il ministro dell’Istruzione Aldo Moro decretò con il suo D.P.R. n.136, l’introduzione dell’educazione civica nelle scuole dando inizio all’avventura di una disciplina che avrebbe dovuto essere considerata trasversale, ma che nella realtà è sempre stata collegata alla sensibilità di alcuni docenti, senza lasciare un vero “segno” di senso civico a vantaggio di tutti gli studenti.

Nel 2019 l’educazione civica sarà resa obbligatoria nella scuola primaria e secondaria, rappresentando nuovamente un’opportunità educativa, inserita nel curricolo formativo di tutti gli studenti, dove lo studio sistematico della Costituzione, dei diritti umani, dell’educazione digitale e alla legalità contribuiranno a formare un cittadino italiano attivo e responsabile.

Lo stesso Presidente Sergio Mattarella ha sottolineato i valori di Patria e Nazione, dove il sentirsi parte di una “comunità” significa voler condividere valori, diritti e doveri pensando ad un futuro comune da poter costruire insieme. Nella parola “condivisione” è implicito il concetto di “responsabilità”, poiché ognuno, in misura diversa, è protagonista responsabile del futuro del nostro Paese.

Attraverso la prospettiva della cittadinanza attiva si propongono processi di cambiamento, educando i cittadini e promuovendo comportamenti ispirati ai principi di un’economia, di uno sviluppo e di una società sostenibili. La Scuola, nel suo importante ruolo, deve stimolare il senso critico, educare al bene comune, al rispetto dello Stato e del territorio stabilendo un ponte con i problemi che attraversano la vita della comunità, sia a livello locale che planetario.

C’è bisogno di un forte senso delle Istituzioni e ad ognuno è richiesto di impegnarsi perché il rispetto della democrazia e della Costituzione, con i suoi principi di uguaglianza, libertà e giustizia, in essa sanciti, restino punti fermi di scelte e progetti politici ed economici.

L’11 maggio 2019 un’ombra ha offuscato la nostra Carta Costituzionale, vedendo come protagonista una docente di italiano, la prof.ssa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa dall’incarico per quindici giorni, con assenza di retribuzione, a seguito di un’ispezione disposta dall’U.S.R. di Palermo, per il mancato controllo su una ricerca effettuata dai suoi studenti, in cui si tracciava un parallelo tra le Leggi razziali del 1938 e il Decreto sicurezza e immigrazione del 2018.

Il provvedimento posto in essere nei confronti della professoressa Dell’Aria, ha apertamente violato l’art. 33 della Costituzione che tutela la libertà dei docenti dalle interferenze del potere politico, di qualunque orientamento esso sia: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento…”

Ma cosa avrebbe dovuto vigilare la docente? Avrebbe dovuto censurare il pensiero degli studenti, condizionandolo? La scuola deve formare cittadini capaci di costruire un mondo migliore di quello ereditato e promuovere il loro pensiero critico affinché possano sviluppare ragionamenti e imparare a pensare con la loro testa.

In risposta a questo caso, diventato di interesse nazionale, il mondo della scuola supportato da varie associazioni e consulte, ha risposto firmando appelli diretti  al Presidente della Repubblica perché venga ritirata la sanzione inflitta alla docente, ritenuta da molti, un atto dal significato altamente intimidatorio per i tanti colleghi che lavorano con impegno, ogni giorno, per la diffusione della libertà di pensiero.

Il 21 maggio 2019 è stata organizzata un’iniziativa a sostegno della prof.ssa Dell’Aria, che ha preso il nome di “Teacher Pride”, dove si invitavano i docenti di ogni ordine e grado a leggere nelle proprie classi, alle ore 11, gli artt. 21 e 33 della Costituzione, dando così vita ad un momento di riflessione e confronto.

In questo clima mi torna alla memoria un uomo comune, ma grande pedagogista, il maestro Mario Lodi che ha fatto della gentilezza e delle norme civiche la sua arma in un clima fortemente politicizzato. Il maestro Mario Lodi, da studente, si era ribellato  alle manifestazioni per la guerra organizzate dall’Italia fascista; diventa maestro ai tempi della “Marcia su Roma” rifiutandosi sempre di praticare l’ideale fascista “credere, obbedire e combattere”.

Da quei “no”, nasce la sua scuola, fatta di regole democratiche, delle mani alzate per parlare, dei dubbi, dei confronti, delle ricerche, delle possibilità date agli studenti di poter esprimere le proprie idee. Trascrive i principi della Costituzione in un linguaggio comprensibile ai bambini, così  che possano conoscere, e fare propri, i loro diritti e doveri in quanto futuri cittadini del mondo.

Questi sono i docenti che servono al Paese, che emergono come sussulti di resistenza, che risvegliano le coscienze dal torpore dell’indifferenza e dall’inquietante convinzione che il domani non riserverà nulla di buono, generando un forte senso di frustrazione e di depressione pubblica che svuota la nostra società della sua linfa vitale, facendoci accettare l’inaccettabile.

Non siamo ancora disposti ad arrenderci, vogliamo credere in un futuro diverso senza inutili proclami e iniziative propagandistiche, come quelle dell’ultima ora.

La Scuola non può imporre motivi ideologici o religiosi, ma è suo dovere insegnare la Carta Costituzionale italiana ed europea sino a farne una “bussola valoriale” per “… la città interiore che ogni uomo porta dentro se stesso…”, come affermava  Platone nella “Repubblica”, e ricordare sempre le parole che pronunciò il Presidente Mattarella, rivolgendosi ai poteri Statali: Nessuno è al di sopra della Legge!

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Cittadinanza globale e responsabilità

Cittadinanza globale

“La nostra vera nazionalità è l’umanità.” (H.G. Wells)

L’attuale fase storica è attraversata da trasformazioni di carattere socioeconomico e politico, dove grande importanza riveste il processo di mobilità umana, che ha condotto ad un numero sempre più elevato di contatti tra persone di diversa origine culturale e sociale. Da qui l’importanza di progettare e realizzare percorsi formativi ed educativi che possano comprendere questi processi, senza subirli e, soprattutto, evitare che possano condurre ad uno scontro di civiltà.

Il nostro sistema educativo è chiamato ad affrontare l’attuale momento della pluralità e della complessità, attraverso un’educazione alla cittadinanza globale che predisponga le condizioni per una cultura della convivenza.

Le questioni che si incontrano sono di interesse macro sociale, come la protezione dell’ambiente, le questioni energetiche, il riscaldamento del pianeta e si potranno risolvere positivamente solo in una prospettiva sovranazionale, attraverso una rielaborazione di modelli educativi e di istruzione, nessuno è estraneo a questa interdipendenza!

Uno dei compiti prioritari della Scuola è quello di renderci consapevoli che ogni nostra scelta di consumo o ambientale produce conseguenze sulle condizioni di vita di altre persone e, quindi, dobbiamo raggiungere la consapevolezza di essere membri di una più ampia comunità umana, superando l’aspetto autoreferenziale e nazionalista.

I processi di globalizzazione in atto, la configurazione sempre più multiculturale delle attuali società, interrogano in modo sempre più profondo il mondo dei servizi educativi, sociali e di orientamento.

L’educazione alla cittadinanza globale, in una prospettiva interculturale, implica una revisione degli attuali saperi insegnati nella scuola e soprattutto un nuovo modo di interpretarli. Essere cittadini globali non significa allontanarsi dai valori della propria cittadinanza locale, rinnegando le proprie radici, ma comprendere in modo veloce le forze che uniscono il mondo, affrontando le sfide e catturandone le opportunità.

