Studente competente o studente istruito?

In una società altamente tecnologica e in continua evoluzione che richiede giovani sempre più competenti e responsabili, in qualità di docente di una scuola primaria del nostro Sud, osservo attonita ciò che la norma ci impone e a cui la realtà si “oppone”.

Faccio parte di quella schiera di docenti che lavorano a capo chino per il raggiungimento degli obiettivi, spesso senza tutti i sussidi e in istituti non bene attrezzati, al solo scopo di contribuire alla formazione della persona umana.

Diversi dibattiti evidenziano la difficoltà della scuola odierna, scuola delle competenze intese come “combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti appropriati al contesto”, ove è tutto scientificamente tarato.

Ma uno studente competente è meglio formato di quello istruito? In realtà la competenza valorizza la disciplina.

In Italia infatti il sistema educativo è tradizionalmente caratterizzato da rigide suddivisioni fra le varie discipline che da sempre hanno “ingabbiato” le competenze. Quindi, sicuramente risulta efficace ed efficiente lavorare oggi per competenze in quanto sono stati definiti nuovi approcci e strategie per preparare il cittadino del domani alle sfide del cambiamento continuo e della complessità.

Si è dato significato a conoscenze e contenuti in un contesto di apprendimento per competenze per far acquisire ai discenti la capacità di appropriarsi di ciò che viene appreso, riutilizzandolo in modo critico in contesti e tempi diversi. Si aprono così le porte all’apprendimento permanente, inteso come percorso individuale di crescita continua in mano alla persona.

Le Indicazioni per il curricolo del 2012 fanno esplicito riferimento alle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente definite dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea.

“Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro e le altre comunità”.

Eppure la scuola che io vorrei e che è ampiamente delineata dalla normativa, non è impossibile da realizzare!

Ciò di cui parlo non è un edificio in marzapane con caramelle alle pareti e sul tetto o con maestre dalla pennetta rossa, ma una scuola ove porre in essere una didattica che ponga gli studenti di fronte a problemi reali per affrontarli da protagonisti, mettendo in campo tutte le proprie risorse cognitive, affettive, culturali, relazionali.  La scuola che aiuta gli studenti a fronteggiare la realtà è molto diversa da quella che si occupa solo della trasmissione del sapere.

Secondo me, la norma interviene in nostro aiuto con il Service Learning che include tutti gli aspetti significativi della scuola che vorrei: lo sviluppo delle competenze, la loro messa alla prova in una situazione di realtà, il collegamento scuola/vita.

Infatti, lo scorso 8 agosto il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione ha trasmesso il documento “Una via Italiana per il Service Learning”, nato da una sperimentazione che ha coinvolto alcuni istituti scolastici i quali hanno immaginato un nuovo modello di fare scuola.

L’obiettivo è quello di recuperare la dimensione sociale dell’apprendimento, potenziando il principio di convivenza civile e democratica.

Si fa dell’apprendimento un servizio solidale, non in termini assistenziali, ma finalizzato alla cittadinanza attiva perché “apprendere serve, servire insegna”.

Si tratta di una metodologia didattica che pone al centro del processo di apprendimento il discente e che ha lo scopo di farsi carico dei bisogni dell’altro nel tentativo di risolverli.

Il Miur definisce il SL come un “punto d’intersezione tra teoria e pratica, tra ricerca e sperimentazione, tra apprendimento come sviluppo delle competenze individuali e condivisione e azione solidale, perché a crescere e a svilupparsi sia la comunità”.

La metodologia del Service Learning, nelle sue varie forme, è rivolta alla promozione della cittadinanza attiva, dell’inclusione sociale e delle capacità di problem posing e problem solving, nonché di realizzazione di progetti che abbiano una ricaduta sulla comunità, non solo scolastica, del territorio di appartenenza.

Mio malgrado mi accorgo che non tutti i docenti si preoccupano di approfondire, di aggiornarsi, di studiare, di verificare come attuare praticamente ciò che detta una fattispecie astratta.

Nella scuola che vorrei soprattutto i docenti dovrebbero avere competenze  specifiche e necessarie per intraprendere un percorso pedagogico, in questo caso di Service Learning, le cui azioni mirino ad attivare processi generativi tra apprendimento e azione nella comunità, tra scuola e territorio, tra problemi e progetti.

Le attività di formazione e di aggiornamento proposte dovrebbero avere un arricchimento professionale in relazione alle modifiche di ordinamento previste dal processo di riforma in atto, sviluppo dei contenuti dell’insegnamento, puntualizzazione dei metodi e organizzazione dell’insegnamento, integrazione delle nuove tecnologie informatiche e multimediali nella didattica e valutazione degli esiti formativi articolata e organizzata secondo le specificità disciplinari.

Come insegnante ritengo che l’innovazione che si deve introdurre debba tener conto anche dell’acquisizione di una solida cultura generale di base dei discenti aggiunta allo sviluppo delle competenze a tutto tondo. Quindi, una professionalità del docente flessibile e polivalente che deve sempre mirare al lavoro in équipe.

La proposta culturale di attuare determinate attività di formazione e aggiornamento cerca dunque di considerare le diverse esperienze ed esigenze didattiche a partire dal contesto fenomenologico particolare, valorizzando la creatività individuale che in gran parte è oggi una risorsa inevitabile data l’ampia eterogeneità dei saperi e i livelli di approfondimento delle discipline che richiedono momenti specialistici.

Lo studente va comunque coinvolto in processi di co-valutazione: un allievo apprende solo se è soggettivamente consapevole del senso e del valore personale del sapere che scopre e che costruisce.

Infine, ho tratto le mie conclusioni a dispetto dell’idea che uno studente “competente sia più attrezzato di quello istruito”. Per me vale il binomio ISTRUITO E COMPETENTE!

Che cos’è e perché la religione a scuola?

La religione: una via per uscire dalla crisi

Che cos’è la religione? L’Europa di questi ultimi decenni è una società post-secolare, post-cristiana ma non post-religiosa. La religione conserva un ruolo sociale in continua evoluzione, in una società che è anch’essa in continua evoluzione. Le religioni «negli ultimi decenni in conseguenza di processi come la fine dei regimi comunisti e i giganteschi movimenti migratori provocati dalla globalizzazione stanno conoscendo sommovimenti tettonici dalle conseguenze impreviste e imprevedibili» ma ancor di più se «diminuisce la pratica religiosa tradizionale e ancor più la fede nella dottrina ecclesiastica ufficiale… aumenta il carisma riconosciuto di alcuni leader religiosi, la religiosità della terra, lo spazio della spiritualità nell’arte. […]

In realtà, non solo Dio non è mai morto, ma neppure gli Dei sono mai morti. Lo mostra ogni giorno l’impero di Afrodite o del piacere, quello di Ares o della forza, quello di Zeus o del potere. Se infatti non esiste civiltà senza religione, ciò è perché gli esseri umani sperimentano una dipendenza da potenze più grandi, la quale, una volta espressa, genera la categoria del divino. E il divino, oggi come diecimila anni fa, entra inevitabilmente in gioco nella vita umana. […]  Il divino dice soprattutto l’innato bisogno di appartenenza che contraddistingue l’umano. «A chi appartengo io?»: questa è la più forte domanda esistenziale, ancora più urgente del desiderio di indipendenza, e la sua risposta si chiama religione. […] Per questo la religione oggi nell’epoca delle «passioni tristi» risponde al radicale bisogno di appartenenza assumendo un fascino particolare».

Dentro il perimetro di questo grande contesto, a noi interessa focalizzare prioritariamente l’ambito educativo nell’attuale sistema scolastico che è quello svolto dall’«Educazione alla cittadinanza», volta a diffondere la cultura della democrazia tra i giovani, a contribuire alla lotta contro la violenza, il razzismo, le ideologie, l’intolleranza e a promuovere una cultura ed una prassi dei diritti, della pace, della libertà e della giustizia sociale.

Il ruolo educativo che la scuola è chiamata a svolgere richiama la pedagogia a una riflessione che si ponga sul piano «di rispondere alla duplice esigenza del diritto all’educazione della generazione giovane e del compito della cura educativa della generazione adulta, l’una e l’altra accomunate dal riconoscimento della singolarità della persona»

L’istituzione scuola risponde ai bisogni formativi dell’uomo ed per questo deve abbandonare l’impostazione trasmissiva mono-disciplinare e sperimentare progettazioni didattiche che si presentino come strumenti atti a promuovere un sapere unitario che possa alimentare, nutrire, dissetare le varie dimensioni (cuore, mente, corpo, animo/a) dell’essere umano  nei vent’anni e più – gli anni più belli, d’oro – che vive a scuola. Un sapere che, nel processo costruttivo di insegnamento/apprendimento, recuperi in pieno i contenuti disciplinari e permetta allo studente di costruire da protagonista un percorso di apprendimento personalizzato e unitario.

L’insegnamento della religione cattolica (IRC), al pari delle altre discipline, è chiamato a riflettere sul proprio ruolo all’interno della scuola, a tracciare linee pedagogiche teorico-pratiche che gli consentano di essere promotore di un sapere che superi i limiti dell’odierna frammentarietà e del tecnicismo e di essere operatore di interdisciplinarietà. Interdisciplinarità intesa non solo come modalità di incontro tra i saperi disciplinari, ma come caratteristica, topos di un approccio alla realtà della persona che in modo unitario comprende sé e il mondo.

Nella mia personale formazione umana e culturale sono sempre stato affascinato dalla storia del mondo antico, dalle letterature comparate, dalla religione. Al di là dell’ormai esausta disputa sulle radici cristiane dell’Europa, è augurabile che si comprenda che la Bibbia costituisce uno dei punti di riferimento capitali per la nostra stessa civiltà. «Le Sacre Scritture sono l’universo entro cui la letteratura e l’arte occidentale hanno operato fino al XVIII secolo e stanno ancora in larga misura operando». Questa affermazione tratta dal saggio Il grande codice di Northrop Frye sul rapporto tra Bibbia e letteratura registra un dato di fatto: la Bibbia è l’immenso lessico o repertorio iconografico, ideologico e letterario cui si è attinto costantemente a livello colto e a livello popolare.

In un corso di aggiornamento dal titolo «La Bibbia: alle radici della cultura europea», organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, il primo dicembre 2012, il professore Piero Stefani, con acume, sottolinea come nel mondo dell’istruzione italiana la lettura (letteraria, storica, iconografica) della Bibbia non è praticata.

Sul fatto che nella scuola la cultura biblica non «godesse» di ottima salute se ne era accorto il grande Umberto Eco che dalle colonne dell’Espresso nel lontano settembre del 1989 scriveva «Perché i ragazzi devono sapere tutto degli dèi di Omero e pochissimo di Mosè?». In tutte le aree disciplinari la lettura della Bibbia è e sarebbe più che percorribile. Si pensi subito alla storia dell’arte, alla letteratura italiana e non solo ma anche alla letteratura dell’intera Europa (francese, inglese, tedesca, spagnola, ecc…).

La lettura della Bibbia è applicabile allo studio del pensiero filosofico, alla storia, al diritto, alla storia della scienza e dell’economia. In ognuno di questi campi la presenza di influssi biblici è documentabile a vastissimo raggio. La Bibbia perché non può essere presentata a tutti come un classico al pari dell’Iliade, dell’Odissea o dell’Eneide? Un po’ semplificando ma non troppo la Bibbia interroga l’uomo al pari di Sofocle, Euripide, Seneca.

