PUA (Progettazione Universale per l’Apprendimento)


E’ stata una stagione particolarmente feconda per la scuola, investita negli ultimi anni  da un processo riformatore che ha visto impegnati a diverso titolo diversi soggetti. Una vera svolta epocale iniziata nel  luglio 2015 con la legge 107 sulla “Buona Scuola”, continuata con i decreti attuativi ed una mole di riforme successive che  nelle intenzioni del legislatore avevano l’unico scopo di mettere a regime la nostra scuola fanalino d’Europa.

Il risultato? Migliaia di docenti e dirigenti scolastici impegnati dapprima a decodificare il senso di questo processo riformatore per poi cavalcare il cambiamento cercando di attuare quanto veniva richiesto. Una scuola sempre più organizzazione complessa, aperta, attiva sul territorio, risorsa importante per la ripresa civile ed economica del Paese che necessitava da tempo di un restyling che nelle intenzioni sicuramente appariva fin da subito apprezzabile ma nelle modalità e nei tempi (non certo distesi per la messa a regime) andava valutato meglio.

Volendo tralasciare le riflessioni evidentemente comprensibili del magma legislativo (che ha avuto effetti dirompenti) va detto che il legislatore ha voluto affrontare una vera e propria “impresa” strutturale finalizzata a trasformare una scuola malferma, ponendo al centro, decisioni di “sostanza” che avrebbero avuto un qualche riverbero in un futuro non troppo lontano. Un passaggio un tantino affrettato, approssimativo, confuso, che ha sbloccato sì la latitanza politica di un ministero quello dell’istruzione intorpidito da un bel po’, che senza badare alle implicazioni future ha ritenuto maturi i tempi per rispondere a quel bisogno di cambiamento della didattica.

Come??? Innanzitutto con una riqualificazione della professione docente , con il superamento di quell’impianto tradizionalista, obsoleto e  trasmissivo (ancora purtroppo largamente prevalente) costruito su una rigida organizzazione spazio-temporale che andava ripensato in funzione dei ritmi e degli stili di apprendimento, valorizzando la significatività della cultura della progettazione e della valutazione, affrettando il passaggio alla digitalizzazione, (mettendo a regime le situazioni di inadeguatezza informatica delle istituzioni scolastiche grazie anche al PNSD) premiando sulla base di indicatori di qualità le scuole migliori di ogni ordine e grado, trasformando la platea di studenti in ”un esercito di problemi differenti” che necessitano di essere risolti attraverso l’ottimizzazione di progetto didattico.

Allora dopo il RAV, il PTOF, la fase C, la PNSD con il coding, gli accordi di rete, di ambito e di scopo, ecco che all’orizzonte si profila la PUA (PROGETTAZIONE UNIVERSALE per L’APPRENDIMENTO) o UDL (UNIVERSAL DESIGN for LEARNING) che sviluppa al suo interno tre grandi sfide: diversità, inclusività, tecnologia.

Dunque, un nuovo approccio psico-pedagogico che attraverso le Linee guida compie un grosso passo avanti nella costruzione e miglioramento del curricolo adattando percorsi di apprendimento flessibili e accessibili a tutti. Un modello nel quale il primato della dimensione pedagogica-educativa non si esaurisce nel postulato del principio della personalizzazione dei processi di scolarità, ma si sforza di dare IDENTITA’ e VISIBILITA’.

Costruire curricula validi per tutti, superando la categorizzazione degli allievi in contesti inclusivi, stimolanti senza “penalizzanti etichette” è la nuova sfida delle scuole. Si potrà dire di uscirne vincenti nella misura in cui si comprenderà che correre da soli non porta più così tanto lontano e che nel raccogliere idee intelligenti attraverso reti, partenariati, consorzi si può ben sperare di andare lontano. Documenti internazionali di grande spessore come l’ICF, la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, la strategia europea sulla disabilità e tutte le innovazioni normative sui BES vanno tutti nella direzione di una nuova frontiera dell’educazione.

Chiaramente l’attuazione della personalizzazione nella progettazione curricolare andrebbe declinata con lezioni /unità di apprendimento che riducano gli ostacoli, ottimizzino i livelli di difficoltà e di supporto e soddisfino i bisogni di tutti gli studenti. Via dunque curricula rigidi, validi per tutti, vere e proprie barriere all’apprendimento e al loro posto la PUA che risponde alla variabilità degli stili cognitivi degli studenti attraverso opzioni personalizzabili di obiettivi, metodi, materiali e valutazioni. La ricerca neuroscientifica che viene in supporto conferma la bontà della PROGETTAZIONE UNIVERSALE per l’APPRENDIMENTO e fornisce tre principi che sono schematizzabili in :