Nell’ultimo decennio il World Economic Forum ha condotto una ricerca per individuare i maggiori rischi globali che sono stati così sintetizzati:

  • crescita del reddito e disparità di ricchezza,
  • aumento della polarizzazione della società,
  • cambiamenti climatici,
  • incremento della cyber dipendenza,
  • invecchiamento della popolazione.

Di conseguenza a queste tendenze si sono interconnessi importanti rischi, come:

  • disoccupazione e sottoccupazione,
  • migrazione su larga scala,
  • incapacità di adattarsi ai cambiamenti climatici,
  • instabilità sociale,
  • conflitti con conseguenze regionali e
  • migrazione su larga scala.

Per poter contenere tali rischi, è determinante che le persone comprendano e rispondano efficacemente con comportamenti adeguati, poichè, spesso, esiste uno scollamento tra l’evidenza scientifica che documenta il rischio globale e il comportamento della maggior  parte delle persone.

E’ evidente, quindi, che le istituzioni educative non stanno preparando adeguatamente le persone a comprendere i rischi globali, ad affrontarli o, ancor meglio, a prevenirli. Per formare un adeguato “cittadino globale” le scuole dovrebbero sviluppare e mettere in atto una strategia intenzionale di educazione alla cittadinanza, creando un curriculum di alta qualità, motivante e coinvolgente e impegnandosi per la sua realizzazione.

Il 25 settembre 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, articolati in 169 Target, da raggiungere entro il 2030. Sarà rispetto al raggiungimento di tali parametri che ogni Paese sarà valutato, periodicamente in sede Onu. Siamo tutti chiamati, quindi, a co-costruire opportunità sempre più efficaci per migliorare il mondo, muovendoci verso un percorso sostenibile, inclusivo e dove tutti potremo vivere in pace…purtroppo non ci resta troppo tempo, siamo già in ritardo!!! Leggi tutto “Cittadinanza globale e responsabilità”

Eurobubble: le istituzioni Europee

Istituzioni EuropeeQuesto numero, destinato alle Istituzioni europee, conclude lo spazio dedicato all’Europa, in vista anche dell’impegno delle prossime elezioni di maggio 2019, decisivo per il futuro della cooperazione e del progresso politico delle prossime generazioni.

Il motto dell’Unione Europea, “Uniti nella diversità”, risponde ad una grande realtà ancora viva, dove diventa determinante far emergere un’unione forte, che trovi la sua espressione nella sovranità europea fondata sulla logica della complementarietà, dove lo spazio di ogni simbolo locale, regionale e nazionale, coesista.

L’evoluzione dei modelli economici, sociali e industriali ci spinge a rivedere la nostra risposta all’interno e al di fuori dell’Unione. Difendere l’Europa non significa solo difendere un contesto di cooperazione, ma soprattutto significa difendere i nostri ideali democratici, i nostri valori fondamentali, la nostra storia e identità comune.

La pace acquisita nell’area dell’Unione è stato il frutto dell’iniziativa di uomini politici lungimiranti, convinti che l’Europa solo attraverso l’unione e il confronto avrebbe conservato la sua serenità. La costruzione europea ha avuto il suo inizio concreto nella realizzazione di istituzioni comuni, con obiettivi prioritari come la democrazia, i diritti umani, le libertà fondamentali.

Il sistema istituzionale dell’Unione Europea, corretto nel tempo da successivi trattati e accordi, è estremamente complesso. Innanzitutto a livello europeo, come nell’ambito dei singoli Stati, i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sono ripartiti tra i diversi organismi in cui si articola l’Unione.

Le varie istituzioni, nella loro struttura e funzionamento, risentono del precario equilibrio tra la volontà di dare vita a una comunità sovranazionale e l’esigenza di salvaguardare l’identità e l’autonomia dei singoli Paesi.

Oggi l’Unione Europea ha una competenza legislativa molto ampia, pur riconoscendo il principio di sussidiarietà, in base al quale interviene laddove l’azione dei singoli stati non sia sufficiente a raggiungere gli obiettivi prefissati. Naturalmente in caso di contenziosi, tra l’Unione Europea e gli altri Stati membri, i ricorsi saranno decisi dalla Corte di Giustizia, il principale organo giudiziario.

Il potere legislativo è attribuito congiuntamente a due organi: il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo, secondo differenti e complesse procedure, che a seconda dei casi, attribuiscono un peso maggiore all’uno o all’altro, ma comunque con il coinvolgimento di entrambi.

In questo modo è garantito l’equilibrio tra la rappresentanza diretta dei cittadini europei, che si esprime nel Parlamento, e l’influenza dei governi nazionali, preponderante nel Consiglio.

L’organismo comunitario che detiene il potere esecutivo è la Commissione dell’Unione Europea, costituita da un rappresentante per ciascun stato membro. La principale competenza della Commissione, oltre al potere esecutivo, è quella dell’iniziativa legislativa, infatti è l’unico organo che può proporre norme che saranno poi discusse dal Consiglio e dal Parlamento.

Vi sono poi delle Istituzioni che, pur avendo rapporti con l’Unione Europea, restano indipendenti, come il Consiglio d’Europa, istituito nel 1949, che è la più antica delle istituzioni sovranazionali ed è anche quella che coinvolge il maggior numero di stati. La sua azione principale si esprime nel predisporre e favorire accordi tra gli Stati membri.

Infatti, uno degli organismi nati a seguito di uno di tali accordi, è la Corte Europea dei Diritti dell’uomo. A questa possono ricorrere i cittadini che hanno subito la violazione dei diritti fondamentali.

Dopo la fine della II guerra Mondiale, l’Europa ha cercato con fatica di ricostruire l’unità istituzionale del vecchio continente e, malgrado tutte le difficoltà ancora in corso, oggi i cittadini dei singoli paesi sono automaticamente cittadini dell’Unione Europea.

Il filosofo inglese John Stuart Mill affermava che la comune identità dei cittadini poteva trovare espressione nella capacità, maturata faticosamente attraverso i secoli, di far convivere diverse prospettive culturali e religiose. Leggi tutto “Eurobubble: le istituzioni Europee”

Camera dei Deputati - A scuola di Intelligenza Emotiva

Intervista all’On. Maria Teresa Bellucci sull’introduzione dell’ora curricolare di alfabetizzazione emotiva in classe

  1. Maria Teresa Bellucci, lo scorso 20 dicembre, presso la Camera dei Deputati, si è svolta un’interessante iniziativa, da Lei promossa, dal titolo “A scuola di Intelligenza emotiva”. Qual era la finalità?

L’iniziativa è nata per promuovere un confronto circa un’idea innovativa di scuola, contesto in cui si parla sempre meno di emozioni e sentimenti. L’obiettivo che si vuole perseguire si concretizza nella possibilità di prevedere l’introduzione nei curricula scolastici e nella formazione degli insegnanti dell’educazione alle competenze sociali ed emotive, così da guidare gli studenti verso una maggiore consapevolezza di sé ed un maggiore sviluppo sia del senso di convivenza civile, sia di coesione sociale.

  1. La scuola, in ogni legislatura, viene ripensata con provvedimenti. Ritiene che possa essere l’educazione all’intelligenza emotiva un’interessante proposta per meglio arricchire le comunità scolastiche di “buone relazioni”, di buone prassi che aiutino le studentesse e gli studenti a crescere e a formarsi meglio?