Infine, da un punto di vista strettamente pratico-istituzionale la presenza della Bibbia – «l’alfabeto colorato in cui per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello» (Marc Chagall) – comporterebbe ad una qualificazione (da parte del MIUR attraverso concorsi) di un corpo docente che, attualmente, è quasi del tutto impreparato e più praticamente e «semplicemente» a programmare all’interno del P.O.F.T.  una collaborazione fra docenti di materie diverse (letteratura, arte, filosofia, storia, musica, religione) alla ricerca di itinerari di notevole interesse e suggestione.

Max Horkheimer ci ricorda che la «stupidità è una cicatrice». In altri termini crescere è un processo delicato che come il processo involontario del respirare può essere ostacolato o favorito. In-segnare a riconoscere i lineamenti di un patrimonio che ci accomuna significa offrire ossigeno alla mente e al cuore; concorre a rafforzare nei ragazzi energia e speranza, il gusto di approdare a vivere le vertigini di una profondità e ricchezza che ci danno solo le lettere, i numeri e i colori fin dalla loro comparsa negli esseri umani, una comparsa che è legata a quella che chiamiamo civiltà.

Hour of code, disseminazione e coinvolgimento

Hour of code

L’ora del codice è un’iniziativa nata negli Stati Uniti nel 2013 per avvicinare gli studenti e le scuole al coding. Come tutte le campagne di alfabetizzazione, il pretesto di svolgere almeno un’ora di programmazione si trasforma nell’opportunità di coinvolgere milioni di persone in Europa e nel mondo.

Lo scopo è di dimostrare che, attraverso l’utilizzo attivo della tecnologia informatica, si può comprendere meglio la società di oggi e quella del futuro e che per affrontare la complessità ed inserirsi nel mondo del lavoro è necessario che le nuove generazioni sviluppino il pensiero computazionale e la creatività.

Dal 2014 L’ora del codice è proposta nell’ambito del progetto Programma il Futuro dal MIUR in collaborazione con il CINI (consorzio interuniversitario nazionale), fornendo alle scuole  una serie di strumenti semplici, divertenti e facilmente accessibili per formare gli studenti ai concetti base dell’informatica.

I risultati sono strabilianti e collocano il nostro Paese al primo posto in Europa e nel mondo. Per il successo ottenuto il progetto è stato riconosciuto come iniziativa di eccellenza europea per l’istruzione digitale nell’ambito degli European Digitale Skills Awards 2016.

Quest’anno l’ora del codice si è svolta dal 3 al 9 dicembre e ha permesso di inventare app, affrontare sfide di coding, lavorare con i compagni alla realizzazione di prodotti originali e fantasiosi. Tutti possono partecipare a prescindere dall’età e dall’esperienza. L’unico requisito è… lasciarsi  trasportare dalla creatività!

Parola all’esperto

Mi chiamo Alan Touring. Vi sembrerà strano leggere di me, ma sento ancora la necessità di dire qualcosa perché la mia vita è rimasta, in qualche modo, incompiuta.

Mi sono occupato di varie cose e avevo tante passioni, ma oggi sono ricordato come papà dell’informatica. Ho concepito, infatti, un modello astratto di macchina che, dotata di un nastro potenzialmente infinito di simboli, esegue algoritmi per sempre. Questo apparecchio è considerato l’avo dei computer moderni.

Ho sempre amato la matematica, per me era come un gioco. Sono riuscito a decifrare codici difficilissimi, addirittura quelli del comando tedesco che, con i sottomarini, affondava le navi degli Alleati durante la seconda guerra mondiale. Molti dicono che, con quella decodifica, ho salvato delle vite umane. Non so quante,  ma a me basta sapere che ne ho salvata almeno una.

Ho sempre ritenuto che le macchine potessero essere costruite simulando i comportamenti umani. L’intelligenza artificiale è affascinante, ma so bene che quella umana, pur essendo basata su processi meccanici, possiede qualcosa in più: il potere dell’intuizione. Credo proprio che noi possediamo dei super poteri, quelli della creatività e della fantasia.

Ho saputo che qualche anno fa avete festeggiato il centenario della mia nascita. Mi piacerebbe tanto (ri)vivere nella vostra epoca ed avere a disposizione le nuove tecnologie per inventare macchine reali in grado di aiutare l’uomo. Seguo con attenzione le recenti evoluzioni dell’informatica e spero che la petizione per riconoscere gli algoritmi come patrimonio culturale immateriale dell’Umanità possa dare valore e dignità a tutti i procedimenti non ambigui che risolvono problemi e realizzano idee.

Sono stato sfortunato perché ai miei tempi c’erano tantissime restrizioni. Sono stato perseguitato, processato e punito per la mia omosessualità. Sono stato definito genio irascibile, innovatore eccentrico, ironico provocatore. Sì ero tutto questo, ma non solo.

Avevo 41 anni quando ho addentato una mela avvelenata al cianuro. Qualcuno non crede al mio suicidio e forse questo è l’enigma più grande mai svelato legato per sempre al mio personaggio.

Recentemente ho ottenuto la grazia postuma dalla regina d’Inghilterra Elisabetta II e ho visto riconosciuta la mia eredità scientifica. Addirittura in una petizione si firma per candidare il mio volto sulla banconota di 10 £. Come sono cambiati i tempi…

Ma è quella mela morsa, che ha causato la mia morte, immortalata come simbolo della Apple, che resta il mio riscatto più grande perché rappresenta tutti quelli che, come Steve Jobs, hanno apprezzato la mia mente. Quella mela resterà in eterno la metafora dell’innovazione e dei grandi traguardi culturali dell’umanità che raggiungeremo insieme nei secoli a venire… a grandi morsi.

Alan Touring

…Let’s go on with Austria and Belgium school systems

AUSTRIA

The school system is as follows:

  • Primary School or Volksschule (6-10)
  • Secondary school or Hauptschule or AHS-Unterstufe (10-14)
  • Polytechnische Schule (PTS) (14-15)
  • Superiors / Upper level (15-18)

Kindergarten lasts 3 or 4 years (from 3 to 6/7 years old). The pre-school education is not included in the education system, but it is subject to law and does not depend on the Ministry of Education. There are public Kindergartens, established and financed at national level, at Land level or by municipalities, and private Kindergarten, offered by associations, churches or religious orders. Attendance is optional, but admission conditions are put down in the Education Act in Kindergarten for each Land.

Activities are not regulated by a national curriculum, but medium and long-term planning includes group activities and individual activities. The Kündergarten are opened  from 7 to 19 and the ‘school year’ starts in September. Families receive, in addition to the family allowance provided until the economic independence of their children, specific allowances for the care of children from the age of 3. Financial support for  taxes payment is guaranteed on the basis of individual income.

Classes are organized into same age groups and mixed groups, which can vary by providing part time, full time, and afternoon groups especially suitable for children with special needs. There is one teacher for each group and often a second person (a Kindergarten teacher or an assistant) takes care of supporting the educational work.

There are no fixed rules regarding the school time schedule; the day usually begins with playing moments, then follow group activities (for example, reading fairy tales, singing songs, playing sports, etc.) moreover can practice individual activities such as painting, drawing. The activities planning and relevant topics are free, infact  there is no compulsory annual curriculum.

There is no evaluation, but teachers are responsible for monitoring and analyzing their children progress in the working methodology, cooperating with parents and therapists, and monitoring children’s health. Teacher training takes place in special schools at upper secondary level or in special training institutions at post-secondary level.

 

BELGIUM

The school system is as follows:

  • Primary school  (6-12 years old)
  • Secondary school  (12-18 years old)

Ecole maternelle lasts 3 and a half  (from 2 to 6). The école maternelle is not compulsory but it is a part of the educational system and along with primary education, it is an integral part of the basic educational path (up to 12 years old). Usually children are grouped into same age classes.

The schools are opened  5 days a week full time, except on Wednesday afternoons. The school year begins on September 1st and ends on June 30th. There are no ‘lessons’ but a series of  activities to improve psychomotor, linguistic, artistic, logical and social skills of the children.

The evaluation is carried out  in compliance with general rules. The children are evaluated taking in account their approach in carrying out activities and observing their behavior, through individual monitoring  that is carried out 2 or 3 times a year; in fact teachers can give to parents a complete report of their child’s progress.

To be a teacher it is necessary to have completed a 3-year course of study (theoretical and practical) at a higher level to get a certification for pre-primary education. Pre-primary teachers are employees of the institution hey work for, since 2002 training is mandatory.

Qualified nurses take care of very young children. If a child has disorders or special educational needs, there is the support of qualified personnel who offer special activities.

                                                                                                                              …To be continued

                                                                                                                            Laura Di Masi

EU key competences 2018

The New Skills Agenda for Europe announced the review of the 2006 Recommendation on key competences for lifelong learning, aware that a shared and updated understanding of key competences is a must for education, training and non-formal learning all over  Europe.

This also to face changes in society and economy,  to have a glance on the future of work, and following the public consultation on the review of the 2006 Recommendation on key competences, both the Recommendation and the European Reference Framework of key competences for lifelong learning must be updated.

The development of key competences, have to start using good practices for educational staff in improving their education, along with new and innovative forms of teaching and learning. Moreover, considering the experiences of the last decade, this Recommendation should address the challenges in implementing competence-oriented education, training and learning in order to enable individuals to have their own competences  and get full or partial qualifications.

It can build on the existing arrangements for the validation of non-formal and informal learning as well as the European Qualification Framework, which provides a common reference framework to compare levels of qualifications, indicating the competences required to get them. Furthermore it  may help in constructure learning processes and  helping people to improve their competences.

The Proposal for a Council Recommendation on Key Competences for Lifelong Learning has been published and replaced the 2006 Recommendation. What are the competences European citizens need to acquire, actually? Some competences  have been updated, while others have significant changes in terminology, too. The same have to support people in improving their competences from early age on throughout their lives.

 

The 8 Key Competences are listed as follow:

Literacy competence: can “be developed in the mother tongue, in the language of schooling, and/or in the official language of the country”.

Languages competence: “to help people to communicate to make use of mobility within Europe and in a globalized economy”.

Science, Technological Engineering and Mathematical competence as in 2006: “they are prerequisite for the functioning of technologically advanced, knowledge based societies and economies”.

Digital competence includes 5 areas:

  1. Information and data literacy, including management of content
  2. Communication and collaboration and participation in society
  3. Digital content creation
  4. Safety
  5. Problem solving

Digital technologies must be used instead of ICT (Information and Communication Technology) and IST (Information Society Technology) because it is the best term to refer to the complete range of devices and software.

Personal, Social and Learning competence: includes three specific aspects:

  • personal
  • social
  • learning

Civic competence: includes active citizenship, participation, building a sustainable future and stress the role of citizenship, democratic values and human rights in today’s more and more connected global societies.

Entrepreneurship competence: Creativity and the ability to plan and manage processes are evidenced as essential dimensions of an entrepreneurial mindset.

Cultural Awareness and Expression Competence: A huge range of contemporary forms of cultural expressions and also to describe how this competence is a focusing element in understanding, developing and expressing ideas, moreover being able to see the world with positive and open-minded attitudes towards other cultures.

Privacy: raccomandazione europea 679/2016

Salve a tutti! Sono Barbara Maduli, docente di lungo corso (sono di ruolo dal lontano 1992 …) e avvocato. Nel corso della mia esperienza ho avuto occasione di trattare varie tematiche giuridiche attinenti al mondo della scuola in materia sia civile che penale che amministrativa e mi sono resa conto che avere un punto di riferimento e/o qualche consiglio pratico può essere utile per risolvere le varie situazioni in cui un insegnante e, più ancora, un dirigente scolastico, può essere chiamato a prendere decisioni anche di grande responsabilità.

