PNSD

In linea con le direttive europee, considerata l’evoluzione tecnologica della società odierna, la scuola italiana ha avviato, anche dietro impulso della legge 107/2015, un processo di digitalizzazione dei processi di insegnamento. L’impatto/incrocio delle tecnologie sulla didattica è destinato a giocare un ruolo di primo piano negli anni futuri. Per questa ragione il Piano nazionale della scuola digitale previsto nei commi 56/62 della legge su menzionata, rappresenta un cardine nel nuovo impianto organizzativo e progettuale delle nostre scuole.

Il Pnsd, documento di indirizzo del Miur, presentato il 27 ottobre 2015, ha lo scopo di indirizzare le scuole verso un percorso di digitalizzazione, introducendo le nuove tecnologie nella didattica in coerenza con un apprendimento permanente. Diffondere l’apprendimento oltre l’aula fisica, aprendo a linguaggi virtuali questa è la sfida lanciata alle scuole dal MIUR. Nove le aree interessate, 35 le azioni previste da realizzare coi fondi della buona scuola e coi programmi europei.

Il piano nazionale parte molto prima quando nel 2008 si introducono nelle scuole del territorio italiano lim e aule 2.0 che favoriscono la didattica laboratoriale. Successivamente l’Azione Editoria digitale prosegue il processo con la diffusione di contenuti digitali. L’osservatorio tecnologico istituito nel 2000 raccoglierà tutti i dati legati al processo di digitalizzazione. Il piano intende coprire tutte le scuole da rete wifi, di fornire un accesso diffuso in ogni aula, laboratorio o spazio comune e per questo riconosce alle scuole un contributo per il pagamento della connessione ad internet.

Ogni aula, ogni ambiente deve diventare luogo aperto, realtà aumentate con postazioni individuali e collettive, laboratori dell’innovazione con box mobili tali da poter essere fruiti in maniera spontanea da tutti gli allievi della scuola. Saranno incentivate attività didattiche e progettuali che promuoveranno il Byod, ovvero l’utilizzo di dispositivi elettronici personali durante tutte le attività didattiche. Le scuole del primo ciclo progetteranno atelier creativi, sperimenteranno attività di coding, e storytelling, andrà favorito l’apprendimento in ambito Steam tutti con l’unico scopo di sviluppare il sapere e il saper fare, di potenziare competenze trasversali spendibili.

Anche dal punto di vista architettonico si potrebbe pensare ad un restyling delle scuole, non solo per mettere a norma gli edifici ma per renderli innovativi dal punto di vista dell’efficienza e della sicurezza. I docenti saranno coinvolti in prima persona per diffondere l’innovazione digitale e la didattica attraverso una formazione pensata sul digitale. È auspicabile un coinvolgimento consapevole degli alunni circa l’uso delle tecnologie accompagnato da un’azione di conoscenza dei programmi e della loro applicabilità nello studio, scelte innovative come ad esempio una modalità di assegni a casa diversa da quella routinaria, con una sensibile riduzione di materiale cartaceo a favore di contenuti digitali. A questo va aggiunto doverosamente l’attenzione della scuola verso il contrasto alle accentuazioni derivanti dall’uso e dall’accesso alle nuove tecnologie. Leggi tutto “PNSD”

Con l’agenda 2030 la scuola fa goal

Il programma d’azione l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile firmata da 193 paesi dell’ONU nel settembre 2015 ingloba 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile in un grande programma d’azione per un totale di 169 target o traguardi intende assicurare a tutti coloro che vivono sulla terra la soddisfazione di bisogni essenziali attraverso uno sviluppo economico che salvaguardi l’ambiente. In questo programma sono condensati le questioni importanti per lo sviluppo: lotta alla povertà, eliminazione della fame, contrasto al cambiamento climatico. Tutti sono coinvolti, nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino per andare il mondo sulla strada della sostenibilità.