Assolutamente sì. Addirittura, il World Economic Forum ha inserito l’intelligenza emotiva tra le prime dieci competenze richieste nel mondo del lavoro. Ritengo sia di vitale importanza, dunque, aiutare i nostri studenti a sviluppare le capacità sociali, a riconoscere e soprattutto verbalizzare le proprie emozioni e a gestirle, prevenendo e risolvendo i conflitti. Grazie all’educazione all’intelligenza emotiva, si potrebbe creare un percorso in cui i giovani avrebbero modo di esprimere i propri problemi, analizzarli e insieme giungere ad una soluzione. Tutto ciò può, senza dubbio, contribuire a motivare i ragazzi, dapprima sul piano strettamente sociale e relazionale e poi su quello dello studio. Infatti, è dimostrato che l’apprendimento per inferenze emotive perdura nel tempo.

  1. I docenti delle scuole italiane sono quelli maggiormente esposti al rischio di burn-out, in relazione ai colleghi del resto d’Europa. Qual è il suo punto di vista in merito? Ritiene che una maggiore attenzione verso le dinamiche relazionali tra docenti, famiglie e studenti possa aiutare le nostre comunità a vivere meglio?

Senza alcun dubbio, l’insegnamento è considerato tra le professioni maggiormente predisposte allo sviluppo di problemi di salute mentale e sintomi comportamentali. Come riportato dai fatti di cronaca, si registra una triste escalation di violenza fisica e verbale nel contesto scolastico, che vede il coinvolgimento di studenti, professori e genitori. Pertanto, esiste un dovere etico, in capo alle Istituzioni, di tutelare gli insegnanti nello svolgimento del loro lavoro. Come è anche vero che, sempre più frequentemente, veniamo a conoscenza di maltrattamenti compiuti dai docenti sugli alunni. Bisogna intervenire con proposte concrete per la salvaguardia del sistema Scuola. In ragione di ciò, ho anche presentato una proposta di legge per l’introduzione dello psicologo scolastico, una figura professionale specialista nell’ambito delle relazioni umane e del benessere psico-fisico, così da poter svolgere la sua attività a favore degli studenti, ma anche verso le famiglie, gli insegnanti ed il personale scolastico.

  1. Nel corso della conferenza, il dr. Stefano Centonze, autore del libro “A scuola di Intelligenza emotiva”, presentato nella stessa occasione, ha affermato che per una società migliore, occorra puntare sul miglioramento della scuola. E che la chiave di questo cambiamento sia il benessere dell’insegnante. Che cosa ne pensa?

Credo che vivere in un clima di benessere e circondarsi di emozioni positive sia determinante per un adeguato e corretto sviluppo della persona, in tutte le sue sfaccettature. E’ basilare per raggiungere tale scopo partire dal benessere delle figure che hanno il ruolo di formare i più piccoli, in primis gli insegnanti. La scuola svolge un ruolo educativo determinante e non può essere lasciata sola e priva delle giuste risorse.

  1. Molti sono i segnali allarmanti relativi ad atti di bullismo e cyberbullismo che avvengono a scuola e nella società in genere. Come “Un’ora di intelligenza emotiva a scuola ”, per parafrasare il libro di Recalcati “Un’ora di lezione salva la vita “, potrebbe migliorare la convivenza civile?

I nostri giovani sono sempre più abituati a vivere in uno stato di isolamento. Le scuole hanno il dovere di parlare di emozioni, autocontrollo ed empatia, così da far acquisire abitudini in grado di promuovere un clima culturale, sociale ed emotivo capace di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione e prepotenza tipici del “bullo”. Infatti, proprio sul bullismo e il cyberbullismo, la Commissione per l’Infanzia e l’Adolescenza, di cui mi onoro di far parte, ha avviato un’indagine conoscitiva, nel corso della quale si stanno svolgendo una serie di audizioni con associazioni ed esperti di questi complessi fenomeni. Vogliamo affrontare questo problema e proporre piani di intervento preventivo per arginare ogni forma di violenza tra i ragazzi, sempre più diffuse soprattutto nelle scuole. L’educazione all’empatia, intesa come capacità di valorizzazione dell’esperienza sociale, rappresenterebbe certamente un aiuto in questo senso.

  1. Artedo ha presentato una proposta e una soluzione. Crede che quello tra le Istituzioni e il privato sia un dialogo possibile e duraturo per un obiettivo comune?

Certamente, il dialogo tra Istituzioni e operatori ed esperti del settore è possibile, anzi, deve essere incentivato. Solo dall’ascolto, dal dialogo e dal confronto si possono attuare interventi legislativi in grado di rispondere alle reali necessità della scuola e, in particolare, alla tutela della migliore educazione delle nuove generazioni, il futuro della nostra Italia.

  1. Al termine della conferenza, Lei ha pubblicamente assunto l’impegno a sottoporre al Governo la domanda di attenzione verso i temi trattati e di far diventare curricolare l’ora di intelligenza emotiva, presentando una Risoluzione a sua firma. A che punto stanno le cose? Qual è il prossimo passo?

Mantenendo l’impegno assunto, ad inizio marzo ho depositato alla Camera dei deputati la Mozione in materia di promozione dell’educazione sociale e all’intelligenza emotiva, di cui sono prima firmataria, suscitando fin da subito interesse nel mondo Istituzionale e non solo. Tra i vari impegni, infatti, ho chiesto al Governo di favorire l’introduzione nei programmi didattici di insegnamenti finalizzati all’educazione emotiva e sociale. Un primo passo è stato compiuto e ne seguiranno altri. L’obiettivo da raggiungere è quello di preparare le future generazioni a sviluppare le proprie capacità sociali attraverso le emozioni, i sentimenti, i valori: solo così si potrà costruire un’Italia migliore.

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L’Europa e le buone pratiche

In una società che si evolve in maniera sempre più rapida dal punto di vista tecnologico, è importante coinvolgere i nostri studenti a prendere consapevolezza delle opportunità che l’U.E. offre con i fondi strutturali e d’investimento europei 2014/2020.

Siamo nell’era del 4.0 e stiamo vivendo una condivisione globale in cui l’evoluzione tecnologica ha un impatto diretto sul nostro stile di vita e l’Europa rappresenta un un’enorme opportunità per la realizzazione di un unico linguaggio digitale. Da qui, le scuole hanno attivato il Piano Nazionale della Scuola Digitale per un processo di digitalizzazione dei processi d d’insegnamento.

L’U.E. è un progetto unico al mondo, nasce intorno ad obiettivi mirati e condivisi e la sua sopravvivenza è legata anche ai concetti di identità e cittadinanza, quindi ai sentimenti di appartenenza nazionale ed europea. Le differenze culturali e di lingua, rappresentano spesso un limite alla realizzazione del cittadino europeo che deve invece rafforzarsi attraverso la condivisione di doveri e vantaggi comuni.

Bisogna realizzare una nuova sfera di valori e principi di appartenenza e partecipazione, che parta da progetti legati alla cultura e all’educazione nelle scuole. I Paesi dell’U.E. sono responsabili dei propri sistemi educativi e formativi, mentre la Comunità Europea ha la funzione di fissare obiettivi comuni, di favorire lo scambio di buone pratiche, di supportare e incentivare le sfide comuni, che si esprimono nella mobilità, nell’apprendimento delle lingue, nel riconoscimento di qualifiche d’istruzione e professionali, nella formazione permanente, nella ricerca e nel sostegno all’imprenditorialità

Il programma Erasmus è lo strumento, che per anni ha dato un contributo concreto alla formazione di milioni di giovani, al punto che è ormai di uso corrente l’espressione “generazione Erasmus”, per indicare coloro che attraverso l’opportunità offerta da tale iniziativa, sono entrati in contatto con culture diverse e hanno appreso valori di democrazia, libertà e solidarietà.