Con questo numero della rivista ho quindi il piacere e l’onore di inaugurare la rubrica di diritto applicato alle istituzioni scolastiche. Com’è noto a tutti, la materia è veramente vasta, e spazia dalle obbligazioni contrattuali agli atti e ai procedimenti amministrativi, al contenzioso avanti al Giudice Civile e Amministrativo e al procedimento disciplinare, alle responsabilità penali, civili e amministrative nascenti da atti illeciti o da reati commessi dal personale scolastico. In sostanza, non c’è aspetto della vita delle Istituzioni scolastiche che non sia permeato di connotazioni giuridiche.

Senza avere alcuna pretesa di esaustività o di sistematicità, né tanto meno di voler dispensare pareri professionali, in questa sede cercherò ad ogni modo di affrontare questioni che interessano l’esperienza concreta di ciascun operatore della scuola, dal Dirigente Scolastico ai docenti e al personale ATA, e di illustrare i profili problematici inerenti ai diritti, agli obblighi e alle responsabilità che gravano sulle figure professionali della scuola. Cercherò anche, nei limiti del possibile, di rispondere ai dubbi dei lettori, facendo capo alla Redazione della rivista e dando la precedenza alle domande di carattere generale e di interesse comune.

Per iniziare, vorrei prendere in considerazione le ipotesi nelle quali un docente rischia di violare le norme sulla privacy. Com’è noto, la materia della tutela del diritto alla privacy, regolata dal D. Lgs. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) è stata di recente radicalmente riformata dall’entrata in vigore, in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali (Regolamento UE  679/ 2016 – RGDP, in inglese “General data protection regulation”, GDPR). Il testo normativo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 4 maggio 2016, è diventato definitivamente applicabile, in via diretta e uniforme, in tutti i paesi UE a partire dal 25 maggio 2018. In Italia, l’adeguamento con la normativa europea è avvenuto tramite il D. Lgs. n. 101/2018, entrato in vigore il 19 settembre scorso, che ha parzialmente abrogato il D. Lgs. 196/2003.

L’attività della scuola, alla stregua di qualsiasi altra attività svolta dagli organi della Pubblica Amministrazione, ricade pienamente nella sfera di applicazione della normativa sulla privacy, poiché raccoglie, detiene e gestisce dati personali degli allievi, dei genitori, del personale dipendente, dei fornitori e di altri soggetti, pubblici e privati, che hanno a che fare a vario titolo con l’istituzione scolastica o che si rivolgono alla scuola per richiedere notizie sugli allievi o sul personale dipendente. Generalmente gli uffici di segreteria gestiscono informaticamente i dati relativi sia al personale docente ed ATA, sia quelli relativi agli studenti, utilizzando delle banche dati più o meno corpose, in rapporto alle dimensioni dell’istituzione scolastica. Le informazioni trattate sono le più varie, da luogo e data di nascita, residenza e domicilio, alla progressione di carriera, ai motivi delle assenze, ai dati fiscali. Per quanto concerne gli alunni, i dati possono essere relativi alla frequenza o meno dell’insegnamento della religione cattolica, al perdurare di determinate patologie e al nome del medico curante.

In materia, i principi fondamentali su cui si basa il diritto alla riservatezza sono, in estrema sintesi, due. In primo luogo, le scuole non possono divulgare i dati in loro possesso, a meno che non adempiano agli obblighi imposti dalla normativa sulla privacy e solo nei casi previsti dalla legge, previa informativa ed in seguito all’ottenimento del consenso da parte dell’interessato (artt. 13 e 18 Codice sulla privacy). Va al riguardo osservato che la prestazione del consenso integra una vera e propria fattispecie contrattuale. La Scuola, del resto, non ha bisogno di consenso, quando versa in attività istituzionale. Va altresì osservato che il consenso/autorizzazione non serve per la stragrande maggioranza dei trattamenti, perché sono le norme che individuano gli ambiti dei trattamenti stessi. Il consenso deve essere, ad ogni modo, espresso mediante un atto con il quale l’interessato manifesta l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettare il trattamento dei dati personali (mediante dichiarazione scritta). I minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali. Il trattamento dei dati personali deve essere lecito e corretto.

In secondo luogo, non possono essere divulgati i cd. “dati particolari” (art. 9 GDPR), vale a dire quei dati che possono rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale. Rientrano in questa categoria i cd. dati “sensibili” e i cd. dati “giudiziari”, che, a loro volta, possono rivelare l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari penali (ad esempio, i provvedimenti penali di condanna definitivi, la liberazione condizionale, il divieto od obbligo di soggiorno, le misure alternative alla detenzione) e amministrativi o la qualità di imputato o di indagato. Va notato che nel GDPR non si fa più distinzione tra dati sensibili e non, ma tutti i dati personali vanno trattati in base alla rilevanza ed all’impatto che hanno sulla privacy del soggetto.

Un particolare riferimento viene fatto dal Codice sulla privacy al settore della pubblica istruzione e, quindi, alle istituzioni scolastiche. L’art. 95 precisa che devono considerarsi di rilevante interesse pubblico le finalità di istruzione e di formazione in ambito scolastico, professionale, superiore o universitario, con particolare riferimento a quelle svolte anche in forma integrata. Come tutti gli operatori scolastici, anche i docenti, trattando quotidianamente con gli studenti, oltre a essere soggetti agli obblighi di riservatezza inerenti al segreto d’ufficio o professionale, devono porre particolare attenzione al rispetto della normativa sulla privacy, a maggior ragione se si considera che essi hanno a che fare quotidianamente con adolescenti minorenni e con l’utilizzo delle nuove tecnologie, tramite le quali lo scambio di dati sensibili è all’ordine del giorno ed è quindi effettivo il rischio di cadere in errore, pur operando in buona fede.

Ad esempio, va tenuto conto che le scuole devono prestare particolare attenzione a non diffondere, anche per mero errore materiale, dati idonei a rivelare lo stato di salute degli studenti, così da non incorrere in sanzioni amministrative o penali. Non è infatti consentito pubblicare in qualsivoglia modalità (cartacea o digitale) documenti contenenti i nomi e i dati degli studenti portatori di handicap; occorre inoltre fare attenzione anche a chi ha accesso ai nominativi degli allievi con DSA, limitandone la conoscenza ai soli soggetti legittimati, ad esempio agli insegnanti che devono predisporre il piano didattico personalizzato (PDP). Di conseguenza, se un insegnante divulga, per quanto in buona fede ed in modo erroneo, i dati relativi agli studenti con handicap o con DSA di cui è a conoscenza in ragione della sua funzione docente, commette una grave violazione al diritto alla privacy dello studente interessato. Ancora, la divulgazione da parte del docente di informazioni relative ad una specifica dieta praticata dagli studenti per motivi di salute o religiosi (ad esempio rendendo noto a terzi che uno studente non mangia un determinato cibo perché segue uno specifico orientamento religioso o per una determinata patologia, intolleranza o allergia) comporta la lesione del diritto alla privacy dello studente in questione, perché rivela le sue convinzioni religiose o il suo stato di salute.

Non commette invece violazione della privacy l’insegnante che assegna ai propri alunni lo svolgimento di temi in classe riguardanti il loro mondo personale o familiare. Nel momento in cui gli elaborati vengono letti in classe, specialmente se sono stati affrontati argomenti delicati, è affidata alla sensibilità di ciascun insegnante la capacità di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze didattiche e la tutela dei dati personali. Restano comunque validi gli obblighi di riservatezza già previsti per il corpo docente riguardo al segreto d’ufficio e professionale, nonché quelli relativi alla conservazione dei dati personali eventualmente contenuti nei temi degli alunni. Pertanto deve ritenersi assolutamente lecita l’assegnazione di temi, da parte degli insegnanti, che comportano la rivelazione di dati e fatti personali e familiari a volte anche sensibili, pur rimanendo fermi per il corpo docente l’obbligo del segreto d’ufficio e professionale e l’adozione di cautele nella lettura in classe degli elaborati su tali argomenti (Garante per la Privacy, Provvedimento del 4 marzo 1999).

Ben diverso è, però, il caso in cui il docente pubblichi (ad esempio su un “social media”, come Instagram, What’s up, FaceBook et similia) o faccia pubblicare da terzi (ad esempio da una testata giornalistica) l’elaborato scritto di un suo studente nel quale sono riportati riferimenti ai dati personali o particolari della sua vita privata, senza aver previamente chiesto ed ottenuto dallo studente o, se questo minorenne, dai genitori, il consenso alla pubblicazione. Tale comportamento, per quanto in perfetta buona fede o dettato da motivazioni condivisibili (si pensi al caso in cui il docente abbia voluto non dileggiare lo studente ma metterne in luce la bravura e le competenze espressive), espone l’operatore scolastico non solo a responsabilità penale e al rischio di una denuncia per violazione della privacy, ma anche a un procedimento disciplinare.

AAA… Dirigenza cercasi!!!

Il sistema scolastico italiano è composto da circa 8000 Istituzioni scolastiche autonome, di cui 3000 circa senza un Dirigente Scolastico titolare e circa 2400 scuole senza Direttori dei Servizi Generali Amministrativi titolari. Da decenni, inoltre, il complesso mondo delle scuole è privo di 600 Dirigenti Tecnici.

Abbiamo voluto quindi dedicare il quinto numero della nostra Rivista alla Dirigenza scolastica e alla Dirigenza Tecnica. Abbiamo ospitato, quindi, i commenti e le riflessioni di quanti sono stati in “trincea” nei fatidici  150 minuti del 18 ottobre scorso, durante i quali dei professionisti preparati, motivati, con anni di esperienza e di studio  non hanno avuto il tempo, il gusto ed il piacere di descrivere come prefiguravano una funzione dirigenziale strategica nella scuola dell’autonomia, nel terzo millennio, nella società complessa, tra innovazioni necessarie  per rispondere a nuove esigenze culturali e sociali e dimostrare di essere pronti ad assumere il timone di questa “Vela d’altura”. Le modalità con cui si è operato da parte del MIUR hanno fatto diventare il tanto atteso “concorso” una “scommessa”.

Le vicende concorsuali per la Dirigenza scolastica pensate e definite dal MIUR sono ancora più inverosimili e stridenti se confrontate ai concorsi paralleli e analoghi  nelle Province di Bolzano e Trento dove nella massima professionalità e con modalità innovative (pensate al portfolio per il bilancio delle competenze) stanno selezionando la loro dirigenza scolastica per un investimento sicuro per il futuro delle loro generazioni giovanili.

Un sistema autonomistico complesso come quello della scuola italiana necessita anche di una forte e qualificata Dirigenza Tecnica. Nel DPR 80 del 2013 si prefigurava già un corpo ispettivo che insieme ad Indire e Invalsi presidiasse i processi di miglioramento del sistema scolastico. I numerosi nuclei di valutazione esterna (NEV) coordinati dai Dirigenti Tecnici avrebbero dovuto visitare 2400 scuole entro l’anno scolastico 2017/2018, mentre ora sono solo 700 le scuole appena visitate, facendo presagire che solo nel 2034 tutte le scuole avranno il piacere di potersi confrontare con i nuclei di valutazione dell’Invalsi, vanificando in questo modo la bontà e i risultati sperati. Nessuna organizzazione seria può pensare di attivare un efficace processo di miglioramento con un ciclo di 20 anni.

Inoltre, il Decreto Legislativo 66 del 2017 prefigura, a partire dal primo gennaio del 2019, la costituzione dei GIT (Gruppi di Inclusione Territoriali) che dovrebbero essere presieduti da un Dirigente Tecnico. Ai GIT (circa 400 in tutta Italia) spetta la gestione degli organici degli insegnanti di sostegno e soprattutto l’attivazione di politiche d’inclusione territoriale di area vasta.

