Giochi in classe per sviluppare l’intelligenza emotiva

di Stefano Centonze

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Un insegnante assiste alla scena di due alunni di prima elementare che si spintonano per uscire per primi dall’aula al momento della ricreazione. Che fare? Intervenire o no? Se sì, come? Diventando giudice della situazione sulla base della scena vista? Chiedendo spiegazioni a entrambi? Parlando con ciascuno separatamente? Ignorando l’accaduto, perché, in fondo “non è accaduto nulla di grave”? Ecco alcune idee creative, ad uso degli insegnanti, per proporre attività in classe finalizzate al miglioramento delle competenze emotive dei ragazzi, necessarie alle sane relazioni.

Il calendario emozionale dello sviluppo

Per risultare più efficaci, gli insegnamenti emozionali devono essere legati allo sviluppo del bambino e vanno ripetuti nelle differenti età in modi adatti alle diverse capacità di comprensione del ragazzo e alle nuove sfide che deve affrontare. La prontezza d’apprendimento dei bambini dipende, infatti, in larga misura, dall’acquisizione di alcune abilità emozionali fondamentali. Interventi simili funzionano nel migliore dei modi quando seguono il calendario emozionale dello sviluppo. La corretta scelta di tempo diventa perciò essenziale.

Il repertorio di sentimenti del neonato è primitivo in confronto alla varietà emozionale che caratterizza un bambino di cinque anni e, ancor di più, rispetto a quella di un adolescente. Ciononostante, gli adulti troppo spesso cadono nella trappola cognitiva di aspettarsi che i bambini abbiano raggiunto una maturità che va ben oltre i limiti imposti dall’età, dimenticando che ogni emozione fa la sua comparsa in un momento ben definito dello sviluppo. Le bravate di un bambino di quattro anni, ad esempio, possono indurre i genitori a rimproverarlo ma occorre ricordare che l’autoconsapevolezza non compare prima dei cinque anni.

La comparazione sociale

Capacità emozionali come l’empatia e l’autoregolazione emozionale cominciano a delinearsi fin dalla prima infanzia. L’ultimo anno di scuola materna segna un culmine nella maturazione delle cosiddette “emozioni sociali”, quelle che richiedono la capacità di paragonare se stessi con gli altri. Il riferimento è a sentimenti come

  • l’insicurezza,
  • l’umiltà,
  • la gelosia,
  • l’invidia,
  • l’orgoglio e
  • la fiducia.

Il bambino di cinque o sei anni infatti, entrando nel più vasto mondo sociale della scuola, entra anche nel mondo della comparazione sociale. Non è solo il mutamento esterno che suscita i paragoni ma anche la comparsa di una nuova abilità cognitiva: la capacità di confrontarsi con gli altri in merito a qualità come

  • la simpatia,
  • l’attrattiva o
  • i talenti sportivi.

I momenti di transizione

E’ questa l’età in cui, ad esempio, avere una sorella maggiore che prende sempre buoni voti a scuola può indurre la sorella minore a pensare di essere più “stupida”. I momenti di transizione dalla scuola materna alla scuola primaria (e poi, ancora, dalle elementari alla medie) rappresentano delle formidabili sfide emozionali e sono cruciali per il processo adattativo del ragazzo. Tanto più che in un bambino il senso del proprio valore dipende in larga misura dal rendimento scolastico.
Fra le doti essenziali per avere un buon profitto scolastico vi è, come scrive Goleman, la capacità di

  • “rimandare la gratificazione,
  • di essere socialmente responsabile nei modi più appropriati,
  • di mantenere il controllo sulle emozioni e
  • di avere una visione ottimistica”.

In altre parole, l’intelligenza emotiva. Nell’ideale mappa dello sviluppo delle emozioni, gli psicologi evolutivi delineando chiaramente di quali insegnamenti i ragazzi abbiano bisogno per svilupparla. Con la stessa chiarezza, essi spiegano anche, per contro, quali carenze possono permanere in chi non acquisisca le giuste competenze nel giusto momento, oltre a quali esperienze vadano rinforzate per colmare le lacune emozionali.