Nel 2016 un nuovo accordo, sempre a Ventotene, rafforzava il programma Erasmus per un piano straordinario a livello europeo, con partenariati innovativi tesi a creare sinergie tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione, un maggiore spazio all’apprendimento permanente per l’acquisizione di competenze che offrano la possibilità di crescite lavorative e un incremento dell’occupazione, una formazione personale pensata in funzione dell’Europa digitale 4.0.

Il Parlamento ha anche discusso la possibilità di inserire l’Erasmus + in un accordo che garantisca la mobilità tra U.E. e Regno Unito, anche dopo la Brexit.

Le scuole italiane hanno utilizzato le occasioni offerte dalle risorse finanziarie europee, andando oltre le azioni dei Programmi, organizzandosi autonomamente, investendo in risorse interne e coinvolgendo sia i genitori che gli enti locali.

In questo numero, abbiamo chiesto alle Scuole, di raccontare alcune esperienze che, valorizzando il loro impegno con esiti positivi, hanno colto gli stimoli e gli orientamenti delle politiche educative in dimensione europea.

Si voleva far emergere, attraverso il racconto, alcuni punti generali connessi alle attività di cooperazione e all’introduzione della dimensione europea nella scuola e della loro ricaduta in termini di cambiamenti innovativi.

Tutti i contributi hanno fatto emergere l’impegno del cammino intrapreso, attraverso la passione, le emozioni, la creatività, evidenziando anche la volontà di voler cambiare lo stare a scuola, attraverso la cooperazione europea.

Quando una Scuola promuove il cambiamento, attraverso l’introduzione della dimensione europea, sente anche il bisogno di sviluppare la propria capacità di entrare in rete con altre istituzioni, coinvolgendo Comuni, associazioni e altre realtà territoriali, superando così la propria autoreferenzialità.

In tale scenario la mobilità e la conoscenza delle lingue, diventano uno strumento per diffondere la dimensione europea all’esterno delle scuole, comportando ricadute positive, come la forte motivazione all’apprendimento, la maggiore sicurezza nell’affrontare ambienti estranei al proprio quotidiano e la maggiore volontà di trovare forme comunicative efficaci.

Tutti i risultati conseguiti, portano un cambiamento non solo sul piano soggettivo, ma anche modifiche sostanziali all’organizzazione scolastica. In questo contesto, gli alunni diventano protagonisti del loro apprendimento e il docente diventa mediatore di saperi e stimolatore di nuove sensibilità, emozioni, autostima.

Ogni percorso verso il cambiamento può incontrare ostacoli legati alla gestione e all’organizzazione, il desiderio di cambiare si può scontrare con la paura del nuovo e del diverso. Si teme che il confronto obblighi a rivedere i contenuti della propria professionalità, a impegnarsi in nuove relazioni con colleghi, alunni, genitori e a dover rendere conto del proprio operato anche all’esterno della scuola.

Il panorama delle attività di cooperazione europea avviato dalle scuole è veramente ampio e solo con l’esperienza e il confronto si potrà generare il cambiamento in cui l’apprendimento permanente potrà diventare un’attitudine naturale. Leggi tutto “L’Europa e le buone pratiche”

Europa,Europa! “Unità nella diversità”

Europa

Il 1° novembre del 1993 nasceva l’Unione Europea, un percorso iniziato nell’immediato dopoguerra che ha visto l’adesione di numerosi Stati e che ha raggiunto il suo culmine nell’adozione di una moneta unica, l’euro.

Tuttavia, c’è ancora molta strada da percorrere per raggiungere una vera integrazione politica che accompagni quella economica.

Per fare ciò, occorre rendere consapevoli i cittadini europei, soprattutto i giovani, della portata storica e rivoluzionaria del processo che ha portato alla costituzione dell’Unione Europea e favorire la comprensione della diversità culturale dei vari Stati che la compongono.

In questo numero, dal titolo “Europa,Europa!” sono stati ampiamente trattati argomenti che ci invitano ad una profonda riflessione come quelli racchiusi nei concetti di  cittadinanza responsabile, di apprendimento permanente, di educazione alla sostenibilità.

Il tema della dimensione europea dell’educazione, oggi al centro dei dibattiti nazionali e internazionali, favorisce allo stesso momento sentimenti di incertezza e di speranza futuri. La società attuale profondamente interconnessa, nel travalicare gli ambiti nazionali, richiede al mondo dell’istruzione di assumere una dimensione europea. Oggi, più che mai i giovani devono dare prova di resilienza ed essere in grado di adattarsi alle sfide proposte dalla società del cambiamento.

Negli anni ’90 veniva presentato un documento fondamentale in materia di dimensione europea dell’istruzione, il Libro Verde, che indicava le finalità generali di ogni sistema scolastico e fissava gli obiettivi specifici definiti dall’Unione Europea in:

  • contribuire alla cittadinanza europea favorendo il rispetto delle diverse identità culturali ed etniche;
  • preparare i giovani in vista della loro integrazione nella società  a un più facile inserimento nel mondo del lavoro attraverso partenariati e reti di collaborazione;
  • offrire opportunità per migliorare la qualità dell’educazione attraverso un’attività di informazione e cooperazione transnazionale.

Viene così dato il via ad una serie di Programmi d’Azione Comunitaria come: Gioventù per l’Europa, Leonardo da Vinci, Socrates che hanno cercato di attuare, concretamente, gli obiettivi sopra indicati.

Successivamente veniva istituito un Programma d’Azione per l’Apprendimento Permanente (Lifelong Learning Programme) che includeva e sostituiva i precedenti programmi comunitari per l’istruzione, la formazione professionale e l’e-learning.

Ciò consentiva agli interessati di ricercare opportunità di apprendimento stimolanti in tutta l’Unione Europea e per tutto l’arco della vita.

Nel 2013 il Programma a supporto dell’istruzione, Erasmus +, andrà a sostituire e integrare il Lifelong Learning Programme, a partire dal 2014 per i prossimi sette anni. Erasmus+ ha come obiettivo la mobilità, la cooperazione e le politiche per riformare l’educazione attraverso opportunità di studio e formazione all’estero beneficiando di finanziamenti europei.

Con queste opportunità l’Europa ci invita ad essere “imprenditori” della nostra scuola, valorizzando le competenze professionali interne e sostenendo chi lavora nell’ istruzione e per l’istruzione. E’ importante individuare e promuovere, ad ogni livello d’istruzione, quella “cittadinanza europea” e affiancarla alla “cittadinanza nazionale” senza sostituirla ma ampliandola.

Ogni membro all’interno della Comunità Europea deve sentirsi “cittadino europeo”, conoscere il patrimonio comune che lega i vari Stati, comprendere gli eventi di attualità che vivono, saper comunicare in più lingue e contribuire alla diffusione dei valori europei.

Ecco che, così, l’Europa ci apparirà come un laboratorio di apprendimento, una “grande officina a cielo aperto” dove poter continuare ad investire in modo vantaggioso nell’istruzione, dove tutti sono chiamati ad aggiornare e integrare le proprie conoscenze, competenze e capacità per ridurre l’emarginazione e aumentare la coesione sociali.

Auguri Felice 2019

Dopo aver collaborato sin dalla nascita della rivista ho accolto con piacere ed umiltà l’incarico di codirigere con il Dirigente Martano la rivista ArtedoUniversoScuola.

In questo primo numero del nuovo anno, foriero di speranze, abbiamo provato ad immaginare la scuola che vorremmo, dando voce a diversi punti di vista, approfondimenti, interviste e articoli che mirano a coinvolgere i lettori sollecitando interessanti spunti di riflessione.