Quindi,  AAA… Dirigenza cercasi!!!  perché un organismo così complesso come il sistema scolastico autonomistico italiano non può essere acefalo!!!

In un periodo di grandi riforme a livello mondiale (Agenda 2030) ed europeo (Raccomandazione sulle competenze di cittadinanza del 22 maggio 2018) ed italiano (Legge 107 del 2015 per una scuola intesa come “laboratorio permanente di ricerca”) necessita una dirigenza scolastica e tecnica capace di elaborare strategie educative capaci di gestire la complessità.

Naturalmente è necessario ridefinire ruoli e funzioni di queste dirigenze.

La dirigenza scolastica per avallo della ricerca internazionale ha ripensato il suo ruolo e la proiezione attuale è verso una dirigenza per l’apprendimento e più attenta alla “vision” pedagogica come traspare anche dalle tracce assegnate al concorso, senza trascurare l’importanza dell’efficienza e dell’efficacia della managerialità.

Per la Dirigenza Tecnica è necessario avviare un’adeguata riflessione per scardinarne la funzione (ex ispettiva) incentrata sulle “patologie” e sulle disfunzioni del sistema e più indirizzata, invece, verso le innovazioni e l’implementazione delle riforme. La Raccomandazione europea del 22 maggio 2018, che possiamo ritenere una “guida didattica” per impostare una nuova ed efficace progettazione per competenze, non è stata inserita nell’ordine del giorno dei collegi docenti e non è stata neanche percepita come momento importante di riflessione da parte del MIUR e del corpo ispettivo.

A tal proposito un mio amico ispettore mi confidava “la maggior parte delle giornate le trascorriamo in tribunale”. Pertanto non serve una dirigenza tecnica per le “patologie”; questa funzione può essere delegata benissimo alla dirigenza amministrativa; serve, piuttosto, una Dirigenza Tecnica che si faccia carico della ricerca, dei processi di miglioramento per una scuola di qualità e per fungere da stimolo delle politiche di governance necessarie per un sistema scolastico “sostenibile”.

La marginalità, anche numerica del ruolo ispettivo, rende invece afasica ed asfittica una funzione che potrebbe, invece, dare un orizzonte culturale e di innovazione alla nostra scuola.

La nocchiera

Nel quinto numero della Rivista “Scuola 4 All” potranno essere letti interessanti contributi sulla dirigenza tecnica e alcuni commenti sull’esperienza del 18 ottobre. Essendo una docente che a luglio ha espletato la preselettiva per il reclutamento dei futuri dirigenti scolastici, voglio riportarvi anche le mie riflessioni.

Con molto sacrificio e intenso  studio ho superato la prova posizionandomi tra i primi, avendo ottenuto il massimo punteggio possibile. È stata una bella sfida. Non è stato semplice visto il tempo a disposizione e una famiglia da curare. Ma la voglia di dare il mio contributo alla scuola, motore di crescita e successo per l’intera Nazione, mi ha spinto a non cedere. I nostri figli saranno il nostro domani e saranno le nostre tracce in un tempo che non vedremo mai. Bisogna agire ora, la vita è qui ed ora.

Con grande impegno ho affrontato allo stesso modo la prova scritta che si è tenuta il 18 ottobre. Questa è stata una prova in cui il tempo è stato sovrano! Non mi sono mai chiesta quanto fosse il tempo ma cosa fosse. Ho sempre dato qualità al tempo che ho vissuto. Questo è il maggior insegnamento che ho ricevuto dalla vita. Una vita che mi ha visto trascorrere ogni minuto con la gioia di esserci ancora. Quindi non più minuti, ore, giorni ma vita!

Il 18 ottobre mi sono dovuta scontrare con il tempo, con la quantità del tempo! L’ossessione del tempo che manca è  ritornata prepotente. Tempo ridotto e quasi ridicolo per poter esprimere tutto ciò che avevo dentro. Ore ed ore di studio, competenze professionali acquisite, riflessioni personali e teorie organizzative, pedagogiche e psico/sociali a fondamento delle idee non hanno avuto il “tempo” di manifestarsi nella loro pienezza.

Ho svolto la prova. Credo di aver comunque espresso quanto potevo ma non ho avuto il sentore di averlo fatto come volevo! Spero sia comunque una buona prova, visto che ho risposto ai quesiti dando la mia chiave di lettura. Tuttavia, non posso esimermi dal dire ciò che ho provato e che provo ora! Il potere del tempo ha spazzato via il “volere” di esprimere tutto ciò che avrei voluto.

La sensazione è la stessa di quando si è costretti a scrivere di getto e a canalizzare tutto il proprio sapere in un tempo ridotto che ti costringe a buttare fuori contemporaneamente al ragionamento. Come assegnare un problema di matematica ad un allievo, che ha tutte le competenze per poterlo risolvere, e  dargli soltanto il tempo di riuscire a leggere e comprendere il testo. A questo si aggiunge il fatto che la prova, che da bando doveva esser nazionale, non lo è stata più.

Alla vigilia della prova scritta e precisamente alle 23 circa del 17 ottobre, curva su una scrivania in una stanza d’albergo, perché costretta ad espletare la prova a più di 100 km di distanza da casa, ho appreso della chiusura delle scuole di Cagliari per possibile alluvione. Qualche giorno prima la batosta della sentenza del TAR che ha accolto i ricorrenti che alla preselettiva avevano avuto problemi con i pc; pochissime ore prima la pugnalata della sentenza del CDS che ha accolto i ricorrenti che chiedevano di accedere alle prove scritte pur non avendo avuto un punteggio valido ai fini della graduatoria di accesso allo scritto.

Ora mi chiedo: perché ho sacrificato i miei figli, la cura della mia persona, per darmi anima e corpo in uno studio matto e disperato per raggiungere il massimo punteggio possibile per continuare il mio sogno? Perché? Possibile che adesso tutti i ricorsi che pioveranno sul Miur metteranno in serio pericolo la reale possibilità di continuare questo percorso andando a bloccare l’intero concorso? Possibile che non ci siano altre soluzioni? Perché continuare a” buttar via” soldi per tutelare i nostri interessi pur avendo fatto tutto ciò che dovevamo fare? Perché ? Perché non fermare queste assurdità e fare in modo che questo concorso possa andare avanti e che le nostre scuole non subiscano tutto questo caos.

Le scuole a settembre avranno bisogno di dirigenti competenti e non di reggenti! I nostri figli avranno bisogno di “porti sicuri” e ambienti di apprendimento reali. Confido nel fatto che presto avremo risposte concrete, che ci siano date certe per i colleghi in attesa, che la nostra  voce, la voce degli insegnanti che ancora ci credono, credono in un sogno, credono nel fatto che si possa ancora intervenire affinché il sogno continui, affinché i propri diritti vengano tutelati, venga ascoltata.

Ispettore scolastico

Identità e ruolo dell’ispettore

Rosario Drago, ispettore tecnico dell’Istruzione e consigliere Miur, afferma… “C’erano una volta gli ispettori”. Praticamente una “Lapide”, un ricordo. Nel 1990 erano circa 625, nel 2001 circa 440 e attualmente 191 in organico. Fino a tre anni fa quelli effettivamente in servizio presso le sedi regionali non superavano la quarantina.

Poi è giunto il Concorso del 2008 con il reclutamento  di 49 ispettori, ma il numero è calato di anno in anno. Rispetto agli altri stati europei è drasticamente diminuito la rilevanza del corpo ispettivo nella realtà e immagine della scuola. Il compito degli ispettori è di valutare il sistema nella sua complessità e dei soggetti che la compongono come dirigenza scolastica.

La stima del numero di ispettori che necessita il nostro sistema scuola andrebbe da 350 a 450 unità rispetto a quelli ad oggi realmente in servizio. Tutto ciò desta preoccupazione secondo l’ottica di attenzione mostrata per la culture organizzative  basate sull’efficacia e l’efficienza dell’azione della scuola e dell’Amministrazione scolastica e del perfezionamento del Sistema Nazionale di Valutazione.

L’ispettore, oltre a restituire, i risultati della valutazione, assume la figura di “consulente, consigliere e sostegno per le scuole”. Una funzione che ammorbidisce la visione di controllo e valutazione per esaltarne la posizione di coinvolgimento “critico”.

Anche Ettore Acerra, coordinatore nazionale degli Ispettori, facendo riferimento al DM 753/2014 ha inquadrato la situazione attuale della funzione ispettiva sottolineando l’importanza del coordinamento con altre strutture, tecniche – centrali e periferiche, ai fini della formazione e di un’attività non dispersiva, ma efficace nel consigliare gli obiettivi più rilevanti.

Gli ispettori hanno la funzione di supportare il miglioramento delle scuole attraverso le funzioni che prevalentemente svolgono:

  • valutazione esterna delle scuole,
  • valutazione dirigenti scolastici,
  • consulenza tecnica per il Ministero.

La Ministra dell’Istruzione uscente Valeria Fedeli  ha sottolineato l’importanza per il MIUR di farsi supportare da un Rapporto annuale riguardo  alla valutazione delle scuole, inoltre  ha ritenuto molto significativo l’emanazione di un nuovo Atto di indirizzo nella prospettiva di rinnovare la funzione ispettiva, volta non solo a valutare, ma anche ad accompagnare, sul piano culturale  e tecnico-scientifico i processi di cambiamento presenti nella società odierna e la necessità di formazione.

La funzione ispettiva e il suo ruolo nella realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche ed educative

A distanza di otto anni dall’Atto di indirizzo per la funzione ispettiva D.M. n. 60 del 23 luglio 2010, il Ministro della Pubblica Istruzione ha emanato il nuovo Atto di Indirizzo per l’esercizio della funzione ispettiva tecnica con il D.M. n. 1047 in data 28 dicembre 2017.

Con questo nuovo D.M., la funzione ispettiva tecnica amplia le proprie modalità di esercizio e contribuisce alle attività di formazione nell’ambito del SNV, assicura il coordinamento dei nuclei di valutazione per scuole e dirigenti scolastici, offre supporto tecnico, assistenza, consulenza e formazione alle scuole nel processo di attuazione dell’autonomia scolastica, e sui temi dello sviluppo dei curricoli, della progettazione didattica, delle metodologie, della valutazione, nella realizzazione e nel monitoraggio delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, la consulenza, il supporto e l’intervento relativi alle richieste provenienti dal territorio, dalle famiglie e dalle associazioni di genitori in ordine, in particolare, alle problematiche degli alunni al fine di perseguire uguaglianza ed equità di opportunità.

Opportunamente collocati all’interno del quadro normativo in modo da garantirne la legittimità e la rispondenza alle finalità del sistema nazionale di istruzione, collabora per la formazione in servizio del personale della scuola e l’efficace attuazione nelle scuole delle misure previste nel PNSD e nel PON “Per la Scuola”, per la predisposizione delle prove d’esame conclusive del secondo ciclo di istruzione, l’assistenza alle scuole e la vigilanza in occasione degli esami di Stato, il monitoraggio, il controllo e la verifica dei requisiti delle scuole paritarie.

Secondo la nota di trasmissione MIUR dell’11 aprile 2018, il nuovo atto di indirizzo intensifica il ruolo della funzione dirigenziale tecnica nei processi di attuazione del Sistema nazionale di valutazione e avvalora il ruolo centrale della funzione ispettiva tecnica nell’azione di supporto all’attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

La funzione ispettiva tecnica è esercitata dai Dirigenti Tecnici su tutto il territorio nazionale e nelle scuole ed istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado statali e paritarie, italiane nel territorio nazionale e all’estero “ai sensi del Decreto Interministeriale n. 4716 del 23 luglio 2009, nelle Scuole Europee, ai sensi della legge 6 marzo 1996, n. 151 nonché, ove richiesto ed in presenza di specifiche intese e convenzioni, protocolli, negli organismi europei, internazionali e sovranazionali.