Il quarto obiettivo riguarda la scuola “Assicurare un’istruzione di qualità equa ed inclusiva e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”. Un futuro migliore per tutti è possibile attraverso stili di vita sostenibili, con una riduzione drastica della violenza e della mortalità, attraverso la promozione della cultura della pace, la valorizzazione della diversità, dell’uguaglianza di genere. In questo l’istruzione può fare molto assicurando ai giovani un futuro migliore. Un grande passo avanti è fare in modo che tutti siano in grado di leggere e scrivere attraverso un accesso paritario ai livelli di educazione ed istruzione, “elementi trasversali del cambiamento” che abbracciano tutte le età dall’infanzia all’età adulta.

In questo programma ambizioso il richiamo alle tecnologia diventa necessario canale per supportare l’intero sviluppo economico ed il benessere divenendo sostenibili ed affidabili di pari passo con essa e la ricerca. Il MIUR ha recepito l’agenda 2030 con un Piano di educazione alla sostenibilità in 20 azioni raggruppate in 4 macroaree: struttura ed edilizia, didattica e formazione, università e ricerca, informazione e comunicazione.

Alle scuole è demandato il compito di rinforzare i significati dell’Agenda 2030 e rivitalizzare le collaborazioni con tutte le componenti scolastiche, della società civile, delle imprese, del settore pubblico inserendo nei piani triennali dell’offerta formativa. Sarà predisposto un protocollo per l’alternanza scuola lavoro con ENEA per percorsi durante i quali studenti e studentesse possono partecipare a progetti di valutazione energetica.

In più per le scuole superiori sarà organizzato un hackathon per costruire l’agenda della loro scuola con azioni e progetti. Una parte importante del Piano è per progetti di efficientismo energetico delle scuole progettati dalle ragazze e dai ragazzi durante i percorsi di ASL o di educazione ambientale. Sarà predisposto un piano di formazione per docenti e dirigenti. All’interno dei 4 laboratori di formazione per docenti neoassunti sarà riconosciuto un modulo formativo sull’Educazione.

Le azioni possibili del DS sono molteplici e vanno dal perseguimento di una INCLUSIONE piena sicuramente già PATRIMONIO DELLA NOSTRA SCUOLA (L. 170 del 8 ott. 2010 •DM n. 5669 12 lug. 2011 •Linee guida allegate al DM n. 5669 •DIRETTIVA – 27 dic. 2012 Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’Inclusione Scolastica, C.M. n. 8 – 6 marzo 2013). IL DIRITTO ALLO STUDIO già contemplato dalla nostra costituzione trova nell’atto di indirizzo propedeutico al PTOF che il ds emana in coerenza anche con l’agenda 2030 la sua massima declinazione. Insomma con l’agenda 2030 ci sarà tanto da fare nella scuola.

PUA (Progettazione Universale per l’Apprendimento)

E’ stata una stagione particolarmente feconda per la scuola, investita negli ultimi anni  da un processo riformatore che ha visto impegnati a diverso titolo diversi soggetti. Una vera svolta epocale iniziata nel  luglio 2015 con la legge 107 sulla “Buona Scuola”, continuata con i decreti attuativi ed una mole di riforme successive che  nelle intenzioni del legislatore avevano l’unico scopo di mettere a regime la nostra scuola fanalino d’Europa.

Il risultato? Migliaia di docenti e dirigenti scolastici impegnati dapprima a decodificare il senso di questo processo riformatore per poi cavalcare il cambiamento cercando di attuare quanto veniva richiesto. Una scuola sempre più organizzazione complessa, aperta, attiva sul territorio, risorsa importante per la ripresa civile ed economica del Paese che necessitava da tempo di un restyling che nelle intenzioni sicuramente appariva fin da subito apprezzabile ma nelle modalità e nei tempi (non certo distesi per la messa a regime) andava valutato meglio.

Volendo tralasciare le riflessioni evidentemente comprensibili del magma legislativo (che ha avuto effetti dirompenti) va detto che il legislatore ha voluto affrontare una vera e propria “impresa” strutturale finalizzata a trasformare una scuola malferma, ponendo al centro, decisioni di “sostanza” che avrebbero avuto un qualche riverbero in un futuro non troppo lontano. Un passaggio un tantino affrettato, approssimativo, confuso, che ha sbloccato sì la latitanza politica di un ministero quello dell’istruzione intorpidito da un bel po’, che senza badare alle implicazioni future ha ritenuto maturi i tempi per rispondere a quel bisogno di cambiamento della didattica.