Ricordando le parole di Erasmo da Rotterdam che la speranza di una nazione è riposta nella corretta educazione della sua gioventù, ne deriva che il compito della scuola è quello di insegnare ai giovani ad imparare ad apprendere, attrezzando la mente a scegliere. In questo processo ci si trova a confrontarsi con una scuola che sta attraversando un periodo di epocali cambiamenti, basati non più su di un apprendimento nozionistico e trasmissivo, ma su un processo di apprendimento dinamico, veloce, interattivo grazie all’uso della tecnologia.

L’uso continuo degli strumenti multimediali permette all’alunno la realizzazione di ambienti consoni ai suoi interessi e alle sue possibilità di apprendimento a scapito, però, del senso critico e della riflessione  che la fase adolescenziale dovrebbe sviluppare. Ne deriva un modo di comunicare immediato, pratico, che non sempre tiene conto del significato, un sapere semplice o come diceva Bauman, un “sapere liquido”, dove è molto facile cadere nella banalità.

Per lo psicanalista Massimo Ammaniti, “in ogni adolescente c’è un Ulisse che affronta un’Odissea personale, lunga e tempestosa, prima di poter ritrovare dentro di sé il proprio luogo delle origini”. In questo viaggio i giovani si trovano a vivere un presente incerto e nebuloso, la maggior parte delle conoscenze che acquisiscono sono quelle dei social e del consumismo dilagante; la fluidità e instabilità del sociale, la diffusione di una cultura narcisistica rendono la realtà sempre più complessa, costringendo le persone ad uno stato di continua incertezza e ad assumere un atteggiamento sempre più deresponsabilizzante.

Siamo nell’epoca delle “passioni tristi”, come le definisce il filosofo Spinoza, non c’è più entusiasmo per l’avvenire ma un ripiegamento e un’implosione delle nostre aspettative. Il mondo si rinnova con una velocità impressionante ed ogni giorno nascono nuove esigenze, nuovi modi di sentire la realtà e diventano sempre più attuali temi come il bullismo, la violenza nelle scuole, l’abbandono scolastico, l’integrazione.

I nostri giovani soffrono di una sorta di analfabetismo emotivo. Infatti i sentimenti non sono trasmessi geneticamente, ma si acquisiscono culturalmente e solo attraverso la costruzione di mappe emotive possiamo costruire e rispettare legami e relazioni. Da qui l’esigenza di una cultura delle emozioni, che sappia attivare i canali dell’intelligenza emotiva attraverso la quale si fa breccia per giungere al livello intellettuale.

L’importanza dell’aspetto emozionale nelle relazioni è stato  ampiamente affrontato dal Presidente di Artedo dott. Stefano Centonze alla conferenza stampa tenuta a Roma il 20 dicembre alla Camera dei Deputati di Montecitorio, che aveva l’obiettivo di chiedere al Governo l’introduzione dell’ora curricolare di Intelligenza emotiva in classe.

D’altronde non è possibile immaginare un’educazione che non prenda in considerazione le relazioni interpersonali, l’empatia, la capacità di rapportarsi agli altri e le dinamiche di gruppo. Un corretto sviluppo emotivo rappresenta una solida base per una crescita culturale solida che non si dissolva alle prime difficoltà e soprattutto per donare quello stato di benessere indispensabile per condurre una vita piena di successi con se stessi e con gli altri.

La scuola è un sistema complesso, si presenta come un “acquario emotivo” dove le capacità relazionali tra i suoi vari componenti possono determinare il clima generale e influenzare negativamente o positivamente la gestione quotidiana.

Partendo da queste premesse dobbiamo riscrivere l’idea di futuro, riscrivere il linguaggio con il quale si parla del futuro, proponendo un diverso modo di ragionare che insegni ai nostri ragazzi a cercare dentro se stessi le risposte per affrontare l’incertezza del loro tempo, evitando di restare in balia degli eventi.

“L’educazione è l’arma più potente che si può avere per cambiare il mondo”, questa citazione di Mandela ci invita ad una riflessione sulla partita da giocare per il futuro di chi ci sta più a cuore, i nostri ragazzi.

Il ruolo del Dirigente Tecnico nel Nucleo Esterno di Valutazione

Dirigente Tecnico

La valutazione esterna delle scuole, si inserisce nell’ampio contesto normativo relativo all’emanazione del D.P.R. 80/2013 – “Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione in materia d’istruzione e formazione”. Il procedimento di valutazione dell’Istituzione Scolastica si esprime attraverso quattro fasi:

  • il Rapporto di autovalutazione (RAV), dove vengono espressi i punti di forza e di debolezza,
  • la valutazione esterna condotta dal Nucleo Esterno di Valutazione,
  • la realizzazione delle azioni di miglioramento (PDM) e
  • la Rendicontazione sociale come diffusione dei risultati raggiunti.

Il Nucleo Esterno di Valutazione è composto da tre membri: un Dirigente Tecnico del Miur e due esperti, reclutati dall’Invalsi, che provengono dal mondo interno ed esterno alla scuola. La diversità di questi tre profili ha l’obiettivo di assicurare differenti punti di vista, durante il processo valutativo, permettendone un proficuo confronto. Il Dirigente Tecnico, in virtù del suo profilo istituzionale garantisce la legittimità del percorso valutativo, coordina il Nucleo, mantiene i contatti con l’Istituzione Scolastica e gestisce gli aspetti del procedimento valutativo garantendone l’uniformità.

Il Dirigente Tecnico assicura una competenza specifica, oltre che sugli aspetti giuridici e normativi, anche per gli ambiti culturali e pedagogici. Le visite del Nucleo Esterno di Valutazione si svolgono solitamente in tre giorni. Il Dirigente Tecnico preannuncia al Dirigente Scolastico il calendario delle operazioni ed elenca i documenti che dovranno essere inviati, tramite mail, ad ogni membro del Nucleo oltre che, essere messi a disposizione in formato cartaceo, durante la visita in loco.

Il Dirigente Tecnico fornisce all’ Istituto uno schema di visita dove verranno indicati i nominativi delle persone da intervistare scelti tra docenti, alunni e genitori, una sinossi sugli scopi della valutazione esterna da parte di Indire e Invalsi, un elenco degli argomenti soggetti ad indagine, un documento per le famiglie che spiega lo scopo della valutazione e un’informativa sul rispetto della privacy.

Al termine della visita vi sarà una riunione conclusiva, dove il Dirigente Tecnico comunicherà le impressioni generali esclusivamente al Dirigente Scolastico e al suo staff. Il Nucleo esterno di valutazione, infine, redigerà un Rapporto di Valutazione Esterna che invierà alla scuola dove saranno espressi i giudizi su ogni area oggetto di valutazione. Dopo tale invio, il Dirigente Tecnico ritornerà nell’Istituto preso in esame, per attivare un confronto relativo al report, in un clima di cooperazione e collaborazione reciproca.

Tale momento rappresenta un raccordo molto importante tra la fase diagnostica precedente della valutazione esterna e l’individuazione degli obiettivi nel Piano di Miglioramento. In questo incontro il Dirigente Tecnico pone grande attenzione ad argomentare sufficientemente i giudizi di valutazione esterna che sono apparsi molto distanti dai giudizi di autovalutazione, consigliando buone pratiche utilizzate in altri contesti o rifacendosi a casi con criticità simili che sono stati superati con successo.