Le linee-guida per l’ispettore emanate con la Direttiva sull’attività d’ispezione 2 luglio 2002 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, corroborate dalla Legge “Milleproroghe” del 26 febbraio 2011 n. 10, art. 2, garantiscono l’autonomia di giudizio e l’imparzialità.

In coerenza con il decreto ministeriale 26 settembre 2014, n. 753, “Individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale dell’Amministrazione centrale del MIUR”  art. 3, comma 2, i dirigenti con funzione ispettiva tecnica collaborano con il Ministro per la formulazione delle prove concernenti gli esami di Stato e svolgono i loro compiti offrendo sostegno alla progettazione e al supporto dei processi formativi; supporto al processo di valutazione e autovalutazione; supporto tecnico-didattico-pedagogico; svolgono funzione ispettiva anche con riferimento ai fenomeni del bullismo, delle devianze giovanili, dell’assiduità della frequenza e della continuità delle prestazioni da parte dei docenti e dei dirigenti scolastici, supporto tecnico-scientifico per le tematiche ed i processi definiti dall’Amministrazione. Con atto di indirizzo del Ministro sono determinate le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica.

Il ruolo del Dirigente Tecnico nel Nucleo Esterno di Valutazione

Dirigente Tecnico

La valutazione esterna delle scuole, si inserisce nell’ampio contesto normativo relativo all’emanazione del D.P.R. 80/2013 – “Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione in materia d’istruzione e formazione”. Il procedimento di valutazione dell’Istituzione Scolastica si esprime attraverso quattro fasi:

  • il Rapporto di autovalutazione (RAV), dove vengono espressi i punti di forza e di debolezza,
  • la valutazione esterna condotta dal Nucleo Esterno di Valutazione,
  • la realizzazione delle azioni di miglioramento (PDM) e
  • la Rendicontazione sociale come diffusione dei risultati raggiunti.

Il Nucleo Esterno di Valutazione è composto da tre membri: un Dirigente Tecnico del Miur e due esperti, reclutati dall’Invalsi, che provengono dal mondo interno ed esterno alla scuola. La diversità di questi tre profili ha l’obiettivo di assicurare differenti punti di vista, durante il processo valutativo, permettendone un proficuo confronto. Il Dirigente Tecnico, in virtù del suo profilo istituzionale garantisce la legittimità del percorso valutativo, coordina il Nucleo, mantiene i contatti con l’Istituzione Scolastica e gestisce gli aspetti del procedimento valutativo garantendone l’uniformità.

Il Dirigente Tecnico assicura una competenza specifica, oltre che sugli aspetti giuridici e normativi, anche per gli ambiti culturali e pedagogici. Le visite del Nucleo Esterno di Valutazione si svolgono solitamente in tre giorni. Il Dirigente Tecnico preannuncia al Dirigente Scolastico il calendario delle operazioni ed elenca i documenti che dovranno essere inviati, tramite mail, ad ogni membro del Nucleo oltre che, essere messi a disposizione in formato cartaceo, durante la visita in loco.

Il Dirigente Tecnico fornisce all’ Istituto uno schema di visita dove verranno indicati i nominativi delle persone da intervistare scelti tra docenti, alunni e genitori, una sinossi sugli scopi della valutazione esterna da parte di Indire e Invalsi, un elenco degli argomenti soggetti ad indagine, un documento per le famiglie che spiega lo scopo della valutazione e un’informativa sul rispetto della privacy.

Al termine della visita vi sarà una riunione conclusiva, dove il Dirigente Tecnico comunicherà le impressioni generali esclusivamente al Dirigente Scolastico e al suo staff. Il Nucleo esterno di valutazione, infine, redigerà un Rapporto di Valutazione Esterna che invierà alla scuola dove saranno espressi i giudizi su ogni area oggetto di valutazione. Dopo tale invio, il Dirigente Tecnico ritornerà nell’Istituto preso in esame, per attivare un confronto relativo al report, in un clima di cooperazione e collaborazione reciproca.

Tale momento rappresenta un raccordo molto importante tra la fase diagnostica precedente della valutazione esterna e l’individuazione degli obiettivi nel Piano di Miglioramento. In questo incontro il Dirigente Tecnico pone grande attenzione ad argomentare sufficientemente i giudizi di valutazione esterna che sono apparsi molto distanti dai giudizi di autovalutazione, consigliando buone pratiche utilizzate in altri contesti o rifacendosi a casi con criticità simili che sono stati superati con successo.

Nella stesura del Rapporto di Valutazione Esterna, il ruolo del Dirigente Tecnico e degli esperti, assume fondamentale importanza dal punto di vista non solo tecnico e formativo, ma anche amministrativo. Infatti, il Servizio Nazionale di Valutazione fornisce i risultati della valutazione della scuola anche ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali, che ne potranno tenere conto ai fini della valutazione dei Dirigenti Scolastici ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. 165/2001.

Ispettori Miur

Ruolo dell’ispettore tecnico in merito a programmi scolastici, sussidi didattici e tecnologie educative

Quando si parla di ispettori scolastici subito ci ritorna alla mente l’immagine di burocrati occhialuti e critici alle dipendenze del MIUR, pronti al controllo e alla censura. L’ispettore tecnico può essere anche questo, ma in realtà è molto di più. È  una figura fondamentale nell’ordinamento scolastico, prevista già fin dalla Legge Daneo Credaro del 1911, a cui oltre al ruolo amministrativo e di controllo era affidata anche la funzione didattica, benché riferita a programmi scolastici ministeriali e prescrittivi.

Con i Decreti Delegati nasce un nuovo profilo di ispettore non più percepito come censore ma di sostegno e di aiuto alle scuole ed alla stessa amministrazione, in funzione della democratizzazione tanto auspicata negli anni 70.

All’art. 4 della  L. 417/1974, poi trasfuso nell’art. 397 del TU 297/94 si legge che gli ispettori “contribuiscono a promuovere e coordinare le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado; formulano proposte e pareri in merito ai programmi di insegnamento e di esame e al loro adeguamento, all’impiego dei sussidi didattici e delle tecnologie di apprendimento, nonché alle iniziative di sperimentazione di cui curano il coordinamento; possono essere sentiti dai consigli scolastici provinciali in relazione alla loro funzione; svolgono attività di assistenza tecnico-didattica a favore delle istituzioni scolastiche ed attendono alle ispezioni disposte dal Ministero della pubblica istruzione, dal sovrintendente scolastico regionale o dal provveditore agli studi; prestano la propria assistenza e collaborazione nelle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente nell’ambito del circolo didattico, dell’istituto, del distretto, regionale e nazionale”.

Attualmente le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica sono determinate, ai sensi del combinato disposto dell’Atto di indirizzo per l’esercizio della funzione ispettiva tecnica, il D.M. n. 60 del 23.07.2010, dell’art. 9 del D.P.C.M. n. 98 del 2014 e dell’art. 3, comma 2, del D.M. n. 753 del 2014.

Il nuovo Atto di indirizzo, emanato dal MIUR mediante il D.M. n. 1046 del 28 dicembre 2017, come specifica in sintesi la nota di trasmissione datata 11.04.2018, pur rafforzando il ruolo ispettivo nei processi di attuazione del Sistema Nazionale di Valutazione  “conferma la centralità della funzione ispettiva tecnica nell’azione di supporto all’attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”. E non potrebbe essere altrimenti.

In un contesto sociale ed economico in continua evoluzione e cambiamento, in cui la scuola cessa di essere l’unica agenzia educativa ma deve tener conto ed integrarsi con tutte le altre agenzie educative extrascolastiche e con le esigenze del territorio, i saperi tradizionali perdono la loro valenza e funzione formativa. Infatti non basta più apprendere contenuti una volta per tutte, in quanto questi sono continuamente messi in discussione e superati da nuovi saperi, in un mondo in cui tecnologie e nuove scoperte rimpiazzano continuamente quelli già acquisiti.

Allora diventa necessario non più formare individui in base a programmi stabiliti e prescrittivi a cui tutti devono attenersi, ma operare una rivoluzione copernicana che metta al centro dell’azione educativa e didattica il singolo studente in grado di apprendere. Questa volta non più nozioni, ma la capacità di far fronte ai repentini cambiamenti imposti dal mondo moderno, la competenza di “imparare ad imparare”.

A tutto ciò bisogna aggiungere tutti i problemi ancora irrisolti  che gravitano attorno all’istituzione scolastica quali i temi dell’emergenza educativa, del bullismo, del cyberbullismo e della violenza, mentre appare sempre più pressante l’esigenza di riconoscimento e valorizzazione delle identità e dei ruoli professionali interni al sistema educativo e scolastico.

Per far fronte alla complessità individuale e sociale sopra delineata, a partire dagli anni ’90 la scuola si è organizzata diventando un sistema complesso ed autonomo in cui tutte le sue componenti lavorano in sinergia per realizzare il fine ultimo che è il successo formativo del singolo alunno.

Nuovi cambiamenti sono stati apportati negli ultimi anni, oltre che dall’Autonomia scolastica, dalla L. 10/2011 che ha avviato il Sistema Nazionale di Valutazione e dalla L. 107/2015 che insieme ai suoi Decreti attuativi ha introdotto nel sistema scuola snodi tematici ed operativi quali l’autonomia scolastica incentrata in modo particolare sull’innovazione digitale, sulla didattica laboratoriale e sull’alternanza scuola-lavoro. Ma ha posto l’attenzione anche all’organico dell’autonomia, al miglioramento e al merito, ad un nuovo profilo di Dirigente nonché alla formazione e all’aggiornamento professionale obbligatorio.

Riguardo ai programmi scolastici, non più fissi e prescrittivi, ma Indicazioni Nazionali in cui vengono delineati obiettivi generali e linee guida  da sviluppare in autonomia dalle singole istituzioni scolastiche, gli ispettori forniscono consulenze principalmente per quanto riguarda la loro attinenza alle scelte educative e didattiche contenute nel PTOF e in linea con gli obiettivi del Piano di Miglioramento e con la progettualità sempre in esso contenuti. Essi inoltre offrono consulenza alla costruzione dei curriculi e guidano all’innovazione didattica e tecnologica fornendo supporto e aggiornamento per l’acquisizione da parte di docenti e dirigenti di nuove competenze riguardanti l’uso di nuove tecnologie e sussidi didattici.

In tale contesto il corpo ispettivo è chiamato ad operare sull’ineludibile e vitale esigenza del miglioramento della qualità del sistema  formativo in un imprescindibile confronto europeo. Si tratta di funzioni e compiti di tutto rilievo dalle quali emerge il profilo di un professionista dotato prima di tutto di buona cultura, con ottime conoscenze e competenze psicopedagogiche, con una assoluta padronanza delle discipline  di insegnamento, della lingua inglese, dei sistemi europei e dei sistemi informatici.

Esso deve essere composto da soggetti altamente qualificati che orientano sul piano tecnico-scientifico le comunità scolastiche nel loro percorso di studi, di operatività e di ricerca, mettendo a disposizione le basi scientifiche dei processi di valutazione.

In una scuola costruita attorno alla persona del docente e dell’alunno, l’ispettore deve saper riformare producendo idee capaci di muovere e orientare chi  insegna o dirige nella scuola. A tal fine diventa fondamentale che esso abbia una solida esperienza di insegnamento alle spalle e che continui ad essere aperto a quei docenti che dimostrano preparazione scientifica e culturale.

Il buon ispettore, infine, non sostanzia il suo agire con il potere deterrente e nemmeno, in senso stretto, dirigente. Non ordina, ma sa persuadere, poiché insegnanti e dirigenti riconoscono la sua credibilità umana, culturale, professionale e scientifica.