Come??? Innanzitutto con una riqualificazione della professione docente , con il superamento di quell’impianto tradizionalista, obsoleto e  trasmissivo (ancora purtroppo largamente prevalente) costruito su una rigida organizzazione spazio-temporale che andava ripensato in funzione dei ritmi e degli stili di apprendimento, valorizzando la significatività della cultura della progettazione e della valutazione, affrettando il passaggio alla digitalizzazione, (mettendo a regime le situazioni di inadeguatezza informatica delle istituzioni scolastiche grazie anche al PNSD) premiando sulla base di indicatori di qualità le scuole migliori di ogni ordine e grado, trasformando la platea di studenti in ”un esercito di problemi differenti” che necessitano di essere risolti attraverso l’ottimizzazione di progetto didattico.

Allora dopo il RAV, il PTOF, la fase C, la PNSD con il coding, gli accordi di rete, di ambito e di scopo, ecco che all’orizzonte si profila la PUA (PROGETTAZIONE UNIVERSALE per L’APPRENDIMENTO) o UDL (UNIVERSAL DESIGN for LEARNING) che sviluppa al suo interno tre grandi sfide: diversità, inclusività, tecnologia.

Dunque, un nuovo approccio psico-pedagogico che attraverso le Linee guida compie un grosso passo avanti nella costruzione e miglioramento del curricolo adattando percorsi di apprendimento flessibili e accessibili a tutti. Un modello nel quale il primato della dimensione pedagogica-educativa non si esaurisce nel postulato del principio della personalizzazione dei processi di scolarità, ma si sforza di dare IDENTITA’ e VISIBILITA’.

Costruire curricula validi per tutti, superando la categorizzazione degli allievi in contesti inclusivi, stimolanti senza “penalizzanti etichette” è la nuova sfida delle scuole. Si potrà dire di uscirne vincenti nella misura in cui si comprenderà che correre da soli non porta più così tanto lontano e che nel raccogliere idee intelligenti attraverso reti, partenariati, consorzi si può ben sperare di andare lontano. Documenti internazionali di grande spessore come l’ICF, la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, la strategia europea sulla disabilità e tutte le innovazioni normative sui BES vanno tutti nella direzione di una nuova frontiera dell’educazione.

Chiaramente l’attuazione della personalizzazione nella progettazione curricolare andrebbe declinata con lezioni /unità di apprendimento che riducano gli ostacoli, ottimizzino i livelli di difficoltà e di supporto e soddisfino i bisogni di tutti gli studenti. Via dunque curricula rigidi, validi per tutti, vere e proprie barriere all’apprendimento e al loro posto la PUA che risponde alla variabilità degli stili cognitivi degli studenti attraverso opzioni personalizzabili di obiettivi, metodi, materiali e valutazioni. La ricerca neuroscientifica che viene in supporto conferma la bontà della PROGETTAZIONE UNIVERSALE per l’APPRENDIMENTO e fornisce tre principi che sono schematizzabili in :

  1. cosa si apprende
  2. perché si apprende
  3. come si apprende”

Le modalità di approccio ai contenuti avviene secondo approcci multipli che consentono agli studenti di percepire e comprendere più o meno velocemente. Non esiste un modo di apprendere valido per tutti e le rappresentazioni sono la risultanza di opzioni e modalità diverse di approcciarsi. Anche le abilità strategiche e l’organizzazione del lavoro è variabile e questo spiega che non esiste una sola azione valida per tutti ma molteplici. L’apprendimento diventa allora il nodo strategico per i mille motivi che influenzano la conoscenza e per gli altrettanto svariati fattori (culturali, neurologici, affettivi, cognitivi) che sottendono il coinvolgimento. Ogni giorno ci interfacciamo come docenti con una variabilità di stili e comportamenti (allievi motivati, oppositivi, apatici, spaventati, altri ancora che si esprimono meglio nel microgruppo, altri invece che hanno bisogno di un tutor e così via).