Nella stesura del Rapporto di Valutazione Esterna, il ruolo del Dirigente Tecnico e degli esperti, assume fondamentale importanza dal punto di vista non solo tecnico e formativo, ma anche amministrativo. Infatti, il Servizio Nazionale di Valutazione fornisce i risultati della valutazione della scuola anche ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali, che ne potranno tenere conto ai fini della valutazione dei Dirigenti Scolastici ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. 165/2001.

“Promozione della cultura umanistica e valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività”: D. Lgs. 60/2017

Arte - Albert Einstein

L’Arte è l’espressione del pensiero più profondo nel modo più semplice (Albert Einstein)

Il D. Lgs. 60/2017 ha come finalità la promozione e la conoscenza della cultura umanistica, attraverso la pratica delle Arti e lo sviluppo della creatività. La musica, la pittura, il teatro, l’arte decorativa, la scrittura creativa rientrano di diritto nel Piano Triennale dell’offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado. Le Istituzioni scolastiche possono prevedere sinergie collaborative tra linguaggi artistici e nuove tecnologie, nella progettazione di percorsi curricolari, anche in verticale, in alternanza scuola-lavoro, in rete con altre scuole, con la collaborazione di Enti e associazioni private o locali che lavorino in ambito artistico.

Le scuole devono organizzare una progettazione delle attività che rientrino in specifici settori, detti” temi della creatività”, che il D. Lgs. 60/2017 individua nelle seguenti aree: musicale-coreutico, teatrale-performativo, artistico-visivo e linguistico-creativo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è adottato il Piano delle Arti, un programma di interventi con validità triennale che contiene una serie di misure per agevolare lo sviluppo dei temi della creatività nelle scuole. Per l’attuazione del Piano, è istituito, uno specifico fondo denominato ”Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico e della creatività”, che ha una dotazione di due milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.

Questo Piano prevede dei finanziamenti specifici, a favore dei Poli di orientamento artistico e performativo, che comprendono scuole del primo ciclo che hanno sviluppato curricoli verticali in almeno tre temi della creatività, delle scuole secondarie di secondo grado, dove il 5% dei posti di potenziamento dell’offerta formativa dovrà essere dedicata  allo sviluppo dei temi della creatività.

Tra le misure previste dal Piano delle Arti vi sono:

  • il sostegno alle istituzioni scolastiche e Reti di scuole,
  • il potenziamento delle competenze pratiche e conoscitive degli studenti,
  • il supporto alla diffusione e allo sviluppo dei Poli a orientamento artistico,
  • la promozione di Reti tra scuole per la co-progettazione di attività per lo sviluppo dei temi della creatività,
  • la promozione di percorsi di conoscenza del patrimonio artistico, culturale, ambientale e del Made in Italy,
  • l’agevolazione per la fruizione dei musei e dei luoghi di cultura, mostre, esposizioni, concerti, spettacoli, da parte degli studenti e
  • l’ incentivazione di tirocini e stage artistici di studenti all’ estero.

La governance per la promozione della conoscenza e della pratica delle Arti, oltre al MIUR e al MIBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) vede la partecipazione dell’Indire per la gestione delle attività di indirizzo e coordinamento, oltre alle Istituzioni AFAM (Alta Formazione Musicale e Coreutica), alle Università, agli ITS (Istituti Tecnici Superiori), gli Istituti del MIBACT, gli Istituti di Cultura Italiana all’estero, soggetti pubblici e privati.

Sono previste collaborazioni tra MIUR e Indire per lo sviluppo del Piano delle Arti, in particolare l’Indire avrà il compito di:

  • offrire formazione e consulenza ai docenti impegnati nello sviluppo dei temi della creatività,
  • essere di supporto per l’attivazione di laboratori permanenti di didattica dell’espressione creativa,
  • incentivare la raccolta e la diffusione delle buone prassi.

La formazione dei docenti impegnati nei temi della creatività costituisce una delle priorità strategiche del Piano Nazionale di Formazione del Miur e del P.N.S.D. Relativamente alla pratica artistica e musicale nei cicli del sistema educativo, nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo devono essere promosse attività di conoscenza e sensibilizzazione ai temi della creatività, in particolare alla pratica musicale, attraverso l’impiego di docenti anche di altro grado scolastico, in possesso di specifici requisiti, che verranno appositamente formati.

Nella scuola secondaria di primo grado, si realizzeranno attività connesse ai temi della creatività in continuità con i percorsi della scuola primaria, inoltre sarà facilitata e potenziata la nascita delle scuole secondarie a indirizzo musicale. Le scuole secondarie di secondo grado, devono inserire nel Piano triennale dell’offerta formativa, attività che comprendano la conoscenza del patrimonio artistico-culturale, la pratica delle arti e della musica, sviluppando uno o più temi della creatività, avvalendosi anche dei linguaggi multimediali e delle nuove tecnologie.

Inoltre, le scuole devono individuare uno spazio destinato agli studenti, dove possono esporre opere, realizzare spettacoli, esprimere liberamente la loro creatività artistica. Alla luce di quanto esposto, il D. Lgs. 60/2017 ha il pregio di aver portato l’attenzione sull’esigenza di una formazione, che responsabilizzi le future generazioni alla cura e tutela del patrimonio artistico e culturale. Di contro, come punto di debolezza si evidenzia una poca chiarezza di tutto l’impianto organizzativo, che difficilmente potrà avere un impatto significativo sulla quotidianità dei processi educativi e gestionali del sistema scolastico.

Bullismo e cyberbullismo

Numerosi autori e ricercatori si sono interessati nell’ultimo decennio, sia a livello nazionale che internazionale, del bullismo a scuola. I connotati salienti del bullismo possono essere sintetizzati in: intenzionalità delle molestie, la loro reiterazione e l’asimmetria del potere all’interno della relazione bullo-vittima. I primi studi sul bullismo risalgono agli anni ’70 e in una prospettiva sociologica e psicologica si riscontrano quasi sempre le stesse caratteristiche. Lo psicologo Dario Bacchini definisce i bambini e gli adolescenti dei nostri giorni sempre più arrabbiati, annoiati, fragili emotivamente, bisognosi di protezione, presentando cosi contemporaneamente le caratteristiche di prepotenti e vittime. Ne consegue un ruolo mutato anche della famiglia che adotta stili educativi tolleranti, dove si cerca di ottenere il consenso più che l’obbedienza, che concede ampie autonomie ai figli e che ha un ridotto controllo sul loro tempo libero.

I bambini di oggi hanno due famiglie, quella naturale e quella del gruppo di amici; quest’ultima ha un’influenza e un potere decisionale molto superiore a quella della famiglia naturale. Il gruppo pur essendo un’organizzazione sociale rilevante per la costruzione dell’identità del soggetto nelle varie fasi evolutive, può rappresentare anche un enorme potenziale di rischio e diventare deviante e cattivo.

Il bullismo comporta un coinvolgimento di tutti gli alunni della classe che, seppure in ruoli diversi da quello del bullo legittimano e fortificano, diventando complici, l’atteggiamento del bullo. Secondo lo psicologo statunitense Daniel Goleman i nuovi bambini sono carenti di intelligenza emotiva, incapaci di compartecipazione  affettiva e quindi impossibilitati a provare empatia necessaria alla comprensione tra gli esseri umani.

Un accenno va anche al cyberbullismo, cioè una forma di bullismo che viene esercitato attraverso i mezzi elettronici come e-mail, facebook, youtube, e l’uso di telefoni cellulari. Spesso, questo tipo di comportamento, è affiancato a quello tradizionale o è espresso in forma anonima. Vi sono varie forme di cyberbullismo come: harassment, cyberstalking, denigrazione, outing estorto, impersonificazione ed esclusione.