La funzione ispettiva e il ruolo di collaborazione con gli uffici centrali, regionali e provinciali dell’Amministrazione scolastica

Prima del 1974 (dei cosiddetti decreti delegati) esistevano due distinte figure d’ispettore: l’ispettore scolastico e l’ispettore ministeriale. Il primo si occupava della scuola elementare e dirigeva un ufficio intermedio tra il provveditorato agli studi e le direzioni didattiche, per l’appunto denominato ispettorato, aveva compiti di vigilanza sulle scuole elementari ma anche di tipo amministrativo, per esempio nominava i supplenti. Il secondo si occupava dell’istruzione secondaria, svolgeva attività di consulenza per il ministero, comprese le ispezioni, e i ruoli erano assegnati per competenza disciplinare (materie letterarie, scientifiche, ecc.).

Con i decreti delegati l’ispettore scolastico e quello ministeriale confluirono nel nuovo ruolo degli ispettori tecnici. Furono definiti i compiti che possono ricondursi a tre grandi settori:

  • coordinamento dell’aggiornamento e della sperimentazione (promozione in materia di aggiornamento, sperimentazione, ecc.),
  • consulenza e assistenza tecnica alle scuole, agli organi centrali e periferici dell’amministrazione e
  • accertamento (realizzazione delle ispezioni disposte).

Sono questi i compiti tuttora previsti dal D. Lgs. 297/1994 che hanno sancito la duplice natura della funzione ispettiva tecnica: quella promozionale e quella di controllo.

L’accesso al ruolo ispettivo fu regolato per legge da un rigoroso concorso (tre prove scritte e una orale) al quale potevano accedere il personale direttivo della scuola o docenti con almeno 9 anni di servizio. Altri decreti cercarono di garantire un minimo assetto organizzativo nazionale con la creazione di organi collegiali ispettivi centrali e periferici i quali, però, non trovarono quasi mai una realizzazione pratica.

La funzione ispettiva si svolge in collaborazione con gli uffici centrali, regionali dell’amministrazione scolastica ed è diretta alla realizzazione delle finalità d’istruzione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche e educative. Essa è esercitata da ispettori tecnici che, più in particolare, svolgono i seguenti compiti:

  • elaborazione di progetti per attuare gli obiettivi indicati dal ministro in materia di politica scolastica;
  • consulenza in merito a programmi scolastici, sussidi didattici e tecnologie educative;
  • promozione delle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado;
  • assistenza tecnico-didattica, studio e ricerca, consulenza sui progetti di sperimentazione;
  • verifiche e ispezioni concernentispecifiche situazioni disposte dal ministro e dagli uffici dell’amministrazione scolastica.

Al termine di ogni anno scolastico, al corpo ispettivo dovrebbe essere richiesta dagli uffici scolastici regionali una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei relativi servizi, strumento utile all’amministrazione scolastica per pensare e per proporre nuovi indirizzi politici riguardanti l’offerta educativa territoriale delle scuole.

Quali sono i nodi problematici della funzione ispettiva?

I dirigenti con funzioni tecniche sono dirigenti tout court o no? Quali sono i loro compiti? Come conciliare la dirigenza con le funzioni tecniche e con i compiti previsti dal D. Lgs. 297/1994? La struttura organizzativa del Servizio ispettivo ha ancora una sua validità? Come conciliare l’indipendenza e l’autonomia professionale connesse alla funzione ispettiva con la dipendenza gerarchica dai direttori regionali?

Tali interrogativi cui l’amministrazione centrale ha dato risposte del tutto provvisorie, nonché contraddittorie, sollecitano un ripensamento della funzione ispettiva, ma non solo questo. Ci sono ragioni di ordine e di rilievo più generale. L’autonomia delle scuole va inserita in un sistema che sia in grado di assicurare l’esercizio effettivo e non distorto di essa e un servizio ispettivo indipendente è, come del resto raccomandato dall’OCSE, una delle condizioni di tale sistema, tanto più che le scuole rischiano di essere alla mercé di due contrapposte tendenze.

Da un lato, vi è il pericolo di un nuovo centralismo, già insito nella normativa vigente e che, se realizzato appieno, trasformerebbe gli uffici scolastici regionali in una sorta di super provveditorati con poteri più estesi e pervasivi. Dall’altro, c’è il rischio che un malinteso federalismo porti a pesanti ingerenze localistiche nella vita delle scuole e determini profonde spaccature e ineguaglianze tra aree geografiche del Paese e nel suo tessuto sociale e culturale.

Se si parte dal presupposto che la funzione ispettiva tecnica sia uno tra gli elementi essenziali di un equilibrato sistema di governo dell’istruzione, che s’ispiri ai principi di libertà didattica, democrazia, pluralismo, sussidiarietà e federalismo, allora la questione del rilancio di tale funzione diviene centrale.

Il supporto tecnico-didattico alle scuole e le azioni di consulenza degli ispettori

La funzione ispettiva concorre alla realizzazione delle finalità di educazione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Essa è esercitata da dirigenti tecnici (ispettori) che sono collocati, a livello centrale, in posizione di dipendenza funzionale dal capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione e, a livello periferico, dai dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali (DPCM n.98/2014). Tra le aree di intervento all’interno delle quali gli ispettori operano figurano le azioni di supporto tecnico-didattico alle scuole e di studio, ricerca e consulenza sui progetti di sperimentazione all’amministrazione centrale. Di tali attività, il Ministro detta le modalità operative con apposito atto di indirizzo (DM n. 753/2014).

Per quanto riguarda il ruolo di assistenza tecnico-didattica alle scuole, gli ispettori riportano le novità in arrivo, chiarendone misure e procedure attuative. Contemporaneamente, essi  raccolgono esigenze ed aspirazioni locali che riportano all’Amministrazione centrale per le scelte di competenza. La  funzione di consulenza, particolarmente significativa perché derivante da contatti diretti e concreti con le scuole ispezionate, prevedeva in passato una differenza di ruolo tra gli Ispettori centrali e quelli periferici.

La legge 517/89 ha eliminato questa distinzione, ma l’Amministrazione continua ad assegnare parte degli ispettori in servizio ai propri uffici ministeriali ed altri agli uffici scolastici periferici. Attualmente, sono previsti 30 posti per tale funzione (ispettori consulenti), ma solo 21 vengono effettivamente utilizzati. De Grauwe (2007) parla, al riguardo,  di “funzione di collegamento” tra il vertice del sistema di istruzione (che detta norme e regole) e le istituzioni scolastiche (presso cui l’educazione si realizza).

Le relazioni annuali che molti Ispettorati pubblicano sull’educazione sono un esempio di tale ruolo finalizzato ad un proficuo adeguamento delle politiche scolastiche nell’ottica del miglioramento del sistema. Fra le attività di consulenza degli ispettori figurano la predisposizione delle prove scritte per gli esami di Stato, la vigilanza sullo svolgimento delle stesse, il supporto all’Amministrazione nella predisposizione della normativa scolastica, la messa a punto dei piani di studio per le scuole, l’individuazione di nuovi indirizzi, la conduzione di sperimentazioni nazionali.

E’ stato rilevato che la funzione ispettiva  di supporto alle scuole potrebbe essere in contrasto rispetto a quella di controllo e di valutazione che il corpo ispettivo esercita a livello istituzionale. La prima andrebbe ad intaccare il lato severo del venir valutati attraverso visite e controlli. C’è, tuttavia, chi oppone a tale rischio l’idea dell’ ispettore “amico critico” in funzione della crescita e dell’ incremento qualitativo del servizio educativo. La ricerca, lo studio e la sperimentazione, difatti, sono da sempre alla base dello sviluppo e dell’innovazione oltre che strumenti di efficacia ed efficienza operative.

Il sistema scolastico, che soddisfa le istanze socio-culturali ed economiche in continua evoluzione, fa leva su processi continui di riflessione e stimolo alla individuazione di procedure sempre più adeguate. In tale contesto si pone la funzione ispettiva affinché le istituzioni scolastiche possano mantenere i propri standard aggiornati ed elevati in funzione delle previste finalità educative il cui conseguimento mette alla prova le loro autonome capacità esecutive.

Dirigente ispettore

Il ruolo dell’ispettore tecnico nelle verifiche e ispezioni concernenti specifiche situazioni disposte dal Ministro e dagli uffici dell’Amministrazione scolastica

La funzione tecnico-ispettiva concorre – secondo l’Atto di Indirizzo emanato con D.M. n. 60 del 23 luglio 2010 e nel quadro delle norme sull’istruzione – alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche ed educative. Essa si svolge in collaborazione con gli uffici centrali, regionali e provinciali dell’Amministrazione scolastica ed è diretta alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche ed educative.

Il quadro normativo di riferimento, oltre al citato DM 60/2010, comprende le seguenti disposizioni: D. Lgs. 16/4/1994, n. 297 (art. 397: Funzione ispettiva; art. 419: Ruolo degli ispettori tecnici; art. 285: Consulenza tecnico-scientifica); Direttiva PCM 2/7/2002 Attività d’ispezione; DM 29/12/2009 (art. 4: Dirigenti con funzioni tecnico-ispettive); DPCM 11/2/2014, n. 98 (art. 9: Corpo ispettivo); DPR 28/3/2013, n. 80 (art. 5: Contingente ispettivo nel SNV).

La funzione tecnico-ispettiva è esercitata da ispettori tecnici che, più in particolare, svolgono i seguenti compiti:

  • elaborazione di progetti per attuare gli obiettivi indicati dal ministro in materia di politica scolastica;
  • consulenza in merito a programmi scolastici, sussidi didattici e tecnologie educative;
  • promozione delle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado;
  • attività di assistenza tecnico-didattica, studio e ricerca e consulenza sui progetti di sperimentazione;
  • verifiche e ispezioni concernenti specifiche situazioni disposte dal Ministro e dagli uffici dell’Amministrazione scolastica.

Al termine di ogni anno scolastico il corpo ispettivo redige una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei relativi servizi.

Attività di verifica e vigilanza

In particolare, le attività di verifica e di ispezione costituiscono un fondamentale momento di integrazione del sistema, nonché uno strumento per il perfezionamento dell’azione dei singoli e delle organizzazioni.

Le attività previste sono le seguenti:

  • visite ispettive disposte dal Direttore Generale dell’USR e dall’Amministrazione Centrale;
  • vigilanza sugli esami di stato conclusivi del 1° e 2° ciclo;
  • verifiche sul funzionamento delle scuole paritarie;
  • partecipazione alla Commissione Medica di Verifica;
  • verifica dei requisiti delle sezioni “Primavera” con ispezioni a campione;
  • vigilanza sui corsi di differenziazione didattica secondo il metodo Montessori.

Visite ispettive disposte dal Direttore Generale dell’USR o dall’Amministrazione Centrale

Le visite vengono assegnate, di norma, in relazione alle aree tematiche e/o al settore di competenza di ciascun ispettore o – qualora ciò non sia possibile – a rotazione, in modo da assicurare un’equa ripartizione dei carichi di lavoro e salvaguardare l’opportunità degli interventi sul territorio, secondo le indicazioni fornite più avanti.

Verifiche sul funzionamento delle scuole paritarie

Accanto agli accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti previsti per il riconoscimento e il mantenimento della parità (punti 4.1 e 5.7 del D.M. 10/10/2008, n. 83), sono previste specifiche azioni di monitoraggio del regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche paritarie, con particolare riferimento allo svolgimento degli esami di idoneità e, nell’ambito della più generale attività di vigilanza di cui al punto successivo, degli esami di stato, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 152 della legge 13/07/2015, n. 107. Anche per le scuole non paritarie sono previsti accertamenti ispettivi, finalizzati all’inclusione e mantenimento nell’apposito elenco regionale (punto 1.5 del D.M. 10/10/2008, n. 83). Le azioni e gli accertamenti di cui al presente punto sono effettuati normalmente in relazione al settore di competenza.