  1. cosa si apprende
  2. perché si apprende
  3. come si apprende”

Le modalità di approccio ai contenuti avviene secondo approcci multipli che consentono agli studenti di percepire e comprendere più o meno velocemente. Non esiste un modo di apprendere valido per tutti e le rappresentazioni sono la risultanza di opzioni e modalità diverse di approcciarsi. Anche le abilità strategiche e l’organizzazione del lavoro è variabile e questo spiega che non esiste una sola azione valida per tutti ma molteplici. L’apprendimento diventa allora il nodo strategico per i mille motivi che influenzano la conoscenza e per gli altrettanto svariati fattori (culturali, neurologici, affettivi, cognitivi) che sottendono il coinvolgimento. Ogni giorno ci interfacciamo come docenti con una variabilità di stili e comportamenti (allievi motivati, oppositivi, apatici, spaventati, altri ancora che si esprimono meglio nel microgruppo, altri invece che hanno bisogno di un tutor e così via).

L’intento della PUA è quello di formare studenti ESPERTI, che riescano a sviluppare tre  direttrici di marcia:

  1. studenti capaci, strategici ed orientati all’obiettivo;
  2. studenti esperti;
  3. studenti motivati ad apprendere di più e meglio.

Progettare un curriculum della PUA richiede il rispetto di quattro elementi fortemente correlati:

  1. obiettivi che rispettano le diverse variabili degli studenti e che quindi offrono una varietà di opzioni; è chiaro che il focus nella Progettazione universale è spostato sulla formazione dello studente esperto e sulle aspettative raggiungibili e non più sui contenuti;
  2. metodi, ovvero procedure dell’apprendimento assolutamente differenziate in base all’obiettivo educativo, al contesto, ai soggetti, all’ambiente della classe, ai continui progressi;
  3. materiali o supporti integrati necessari per arrivare alla conoscenza meglio se non standardizzati, ma alternativi, assolutamente utili ed efficaci al successo di ciascuno;
  4. valutazione ovvero il momento finale di raccolta dei dati sulla conoscenza acquisita, sul coinvolgimento, sulla capacità degli allievi di pervenire alla conoscenza. Dunque, curricula concepiti e disegnati in maniera completamente diversa, non più inflessibili o peggio ancora ideali che gli insegnanti in un difficile gioco di adattamento fanno andare bene a tutti. Un curricolo sapientemente accessibile, adattabile, progettato per controllare progressi graduali, dinamici, tale da fornire le chiavi di lettura efficaci per apprendere e non per insegnare. E’ chiaro che un curricolo centrato sui principi della PUA ha il pregio di ridurre o addirittura limitare i tempi e i costi di modifica qualora si costruiscono situazioni ed ambienti di apprendimento ottimali per tutti e per ciascuno in cui le differenze individuali non rappresentano una “scomoda variazione” al programma.

Una simile progettazione che si fonda principalmente sulla zona di sviluppo prossimale di Lev Vygostskij ma che non disdegna la lezione di Piaget, Bruner, Ross, Wood e Bloom recepisce anche i moderni contributi delle neuroscienze secondo cui la conoscenza da parte della nostra mente si raggiunge con la costruzione di una rete che avviene con un’azione congiunta di riconoscimento strategico ed affettivo.

Allora l’apprendimento e il trasferimento dello stesso avvengono in presenza di rappresentazioni multiple che consentono agli allievi di fare anche connessioni non lineari. E la multimedialità??? Per le potenzialità educative e didattiche non indifferenti e per il carattere polimorfico le TIC offrono all’utente la possibilità di scegliere il percorso conoscitivo più confacente alle proprie caratteristiche. La scuola non può non tener conto di questa risorsa strategica specie alla luce del rinnovato ruolo formativo che impone di ridefinire i processi di apprendimento-insegnamento.

La tecnologia, valore aggiunto all’oggetto della conoscenza, dà ancor più valore al reale. Provare a scoprire in questo nuovo modo di progettare tanto di positivo, lo si deve per amore della verità, ma ancor più per aggiustare il tiro di una scuola che per troppo tempo ha puntato l’indice verso coloro che per limiti, errori, incapacità sono rimasti nascosti, ai margini, avallando nel tempo una professionalità docente sempre più scaduta nella sua caricatura (il professionismo) e l’insegnamento ridotto ad un solo fatto tecnico. Allora viene da chiedersi se si è ancora in tempo per rimediare agli errori di un passato non così lontano. La risposta assolutamente affermativa ha senso se si ha la volontà di cambiare cominciando a sforzarsi di capire la PUA e alla straordinarietà della ricaduta metodologico-didattica… Al momento la PUA rimane ai più “questa sconosciuta”!!!…

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