Per far fronte a questo fenomeno e in generale a tutte le forme di abuso, il  Parlamento ha promulgato la L. 71/2017 per dare disposizioni, a tutela dei minori, per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. Nella L. 71/2017 vi è l’obbligo della rimozione entro 24 ore o dell’oscuramento dei dati, su richiesta dei genitori dei minori implicati e degli interessati, se maggiorenni. Inoltre la Legge prevede l’emanazione di Linee Guida di orientamento in ambito scolastico, attraverso la formazione del personale  con la nomina di un referente per Istituto, la promozione attiva degli studenti in attività di peer education, la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti.

Viene sottolineata la necessità di assumere un particolare rigore nei confronti di comportamenti di violenza e sopraffazione nei confronti dei coetanei. La sanzione irrogata, anziché orientarsi ad espellere lo studente da scuola,  deve tendere ad un maggior coinvolgimento e responsabilizzazione dell’alunno all’interno della comunità scolastica. La scuola dovrà indicare a chi ha violato, non solo una maggiore assunzione di consapevolezza della propria condotta ma anche la volontà di adoperarsi per riparare il danno, attraverso lo svolgimento di attività di rilevanza sociale o orientate all’ interesse generale della comunità.

L’ art. 5 bis del DPR. 235/2007 introduce il Patto Educativo di Corresponsabilità che mira ad una sempre più forte  alleanza tra scuola e famiglia e vede la partecipazione di quest’ultima nella condivisione delle strategie da seguire nei casi di bullismo o cyberbullismo. Altra iniziativa è l’insegnamento obbligatorio di Cittadinanza e Costituzione, per una maggiore acquisizione di una coscienza civile espressa nell’adempimento dei propri doveri, nell’esercizio dei propri diritti e nel rispetto dei diritti altrui. Il Miur ha attivato delle politiche d’intervento con progetti, come “Generazioni Connesse”, tesi a realizzare programmi di sensibilizzazione sull’ uso  corretto di internet, creando una helpline per le problematiche legate alla rete, realizzando due hotline per segnalare la presenza in rete di materiale pedopornografico.

Il bullismo non sempre emerge in modo evidente agli occhi degli insegnanti, quindi è opportuno attivare appositi corsi di sensibilizzazione e formazione che aiutino a cogliere i segnali di disagio connessi al bullismo. E’ importante affrontare la questione in classe aprendo finestre d’aiuto, anche garantendo l’anonimato e soprattutto creare diffuse occasioni di ascolto. Concludo con una frase dello scrittore Davide Rondoni che in un articolo pubblicato da “Il Tempo”, afferma che “Occorre voler bene. Cioè occorre per sé e per i propri figli, desiderare la libertà. Quella vera, che fa amare con ardore e tenerezza la vita” e in quest’ottica bisogna allontanarsi dagli atteggiamenti di sopraffazione tendendo la mano ai più deboli.

Rendicontazione sociale

Gli Istituti scolastici con il riconoscimento dell’autonomia avvenuto con il D.P.R.275/99 e rinforzata dalla L.107/2015, sono da considerarsi degli enti pubblici  e quindi vincolati all’obbligo dei sistemi di valutazione e controllo interno e della rendicontazione, che parte dall’autovalutazione, come previsto dal D.P.R.80/2013. La responsabilità dirigenziale è strettamente correlata alla responsabilità dei risultati, configurata come lo strumento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione risponde del proprio operato ai portatori d’interesse, gli stakeholders, che all’interno dell’Istituzione scolastica sono: gli studenti e le loro famiglie, il personale della scuola, gli Enti Locali, i finanziatori, i fornitori, i cittadini.

La responsabilità dirigenziale è anche responsabilità sociale e quindi non può prescindere dal concetto di accountability o rendicontazione sociale. Storicamente il concetto di rendicontazione sociale nasce prima nel contesto privatistico, nella prima metà del secolo scorso, ma solo negli anni ’90 inizia ad interessare anche le Pubbliche Amministrazioni. Dal 2000 in poi diventa di interesse internazionale con prese di posizioni nette da parte dell’Unione Europea, che nel 2002, in una Comunicazione della Commissione Europea per le Pubbliche Amministrazioni raccomanda di “integrare i principi della responsabilità sociale delle imprese, nel proprio sistema di gestione e praticarle nei confronti delle proprie parti interessate”.

Uno dei massimi esperti di rendicontazione sociale, Luciano Hinna, definisce il concetto di accountability su due livelli:

  • macro, sistema economico che caratterizza un determinato paese in un preciso momento storico;
  • micro, legato all’ istituzione in cui si trova ad operare in un determinato momento un’azienda o amministrazione. A questo secondo livello appartiene l’Istituzione scolastica dove, la rendicontazione a valle e la progettazione a monte, devono tener presente la “mission” che si è data e soprattutto del “come” intende perseguirla.

Ogni discorso che verta sulla responsabilità sociale e rendicontazione sociale deve collocarsi nella dimensione del “come”, inteso come attenzione, capacità di ascolto, accoglienza, interazione e tutto quanto rientri nello spazio etico- valoriale all’interno del quale i bisogni dei portatori di interesse vengono individuati e soddisfatti attraverso il processo di governance. Tutto ciò se ben perseguito, concorre a determinare il valore aggiunto di un istituzione scolastica rispetto ad un’altra e ne fa la differenza e se coltivata e alimentata nel tempo, fortifica e stabilizza l’asset reputazionale dell’ istituzione sul territorio.

La redazione di un bilancio sociale da parte di un istituto scolastico nell’attuale contesto normativo, deve essere considerata un approccio migliorativo rispetto agli obblighi amministrativi che trovano concretizzazione nell’elaborazione del rapporto di autovalutazione. Il bilancio sociale valorizza tutte le informazioni previste dal rapporto di autovalutazione, integrandole con altre informazioni che ne agevolano la fruizione, consentendo all’istituto scolastico un maggior coinvolgimento e una maggiore partecipazione negli ambiti in cui opera.

Il noto esperto di valutazione scolastica, Angelo Paletta  distingue due approcci alla rendicontazione sociale : lo School Accountability e il Bilancio sociale. Il primo si basa sulla definizione, a livello centrale, di regole di valutazione e rendicontazione sociale alle quali tutte le scuole sono chiamate obbligatoriamente a conformarsi; il secondo invece, è un processo volontario che nasce dal dover rendere conto ai portatori di interesse sull’ uso che viene fatto dell’autonomia. Il bilancio sociale presuppone il concetto di responsabilità ed è dunque naturale che la sua attuazione implichi soprattutto il dovere di coinvolgimento degli stakeholders partendo dall’analisi dei bisogni e delle attese, attivando ampi consensi intorno alle scelte, focalizzando l’attenzione sulla verifica in itinere dell’efficacia degli interventi.

In conclusione il bilancio sociale appare come un processo attraverso il quale l’Istituzione riflette su se stessa e dialoga in modo costante con i portatori d’interesse. Tale confronto può articolarsi in momenti e con strumenti diversi. Il bilancio sociale deve conseguire due principali obiettivi: fornire agli stakeholder un quadro complessivo delle performance, sostenendo un processo interattivo di dialogo sociale; fornire informazioni relative alla qualità dell’attività dell’Istituzione scolastica per ampliare e migliorare le conoscenze e le possibilità di valutazione e di orientamento degli stakeholder.

In ambito scolastico l’approccio School Accountability, valuta gli apprendimenti degli studenti e il valore aggiunto della scuola attraverso la somministrazione di prove nazionali, mette in competizione le scuole nell’acquisizione delle risorse, restituisce le prove alla scuola ai fini di benchmarking. Il Bilancio sociale si caratterizza per l’individuazione della scuola come entità istituzionale autonoma, vista come bene comune, capace di realizzare un equilibrio tra missione educativa e disponibilità delle risorse.