Vigilanza sugli Esami di Stato conclusivi del 1° e del 2° ciclo

La sessione degli esami di stato, del 1° e del 2° ciclo, vede impegnati i dirigenti tecnici, in relazione al settore di competenza, in un’azione di vigilanza e supporto ai presidenti e ai membri delle commissioni d’esame, ed è preceduta da sessioni di attività di formazione previste nell’ambito delle attività di sviluppo della tematica di cui al successivo punto (valutazione degli alunni e del sistema formativo).

Visite ispettive

A tale riguardo, i Dirigenti degli Uffici Scolastici Territoriali, di concerto con i Dirigenti tecnici incaricati di svolgere attività di consulenza e supporto nel territorio, possono contribuire a raffreddare precocemente conflitti e risolvere criticità. Gli accertamenti ispettivi costituiscono uno strumento di ausilio tecnico a supporto dell’attività dell’Amministrazione e sono organizzati come di seguito.

a. Richiesta di accertamento ispettivo

Nel caso in cui si reputi necessario attivare un’indagine ispettiva, i dirigenti scolastici inviano un’apposita richiesta al Coordinamento del Servizio Ispettivo per il tramite del dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di competenza che provvede ad una prima istruttoria degli atti e a una prima valutazione del caso. Solo ove effettivamente necessario, e comunque nel caso di documentate problematiche inerenti al profilo didattico e/o relazionale, il dirigente dell’UST avanza richiesta di accertamento ispettivo al Direttore Generale trasmettendo gli atti al Coordinatore del Servizio Ispettivo per un accertamento tecnico mirato, unitamente ad una relazione informativa dei fatti e agli gli allegati ritenuti necessari, oltre che ad una personale valutazione del caso. Di norma non si dà corso a indagini ispettive per fatti sanzionabili disciplinarmente, in quanto la gestione degli stessi è in capo al dirigente scolastico o all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari a seconda della gravità dei fatti medesimi.

b. Conferimento dell’incarico ispettivo e relativo svolgimento

Il Direttore Generale, sulla base delle valutazioni formulate dal Coordinatore del Servizio Ispettivo e di quelle trasmesse dal Dirigente dell’UST, valuta l’opportunità di disporre un incarico ispettivo. Il Dirigente tecnico incaricato può chiedere al Direttore Generale, previo parere del Coordinatore del Servizio Ispettivo, di avvalersi delle collaborazioni di personale della scuola o amministrativo fornito di specifiche competenze in relazione alla natura dell’incarico. Apposita comunicazione di avvio dell’accertamento è notificata – a cura del Coordinatore del Servizio Ispettivo – contestualmente a tutti i soggetti interessati.  Il Dirigente tecnico incaricato conclude l’accertamento e produce la relazione ispettiva di norma nel termine di 30 giorni dal conferimento dell’incarico stesso, salvo diversa disposizione contenuta nell’atto di conferimento. Eventuali proroghe che in caso di necessità dovessero essere richieste sono autorizzate, previa istruttoria del predetto Coordinatore, dal Direttore Generale e non eccedono di norma i 90 giorni dal conferimento dell’incarico.

c. Conclusione dell’incarico ispettivo

Il Coordinatore del Servizio Ispettivo cura il monitoraggio, la documentazione e l’archiviazione delle situazioni sottoposte ad indagine ispettiva. A conclusione dell’accertamento ispettivo, il Dirigente tecnico incaricato trasmette, in riservata originale, relazione con esauriente analisi dei fatti, siglata su tutte le pagine e completa dei necessari allegati, agli Uffici indicati nella lettera di incarico e al Coordinatore del Servizio Ispettivo.

d. Proposte tecniche dei Dirigenti incaricati di accertamento ispettivo

Le relazioni ispettive esplicitano nelle conclusioni le proposte tecniche degli eventuali interventi da mettere in atto o provvedimenti da assumere. Ove le proposte riguardino l’avvio di procedimenti disciplinari, esse non si configurano quale tipologia di sanzione da irrogare considerato che, come noto, i procedimenti disciplinari necessitano di ulteriore attività istruttoria in contraddittorio con gli interessati. Per quanto concerne i casi nei quali emergano comportamenti di rilevanza disciplinare in capo a personale docente o Ata delle Istituzioni scolastiche, va ricordato che l’art. 3 del D.M. 912 del 18 dicembre 2014 prevede che la gestione dei procedimenti disciplinari di pertinenza dell’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari (cfr. art. 55 bis, comma 4 D. Lgs. 165/2001) è tra le funzioni assegnate agli Uffici Scolastici Territoriali, mentre per i dirigenti scolastici la competenza è dell’Ufficio disciplinare presso l’USR.

e. Provvedimenti amministrativi in esito ad accertamenti ispettivi

I Dirigenti gli Uffici Scolastici Territoriali sono tenuti, all’esito della visita ispettiva, ad assumere eventuali provvedimenti amministrativi – che non rientrano nell’ambito delle procedure disciplinari – relativi a:

  • personale comparto scuola del territorio di pertinenza (ad esclusione dei Dirigenti scolastici);
  • personale comparto ministeri dell’Ufficio Scolastico Territoriale di pertinenza.

Rimangono in capo al Direttore Generale eventuali provvedimenti amministrativi all’esito di visita ispettiva, relativi a:

  • Dirigenti scolastici (area V);
  • ritiro del “Decreto di parità scolastica” di cui alla legge 62/2000.

Ricevute le relazioni ispettive, gli Uffici competenti si attivano tempestivamente per l’adozione dei provvedimenti consequenziali. I provvedimenti assunti devono essere trasmessi, oltre che ai destinatari, anche al Coordinatore del Servizio Ispettivo per consentire l’archiviazione della pratica, e, per conoscenza, ai Dirigenti tecnici interessati. La comunicazione riguarda altresì gli esiti dell’eventuale contenzioso.

Ove ad esito della visita ispettiva non si reputi di assumere alcun provvedimento amministrativo, occorre comunque che i Dirigenti di cui sopra, nell’ambito delle competenze elencate, attestino la chiusura del procedimento amministrativo avviato con il conferimento di incarico ispettivo, dichiarando essere l’ispezione senza esito amministrativo e dandone comunicazione al Coordinatore del Servizio Ispettivo e ai Dirigenti tecnici interessati.

f. Incarichi ispettivi riguardanti scuole paritarie, non paritarie e scuole straniere

Gli accertamenti ispettivi riguardanti le Scuole non statali (scuole paritarie, scuole non paritarie iscritte nei relativi elenchi regionali, attività di insegnamento gestite da Enti stranieri in Italia) sono effettuati in relazione al settore di competenza degli ispettori e sono, in linea generale, riferibili alle seguenti tipologie:

  • accertamento del possesso dei requisiti previsti dalle norme di riferimento per il riconoscimento della parità scolastica, per l’iscrizione all’elenco delle scuole non paritarie o per il rilascio dell’autorizzazione o del nulla osta per le scuole straniere operanti in Italia;
  • verifica del permanere dei requisiti soggettivi ed oggettivi connessi con il precedente punto;
  • accertamenti in ordine al rispetto delle norme generali dell’istruzione, degli ordinamenti, ecc.;
  • accertamento di altre eventuali particolari situazioni non connesse agli aspetti sopra indicati.

g. Gestione delle istanze di accesso di atti connessi ad accertamenti ispettivi

Le istanze di accesso di cui alla L. 241/1990 sono gestite dagli Uffici territoriali cui la visita ispettiva si riferisce, anche per facilitare il coinvolgimento degli eventuali controinteressati. Fanno eccezione le sole istanze di accesso strumentali al diritto di difesa nei procedimenti disciplinari avviati a carico dei Dirigenti scolastici. In tal caso la competenza è in capo ad apposito Ufficio.

Si rammenta infine che, ai sensi dell’art. 3 del D.M. 10 gennaio 1996, n. 60, “in caso di incarichi ispettivi nei confronti di personale dipendente di istituzioni scolastiche o di enti vigilati, l’accesso alla relazione finale e alla documentazione in essa richiamata è consentito, limitatamente alla parte riguardante il richiedente, dopo la conclusione dei procedimenti ispettivi”.

(Le suindicate informazioni sono state tratte dalla Nota Prot. n. MIUR AOO DRLO R.U. 2859 dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia – Coordinamento Dirigenti Tecnici, del 24 febbraio 2016, avente ad oggetto “Articolazione della funzione tecnico-ispettiva – USR Lombardia”, a firma del Direttore Generale Delia Campanelli).

Dirigente tecnico e formazione

Il docente ed il personale direttivo coadiuvato dall’ispettore tecnico nella promozione delle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado

Il procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche, così come previsto dal DPR 80/2013, dalle successive DM 11/2014 e CM 47/2014, si è sviluppato attraverso precisi protocolli finalizzati a valorizzare il ruolo delle scuole nel processo di autovalutazione. In realtà già il Regolamento dell’autonomia DPR 275/1999, faceva obbligo ad ogni istituzione scolastica di rendere conto dei risultati delle proprie scelte didattico-educative e, successivamente, il D. Lgs. 286/2004 istituiva il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, l’INVALSI.

La Direttiva triennale 74/2008 ne chiariva le Aree di intervento: valutazione di sistema, valutazione delle scuole, valutazione (rilevazione) degli apprendimenti degli studenti, valutazione del personale della scuola, diffusione della cultura della valutazione. La DM 11/2014 promuoveva strategie di miglioramento sulla base di scelte interne condivise, partendo dal consolidamento dell’identità e del senso di appartenenza.

Uno dei punti chiave del nuovo sistema di valutazione è relativo al miglioramento professionale dei docenti e del personale direttivo sotto la stretta guida e l’azione costante di monitoraggio del corpo ispettivo. Nell’ultimo quinquennio la funzione ispettiva ha assunto un ruolo determinante sin da quando ai sensi del DPCM 98/2014 e del DM 753/2014 uno specifico atto di indirizzo del MIUR ha chiarito le finalità dell’esercizio di tale corpo, regolamentata più recentemente dalla DM 1046 del 28/12/2017. In essa emerge la finalità della L. 107/2015 nel voler armonizzare il ruolo del servizio ispettivo anche alle politiche dell’Unione Europea, nel sottolineare il ruolo del servizio come strumento conoscitivo, valutativo e di miglioramento delle diversità scolastiche anche grazie alla loro funzione di ricerca, formazione e consulenza.

La funzione ispettiva tecnica, svolta in ogni scuola di ogni ordine e grado, è particolarmente messa in rilievo nelle attività che caratterizzano la professione docente, soprattutto facendo chiari riferimenti alle scuole del secondo ciclo di istruzione, agli esami di stato, alla formazione in servizio del personale della scuola, al supporto tecnico per agevolare le azioni tese al perseguimento di uguaglianza e di equità di opportunità.

La Legge 107/2015 ha rafforzato la funzione del nuovo sistema ispettivo, determinandone un ruolo chiave nel potenziamento dell’autonomia scolastica, poggiata essenzialmente sulla didattica laboratoriale, sull’alternanza scuola lavoro, sulle competenze digitali, sull’organico dell’autonomia, composto da docenti di ruolo, di sostegno e di potenziamento, la cui formazione diventa strutturale, permanente, obbligatoria e finanziata, anche grazie alla carta del docente ed al rinnovato strumento delle reti (cc. 70-72 e 74).