L’intento della PUA è quello di formare studenti ESPERTI, che riescano a sviluppare tre  direttrici di marcia:

  1. studenti capaci, strategici ed orientati all’obiettivo;
  2. studenti esperti;
  3. studenti motivati ad apprendere di più e meglio.

Progettare un curriculum della PUA richiede il rispetto di quattro elementi fortemente correlati:

  1. obiettivi che rispettano le diverse variabili degli studenti e che quindi offrono una varietà di opzioni; è chiaro che il focus nella Progettazione universale è spostato sulla formazione dello studente esperto e sulle aspettative raggiungibili e non più sui contenuti;
  2. metodi, ovvero procedure dell’apprendimento assolutamente differenziate in base all’obiettivo educativo, al contesto, ai soggetti, all’ambiente della classe, ai continui progressi;
  3. materiali o supporti integrati necessari per arrivare alla conoscenza meglio se non standardizzati, ma alternativi, assolutamente utili ed efficaci al successo di ciascuno;
  4. valutazione ovvero il momento finale di raccolta dei dati sulla conoscenza acquisita, sul coinvolgimento, sulla capacità degli allievi di pervenire alla conoscenza. Dunque, curricula concepiti e disegnati in maniera completamente diversa, non più inflessibili o peggio ancora ideali che gli insegnanti in un difficile gioco di adattamento fanno andare bene a tutti. Un curricolo sapientemente accessibile, adattabile, progettato per controllare progressi graduali, dinamici, tale da fornire le chiavi di lettura efficaci per apprendere e non per insegnare. E’ chiaro che un curricolo centrato sui principi della PUA ha il pregio di ridurre o addirittura limitare i tempi e i costi di modifica qualora si costruiscono situazioni ed ambienti di apprendimento ottimali per tutti e per ciascuno in cui le differenze individuali non rappresentano una “scomoda variazione” al programma.

Una simile progettazione che si fonda principalmente sulla zona di sviluppo prossimale di Lev Vygostskij ma che non disdegna la lezione di Piaget, Bruner, Ross, Wood e Bloom recepisce anche i moderni contributi delle neuroscienze secondo cui la conoscenza da parte della nostra mente si raggiunge con la costruzione di una rete che avviene con un’azione congiunta di riconoscimento strategico ed affettivo.

Allora l’apprendimento e il trasferimento dello stesso avvengono in presenza di rappresentazioni multiple che consentono agli allievi di fare anche connessioni non lineari. E la multimedialità??? Per le potenzialità educative e didattiche non indifferenti e per il carattere polimorfico le TIC offrono all’utente la possibilità di scegliere il percorso conoscitivo più confacente alle proprie caratteristiche. La scuola non può non tener conto di questa risorsa strategica specie alla luce del rinnovato ruolo formativo che impone di ridefinire i processi di apprendimento-insegnamento.

La tecnologia, valore aggiunto all’oggetto della conoscenza, dà ancor più valore al reale. Provare a scoprire in questo nuovo modo di progettare tanto di positivo, lo si deve per amore della verità, ma ancor più per aggiustare il tiro di una scuola che per troppo tempo ha puntato l’indice verso coloro che per limiti, errori, incapacità sono rimasti nascosti, ai margini, avallando nel tempo una professionalità docente sempre più scaduta nella sua caricatura (il professionismo) e l’insegnamento ridotto ad un solo fatto tecnico. Allora viene da chiedersi se si è ancora in tempo per rimediare agli errori di un passato non così lontano. La risposta assolutamente affermativa ha senso se si ha la volontà di cambiare cominciando a sforzarsi di capire la PUA e alla straordinarietà della ricaduta metodologico-didattica… Al momento la PUA rimane ai più “questa sconosciuta”!!!…

Invalsi: ce la faranno i nostri eroi!!!???

Come ogni anno le prove invalsi si presentano puntuali all’orizzonte di una scuola sempre più rinnovata, aperta ai cambiamenti e a nuove e più incerte prospettive. L’intenzionalità educativa nel tempo ha richiesto, soprattutto oggi più che mai con la riforma della Buona scuola ed il successivo decreto attuativo 62/2017, una  ulteriore riconsiderazione della garanzia del successo formativo.