Le fasi del processo in cui si articola  il Bilancio sociale sono:

  • assunzione di responsabilità rispetto alla mission educativa che la scuola si propone e la visione di sviluppo del sistema di azioni attraverso cui si intende realizzarla;
  • identificazione degli stakeholders strategici e dialogo permanente con gli stessi;
  • determinazione degli obiettivi e del sistema di indicatori;
  • azioni di miglioramento, che possono riguardare sia il cambiamento o ridimensionamento degli obiettivi e dei progetti iniziali, sia la riorganizzazione delle risorse;
  • preparazione, verifica e pubblicazione del report;
  • feedback degli stakeholders.

Attraverso la rendicontazione sociale la scuola si apre al territorio, con la possibilità di chiarire, spiegare, giustificare qualsiasi incomprensione che può nascere tra gli interlocutori sociali meno attenti e informati alle vicende della Istituzione scolastica. Di contro una scuola munita del sistema di cooperazione sociale quale è il bilancio sociale, può stimolare la ricchezza delle risorse e delle competenze presenti sul territorio, dalle famiglie agli altri organismi istituzionali, utilizzando nuove vie per creare valore pubblico. Purtroppo in numerosi casi, il processo di rendicontazione è interpretato o vissuto dalle Istituzioni come una semplice operazione di “comunicazione” priva di quelle valenze gestionali, strategiche e valoriali che ne rappresentano l’essenza e la spinta per superare l’autoreferenzialità.

Nella scuola è ancora carente la cultura di progetto, le potenzialità insite nel bilancio sociale non sono immediatamente percepibili e la pratica della rendicontazione sociale è abbastanza estranea alla forma mentis prevalente. Bisogna quindi, dare vita ad una campagna di sensibilizzazione che evidenzi l’importanza della rendicontazione sociale come ponte tra la scuola e il territorio, che coinvolga tutte le istituzioni che vedono in quest’azione un fattore di crescita civile ed economico ed una spinta per un futuro migliore dei nostri studenti.

 

Una finestra sull’Europa: la L.107/2015

L’Europa ha il compito di incoraggiare il miglioramento dei sistemi nazionali di istruzione e formazione mediante strumenti complementari a livello europeo. La cooperazione politica in tale settore, ha contribuito a definire le riforme nazionali dei sistemi di istruzione e formazione permanenti, la modernizzazione dell’ insegnamento superiore e la qualificazione di strumenti europei capaci di favorire la qualità, la trasparenza delle qualificazioni e la mobilità nel settore dell’ istruzione e della formazione. Interpretare l’educazione – istruzione in una dimensione europea, significa ritenere una serie di caratteristiche e capisaldi comuni a tutti i sistemi scolastici europei, pur rispettando le loro specificità e differenze, per sostenere il raggiungimento da parte del cittadino europeo, delle competenze chiave per l’ esercizio della cittadinanza attiva.

Nel marzo 2010, il Consiglio Europeo ha approvato una nuova strategia, denominata “Europa 2020”, che definisce gli obiettivi da raggiungere nel decennio successivo e individua tre  priorità generali che sono: una crescita intelligente, che prevede lo sviluppo di un’ economia basata sulla conoscenza e l’ innovazione; una crescita sostenibile, dove l’ obiettivo è promuovere un’ economia efficiente e competitiva delle risorse; una crescita inclusiva, che mira ad innalzare il tasso di occupazione favorendo la coesione territoriale e sociale. Vengono, inoltre, individuati dei criteri di riferimento europeo o benchmark di eccellenza, per monitorare i progressi e sostenere il raggiungimento degli obiettivi delineati. I benchmark evidenziati nel documento “Europa 2020”  sostengono la partecipazione degli adulti ad un apprendimento permanente (lifelong learning); il miglioramento dei risultati nelle competenze di base (lettura, matematica e scienze) fornendo raccomandazioni al fine di  migliorare il tasso di alfabetizzazione in tutta l’ Unione; l’ innalzamento della percentuale delle persone in possesso di un diploma superiore; la riduzione dell’ abbandono scolastico dei giovani , rafforzando la prevenzione e stabilendo una più stretta  cooperazione tra i settori generali e professionali e l’ accesso equo generalizzato dei bambini all’ istruzione preprimaria.

Oltre ai benchmark, l’Unione Europea ha stabilito anche cinque obiettivi quantitativi che gli stati membri saranno invitati a tradurre in obiettivi nazionali, definiti in funzione delle rispettive situazioni di partenza, da conseguire entro il 2020. Tali obiettivi si riferiscono al miglioramento del tasso di occupazione, alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ponendo l’attenzione al miglioramento dell’efficienza energetica attraverso fonti rinnovabili, alle politiche di investimento in ricerca e sviluppo, definendo nuovi indicatori in materia di innovazioni, grazie alla messa a punto di metodi d’ istruzione e di apprendimento specifici, alla riduzione del tasso di povertà ed emarginazione della popolazione. Alla luce di queste considerazioni è stata emanata, da pochi anni, la L. 107/2015 dal titolo “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”. Relativamente all’ apprendimento permanente, la legge definisce obbligatoria, permanente e strutturale la formazione in servizio dei docenti che devono rispondere adeguatamente alle mutevoli esigenze e richieste della società. Anche il D.L.gl. 57/2017 definisce il sistema di formazione e di accesso nei ruoli dei docenti della scuola secondaria, con l’obiettivo di una maggiore acquisizione di competenze e conoscenze.

Per un miglioramento dell’offerta formativa e il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel documento “Europa 2020”, la L. 107 presenta una scuola aperta al territorio, intesa come un laboratorio permanente di ricerca, attraverso anche l’adozione di un Piano Nazionale per la Scuola Digitale(PNSD), al fine di sviluppare e migliorare le competenze digitali degli studenti e guidare la scuola in un percorso di innovazione e digitalizzazione. Attraverso il PNSD si diffondono le nuove tecnologie, si diffonde l’idea di apprendimento permanente e si estende il concetto di scuola da un luogo fisico alla ricerca di spazi virtuali, favorendo una didattica meno trasmissiva e più operativa. A sostegno del successo formativo, per gli alunni che hanno raggiunto livelli parziali di apprendimento, il D.Lgs 62/2017 suggerisce  alle scuole l’ attivazione di strategie che garantiscano il miglioramento dei livelli di apprendimento finali.

Altro obiettivo della L. 107 è quello di garantire il diritto allo studio, attraverso la pubblicazione del D. Lgs 63/2017 che prevede l’attivazione di numerosi interventi a sostegno delle fasce economiche più deboli, attraverso il servizio di trasporto, di mensa, di fornitura gratuita dei libri di testo e strumenti didattici e l’erogazione della Carta dello studente. Per rendere il servizio scolastico di qualità e soprattutto inclusivo, con la L. 107 sono state individuate delle strategie che si esprimono nel Piano triennale dell’offerta formativa, nel Rapporto di autovalutazione, nel Piano di Miglioramento e nel Piano annuale di inclusione. Rispetto alla maggioranza dei paesi dell’Europa Unita, l’Italia continua ad essere in ritardo in termini di formazione e di competenze di base. La nuova L. 107 sarà valutata in base ai risultati concreti che consentirà di raggiungere nei prossimi anni, in termini di conseguimento entro il 2020 degli obiettivi comuni stabiliti a livello europeo, da parte del sistema di istruzione e formazione italiano.