Un vissuto comune ha accompagnato i candidati al concorso per Dirigenti scolastici: senso di vuoto e di amarezza.
I quesiti erano fattibili ma, mentre ognuno di noi cercava tra i mille pensieri che affollavano la mente, quello più giusto per essere trascritto, la barretta del tempo scandiva inesorabilmente i secondi.
Lo sguardo passava dalla tastiera al testo e dal testo alla barretta, in un susseguirsi di battiti cardiaci che sembravano mimare il ticchettio dei tasti su cui freneticamente battevano le dita.
Fare in fretta questa era la parola d’ordine, non si poteva perdere tempo, non si poteva scegliere la parola più giusta che avrebbe reso meglio il pensiero che volevamo trasmettere, l’importante era non fermarsi come in una corsa contro il tempo ed intanto la barretta continuava beffarda a far scorrere il tempo davanti ai nostri occhi.
Emozioni che si accavallavano dentro il cuore e la cui gestione era difficile, difficile come ritrovare il filo rosso che legava i pensieri tra loro per rendere organico e coeso il testo che si andava formando su quello schermo bianco.
Una rapida lettura mentre lo sguardo continuava a vagare dalla tastiera alla barretta e dalla barretta al testo.
Non riconoscersi in quelle parole, anche giuste ma che non corrispondono allo stile linguistico che si era sognato di poter utilizzare: l’originalità, l’utilizzo di un pensiero critico che ti poteva aiutare nella scelta delle informazioni più giuste, più efficaci a rendere l’idea di quello che si voleva dire.
Niente! Come se tutte le cose immaginate fino a quel momento fossero solo dei sogni che si frantumavano davanti alla cruda realtà: correre più veloci degli altri, correre per arrivare fino in fondo, correre per dimostrare che si poteva essere dei buoni dirigenti.
Che fretta c’era!!! Quali le motivazioni di un concorso fatto in questo modo, perché costringere dei candidati che hanno studiato ed hanno competenze a lavorare sotto tale tensione che non darà mai dei risultati efficaci; quella efficacia ed efficienza che abbiamo imparato così bene sui libri.
Sarebbe stato così appagante uscire da quell’aula esausti ma felici di aver potuto dare il meglio di noi stessi, di aver potuto esprimere quello che avevamo imparato da anni passati sui libri, di aver potuto scegliere le parole più giuste, le azioni più efficaci, le strategie più originali che un Dirigente poteva mettere in atto, perché avremmo avuto il tempo di soppesarle, di fermarci a pensare…
Fermarci a pensare, non era previsto che ci potessimo fermare e tantomeno che avremmo potuto pensare a lungo.
E come dopo una lunga corsa, una volta finita ci siamo ritrovati ansimanti, stanchi e vuoti chiedendoci la motivazione di questa modalità di selezione.
Non rimpiango neanche un giorno passato sui libri, la conoscenza acquisita non me la toglierà nessuno, ora cerco solo un po’ di calma e di rilassatezza.
Tutti noi ce la meritiamo per quello che abbiamo fatto, per come lo abbiamo fatto e per quanto ci abbiamo creduto.
Maria Consuelo Marazziti, insegnante di scuola primaria presso l’IC di Buttigliera Alta. Laurea in psicologia e psicoterapeuta, esperta in tematiche adolescenziali. Per anni sono stata funzione strumentale per il disagio e i DSA, conduco uno sportello di ascolto per i genitori dell’Istituto Comprensivo in cui lavoro ed offro consulenze in tema di gestione della classe ai colleghi che ne abbiano necessità. Ho scritto articoli riguardo al tema dell’inclusione, insieme alla collega Viviana Rossi, per la rivista Dirigere la scuola. Sono autrice del Blog www.aiutoadolescenza.it su cui scrivo articoli dedicati ai genitori dei figli adolescenti per supportarli nel difficile compito in un momento evolutivo così importante. Mi occupo di formazione insegnanti, relativamente all’area della gestione delle emozioni, e della gestione del rapporto insegnanti-genitori, al fine di favorire l’instaurarsi dell’alleanza educativa di cui c’è assoluta necessità e senza la quale ogni intervento educativo è destinato a naufragare.