Si è compreso che una riqualificazione della valutazione degli apprendimenti dovesse passare anche dalle rilevazioni degli apprendimenti delle classi seconde e quinta della primaria, delle terze della secondaria di primo grado e delle seconde della secondaria di secondo grado. Pur nella discontinuità degli avvicendamenti politici si è anche compreso che l’invalsi non poteva e non doveva ridursi ad un sistema “quizzarolo” finalizzato esclusivamente a traguardare le classifiche europee ma inserirsi in una più ampia logica dialettica affidabile ed in linea con le prove europee.

Nelle intenzioni del legislatore c’era evidentemente un disegno coerente e saggio non barattabile con nessun interesse di parte ma destinato a perseguire una finalità più elevata, quella cioè della valutazione della e nella scuola. Quest’anno il clima per  gli allievi delle classi terza della secondaria di primo grado è stato sicuramente diverso, più sereno, grazie alla scelta di escludere i risultati delle rilevazioni dirette degli apprendimenti dalle prove d’esame di Stato conclusive del primo ciclo.

Sono stati circa 574.600 i ragazzi coinvolti che a partire dal 4 e fino al 21 aprile per la prima volta hanno sostenuto computer based le prove standardizzate di italiano, matematica ed inglese con tutte le criticità legate alla disponibilità di postazioni pc o a problemi di connettività lenta o non adeguata. Le prove che non si sono svolte più simultaneamente, da quest’anno sono state somministrate per classe o gruppi  di alunni e rappresentano requisito d’ammissione all’esame conclusivo del 1° ciclo.

La scuola primaria svolgerà le prove invalsi il 3 maggio per la lingua inglese per la quinta classe, il 9 maggio rispettivamente la prova di italiano per le classi seconde e quinte e l’11 maggio per la prova di matematica per le stesse classi. Gli ultimi a cimentarsi con l’invalsi saranno gli studenti della classe seconda della secondaria di 2 grado che in un arco di giorni individuati dall’invalsi dal 7 al 19 maggio sosterranno le prove di italiano e matematica comprensive del questionario studente.

E’ chiaro che la scuola “ingabbiata” da anni in un sistema ossessivo classificatorio (con tutti i limiti di un sistema ispirato al criterio testing delle prove  che di fatto si è rivelato riduttivo e fallimentare) ha voluto voltare pagina e, senza chiedere la luna, si è posto il problema della ricerca di una propria identità o per meglio dire di un recupero di una sua antica missione, saggia e coerente, che non poteva e non doveva soggiacere a nessun interesse di parte.

Da più parti non si chiedeva alla scuola un restiling a saldi invariati, solo la necessità di valutare gli apprendimenti correlandoli a storie di vita e a percorsi autentici in contesti significativi che di fatto non sempre sono presi in considerazione. Occorre sforzarsi per trovare un equilibrio tra lo scopo formativo e concettuale e quello più ampio e pratico delle discipline.

Traghettare su nuove traiettorie un numero elevato di studenti, per attivare processi di autovalutazione basati sulla comparazione ed il confronto e sulla rendicontazione di dati ed informazioni dettagliate sui propri punti di forza e di debolezza,  potrebbe essere un primo passo per migliorare un sistema scolastico stantio e fuori moda.

Le prove invalsi in questo senso evidentemente potrebbero assolvere ad un serio impegno collettivo che in primis vede le istituzioni scolastiche chiamate ad una lettura pedagogica della valutazione che si apre sul versante dell’autovalutazione.

Nella valutazione di sistema entreranno anche i docenti che attraverso modalità sperimentali e con l’ausilio dell’Indire saranno sotto la lente di ingrandimento per un riscontro concreto del proprio operato.

Protagonisti da sempre gli studenti che nella dimostrazione delle loro capacità logiche sono chiamati ad una dimostrazione dell’efficacia del rapporto docente/allievo. Dunque si comprende come il senso dell’insegnare e dell’apprendere in un processo continuo, multidimensionale ma intrinsecamente complesso, costituisce ed indirizza tutta la scuola e coinvolge in misura diversa tutti gli attori. Vale davvero la pena occuparsene, soprattutto in questo momento!!! Ce la faranno i nostri eroi???