La cassetta delle lettere

L’intelligenza emotiva a scuola può, dunque, essere accresciuta con attività creative mirate.
Un ottimo esercizio da proporre in classe è, ad esempio, quello che Goleman chiama la cassetta delle lettere. Si tratta di una modalità globale e impersonale di coinvolgere tutta la classe negli accadimenti che riguardano la vita emotiva dei singoli. L’insegnante prepara la cassetta, che può essere realizzata anche con una scatola per le scarpe che viene colorata o rivestita, e i bambini vi imbucano dei biglietti anonimi con emozioni e sentimenti vissuti in occasioni particolari. Chiunque, senza apporre la propria firma, può

  • denunciare episodi,
  • avanzare lamentele sul comportamento dei compagni e
  • segnalare problemi.

Il tutto in maniera che l’intera classe possa discuterne e pensare ai modi emotivamente più intelligenti di affrontarli. Nella discussione, che è una guida per l’insegnante sull’orientamento emozionale dei ragazzi, è vietato fare i nomi dei diretti interessati. Piuttosto, i bambini condividono, prima o poi, le vicende personali che tutti hanno bisogno di imparare ad affrontare. Comportamento che diventa un atteggiamento neurale, di cui l’adulto diventa mediatore, che garantisce i risultati nel breve e lungo periodo.

La cassetta delle lettere è, così, un valido strumento per tematizzare, di volta in volta, le crisi e le questioni di attualità nella classe. E per rompere lo schema normalmente troppo rigido d’apprendimento, spesso inadeguato e nocivo alla fluida realtà dell’infanzia.

Quest’attività, particolarmente indicata per la scuola primaria, con i dovuti adattamenti, va bene anche per i gradi d’istruzione superiori.


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La relazione educativaLa Relazione Educativa: dimensioni emotive e dinamiche di gruppo.


Il cubo dei sentimenti

In prima classe, durante l’ora curricolare d’intelligenza emotiva, gli scolari si siedono in cerchio e fanno girare quello che Goleman descrive come il cubo dei sentimenti. Si tratta di un grande dado di cartone che reca, sulle sue facce, parole come “triste”, “eccitato”, “deluso”, “felice” o un disegno con la corrispondente espressione mimica dello stato d’animo. Ciascuno a turno descrive il momento in cui ha provato questi sentimenti. Un esercizio così concepito dà sicurezza nel collegare i sentimenti alle parole e favorisce lo sviluppo dell’empatia. Quando, infatti, i bambini avvertono che anche gli altri hanno provato i loro stessi sentimenti, si attiva con maggiore facilità la condivisione della condizione interiore degli altri bambini.

Lo stop luminoso

Questo gioco ci sposta un po’ più in là con l’età, benché serva a tutti i bambini. Lo stop luminoso, di cui riferisce Goleman nell’Intelligenza emotiva, è un gioco utile per imparare a controllare gli impulsi. Creativamente, il gioco può essere pensato come momento di verbalizzazione in classe utilizzando un semplice semaforo, del quale
– ogni ragazzo può scegliere un colore, in base allo stato d’animo, oppure
– l’insegnante può assegnare un colore, per effetto di particolari avvenimenti.

Ecco il significato delle tre luci colorate.

Luce rossa.
1. Fermati, calmati e pensa prima di agire.

Luce gialla.
2. Esponi il problema e dì come ti senti.
3. Fissa uno scopo positivo.
4. Pensa a soluzioni diverse.
5. Pensa in anticipo alle conseguenze.

Luce verde.
6. Procedi e prova il piano migliore.

Al gioco l’insegnante può ricorrere, di regola, ogni volta che un ragazzo è sul punto di:

  • aggredire qualcuno in preda alla collera,
  • rinchiudersi imbronciato in se stesso per un’offesa ricevuta o
  • scoppiare in lacrime per essere stato schernito (argomento oggi associato al contrasto del bullismo).

Teatro e intelligenza emotiva

Lo stop luminoso offre dei passi da eseguire per affrontare in maniera più razionale momenti carichi di tensione. Oltre a facilitare il controllo dei sentimenti, l’attività indica una via per agire in maniera più efficace. Tra l’altro, è un esercizio che ammette numerose variabili, lasciate all’estro dell’adulto. I ragazzi possono, così, essere invitati a ideare un’azione teatrale che riproduca la situazione e che potrebbe risultare utile per risolvere un loro conflitto.

Gli studenti possono essere invitati, in altre parole, a rappresentare una scena che simbolicamente ripropone un episodio reale per stimolare la verbalizzazione e aiutare la risoluzione del conflitto. Non serve che l’episodio sia letteralmente quello accaduto: l’importante è che dia lo spunto per la discussione. E in questo, tra i giochi di creatività in classe per migliorare le competenze emozionali, nulla funziona meglio dell’arte e del teatro in particolare.


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