Il Corpo ispettivo coordina le azioni dei nuclei di valutazione delle scuole, anche in applicazione della valutazione dei dirigenti scolastici avviata con la Direttiva Miur 36/2016 e con le Linee guida del 28/9/2016.

La nota Miur dell’11/4/2018 rafforza la relazione sinergica tra corpo ispettivo ed azione amministrativa centrale e territoriale e pone al centro del dibattito del nuovo sistema di valutazione anche il ruolo direttivo. I dirigenti tecnici dei Nuclei di supporto al SNV svolgono l’importante ruolo di consulenza sulle aree prioritarie scolastiche, agganciandosi in maniera coerente e con la massima puntualità agli obiettivi di miglioramento delle singole istituzioni scolastiche.

In fondo, valutare vuol dire migliorare, si traduce, quindi, nella logica di supporto alla professionalità dei docenti e dei dirigenti, nel miglioramento di formazione, istruzione, progettazione, pianificazione.  Il processo di valutazione, dunque, non si conclude con la formulazione di un giudizio o con l’attribuzione di un punteggio da pagella, piuttosto esso valida un modus operandi frutto di un processo di miglioramento continuo.

Il cambiamento migliorativo genera interventi organizzativi, gestionali, didattici e professionali che, attivati consapevolmente, valorizzano la capacità di autogoverno di ciascuna scuola, favorendone il conseguimento di obiettivi prioritari e strategici, veri indicatori di un bilancio sociale positivo, nel quale il docente cura consapevolmente il suo percorso di crescita e di apprendimento durante l’intero arco della vita, costellata da numerosi momenti di auto-realizzazione e di realizzazione dei propri studenti.

Funzione ispettiva e supporto al miglioramento: opportunità e vincoli

Le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica sono determinate, ai sensi del combinato disposto dell’art. 9 del D.P.C.M. n. 98 del 2014 e dell’art. 3, comma 2, del D.M. n. 753 del 2014 con apposito Atto di indirizzo del Ministro. Il MIUR, mediante il D.M. n. 1046 del 28 dicembre 2017, ha finalmente emanato l’Atto di indirizzo per l’esercizio della funzione ispettiva tecnica.

Il nuovo Atto di indirizzo, come specifica in sintesi, la nota di trasmissione datata 11.04. “rafforza il ruolo della funzione dirigenziale tecnica nei processi di attuazione del Sistema nazionale di valutazione e conferma la centralità della funzione ispettiva tecnica nell’azione di supporto all’attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche sottolineando, in proposito, la necessaria relazione sinergica che deve intercorrere tra l’esercizio dei compiti affidati al Corpo ispettivo e l’azione amministrativa affidata alle strutture centrali e territoriali dell’Amministrazione”.

E’ in tale logica, centrata sull’ineludibile e vitale esigenza del miglioramento della qualità del sistema formativo in un imprescindibile confronto europeo, che il Corpo ispettivo opera, sempre in posizione di dipendenza funzionale del Capo Dipartimento per l’Istruzione, per il servizio ispettivo tecnico centrale, e della dirigenza regionale, a livello periferico.

Come sottolinea il D.M. 1046/2017, “il Servizio Ispettivo Tecnico costituisce parte integrante del Sistema Nazionale di Valutazione di cui concorre a realizzare gli obiettivi, in collaborazione con gli altri soggetti individuati dal D.P.R. 80/2013”.

Le sue nuove e specifiche mansioni, pertanto, riguardano la partecipazione alla realizzazione ed allo sviluppo del SNV, secondo quanto previsto dal D.P.R. 80/2013, mediante “il coordinamento dei nuclei di valutazione delle scuole” e curando “il coordinamento dei nuclei di valutazione dei Dirigenti scolastici in applicazione della Direttiva n. 36/2016”.

I dirigenti tecnici “partecipano ai Nuclei di supporto al SNV ed ai gruppi tecnici per la valutazione costituiti presso l’Amministrazione centrale e periferica, contribuiscono alle attività di formazione nell’ambito del SNV”, assicurando “un supporto tecnico-scientifico per le tematiche ed i processi definiti dall’Amministrazione al fine di fornite consulenza sui vari aspetti riguardanti le aree prioritarie della politica scolastica”.

La funzione ispettiva costituisce, dunque,  un elemento fondamentale per il miglioramento del sistema scolastico. All’interno del sistema designato con l’acronimo SNV , il sistema di valutazione nazionale era ben bilanciato dal legislatore: vi era un sistema a tre gambe:

  • l’INVALSI, incaricato della rilevazione degli apprendimenti,
  • il contingente dei dirigenti tecnici con funzione ispettiva, incaricato di condurre la valutazione esterna delle scuole e dei dirigenti scolastici, e
  • l’INDIRE, con compiti di sostegno ai processi di miglioramento.

Il primo misurava gli esiti, il secondo valutava i processi, il terzo interveniva sulle criticità con la formazione e il supporto. Ed ecco la prima criticità: tale disegno non si è del tutto realizzato perché il DPR 80/2013 è stato emanato senza che fosse stato istituito il corpo ispettivo ed ha assegnato all’INVALSI e all’INDIRE la predisposizione degli strumenti di autovalutazione, al primo il RAV, al secondo il format per la stesura del PDM, senza renderne obbligatoria l’adozione del modello.

La valutazione esterna, affidata al contingente dei dirigenti tecnici, potendo contare su poche decine di ispettori in servizio, di fatto non si realizza. Oltretutto all’INVALSI spetta la raccolta e l’elaborazione dei dati di autovalutazione delle scuole (RAV), agli ispettori il loro utilizzo a fini valutativi e per giunta resta non risolta la funzione di supporto e di formazione che il disegno iniziale affidava all’INDIRE, il quale non è al momento strutturato per svolgerla pienamente.

Appare evidente che ci sarebbe bisogno di una maggiore armonizzazione fra i soggetti coinvolti nella valutazione di sistema perché misurare va bene, valutare anche ma il fine ultimo è il superamento delle criticità ed il miglioramento dell’efficacia delle scuole, altrimenti le raccomandazioni ministeriali resteranno mere enunciazioni di principio.

Il corpo ispettivo, privo di stato giuridico, al momento opera fra la collaborazione con INVALSI e l’applicazione delle direttive ministeriali. L’auto-valutazione è utile per sensibilizzare e coinvolgere, ma non può sostituire la valutazione esterna. Anzi, senza di essa, rischia di diventare fuorviante per il sistema e per le stesse scuole.

Oggi le scuole autonome devono essere accompagnate e sorrette dalla valutazione esterna affinché le norme si traducano in reali opportunità di miglioramento e non in vincoli e ulteriori pastoie burocratiche di cui la scuola del terzo millennio non ha proprio bisogno.

Ispettore

Il ruolo dell’ispettore tecnico nell’elaborazione di progetti per attuare gli obiettivi indicati dal Ministro in materia di politica scolastica

L’ispettore, figura centrale nella scuola, nella tradizione è visto più come il censore che non come, invece, l’occhio critico di aiuto e sostegno al nuovo e moderno concetto di scuola. Nell’art. 4 del Dpr 417/74 relativo alla funzione ispettiva si legge che: gli ispettori contribuiscono a promuovere e coordinare le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado; formulano proposte e pareri in merito ai programmi di insegnamento e agli esami, alle metodologie di sperimentazione di cui curano il coordinamento; possono essere sentiti dai consigli scolastici provinciali in relazione alla loro funzione; svolgono attività di assistenza tecnico-didattica delle scuole ed attendono alle ispezioni disposte dal Ministero; svolgono anche attività di studio, ricerca e consulenza tecnica per il Ministro.

Come si evince dal su citato Dpr si tratta di una figura con compiti e funzioni importanti, di spessore, di un profilo professionale che abbia conoscenze, competenze e dimestichezza con le problematiche inerenti la scuola in particolare con le problematiche educative e psico-pedagogiche oltre che supportato da un ottimo sostrato culturale. I tempi sono, ormai, più che maturi per ridefinire la funzione ispettivo-tecnica, in un contesto di autonomia delle istituzioni scolastiche, di avvio del Sistema Nazionale di Valutazione, di innovazioni introdotte dalla Legge 107 del 2015.

E possiamo affermare che, in questo senso,  il DM n. 60 del 2010 contiene praticamente il nuovo atto di indirizzo che ridisegna la funzione ispettivo-tecnica, inserendola in un’ottica di supporto al processo di innovazione e di miglioramento e tenendo conto del nuovo quadro del sistema istruzione derivante dalle riforme degli anni ’90 e dall’attribuzione dell’autonomia scolastica.

Il DM 60 evidenzia che l’autonomia delle scuole richiede comunque la permanenza di competenze che fanno capo all’Amministrazione scolastica centrale e periferica. In quest’ottica, diventa un must dell’Amministrazione, la promozione dell’innovazione scolastica, anche attraverso l’attività di ispezione  come strumento conoscitivo delle varie realtà amministrate. Al corpo ispettivo compete la vigilanza tecnica sui risultati formativi conseguiti, l’assistenza alle scuole, la formazione continua, iniziale e in servizio, del personale dirigente scolastico e docente, affidate anche alla funzione tecnica.

Ai dirigenti tecnici viene riconosciuto un ruolo strategico, anche per il supporto ai processi dell’Amministrazione attiva e per la capacità di concorrere alla realizzazione della politica scolastica. Il nuovo corpo ispettivo dovrebbe essere un autonomo organismo strutturato non solo in funzione del controllo delle scuole ma anche, e soprattutto, della promozione culturale, dell’innovazione, della ricerca e della progettualità a vari livelli.

Gli ispettori della P. I., meglio conosciuti come dirigenti tecnici, vanno chiaramente  impiegati per risolvere dei casi individuali ma soprattutto per l’orientamento culturale e il miglioramento della qualità delle scuole nei settori in cui la loro preparazione scientifica e tecnica e l’indipendenza di giudizio possono rappresentare un input di qualificazione dell’autonomia scolastica.

Nel rilanciare  la scuola dal punto di vista qualitativo bisogna considerare assolutamente indispensabile la funzione ispettiva, migliorandone le condizioni di efficienza e di efficacia operativa, la possibilità di costante formazione, il disporre di mezzi adeguati; e ciò diventa prioritario con la scuola dell’autonomia dove è fondamentale ridefinire, rinnovandola, anche la funzione di controllo esercitata dall’Amministrazione.

Il controllo, al di fuori ovviamente delle “Ispezioni disposte”, potrebbe e dovrebbe essere utilizzato in termini di supporto, promozione, accompagnamento, suggerimento. Gli ispettori devono produrre e far valere una elaborazione culturale di spessore come base della progettazione nazionale, regionale, provinciale, in modo da riportare la cultura e la persona realmente al centro di massimo impegno dell’organizzazione scolastica, in particolar modo la figura dell’ispettore va incardinata soprattutto nell’ottica della progettualità della scuola, con occhio vigile, futurista e con lungimirante attenzione all’Europa.

Reclutamento ispettori scolastici

Archiviato il concorso per dirigenti scolastici il Miur comincerà a breve a muoversi per il reclutamento della funzione ispettiva nella scuola.

La funzione ispettiva si svolge in collaborazione con gli uffici centrali, regionali e provinciali, in pratica l’ispettore tecnico ha il compito di elaborare progetti ed obiettivi indicati dal Ministro in materia di politica scolastica, offrire una consulenza su tecnologie educative e nello stesso tempo, promuovere l’aggiornamento del personale direttivo della scuola di ogni ordine e grado.

Il reclutamento del personale ispettivo è unico in ogni forma e grado.

I posti che saranno coperti nella scuola materna, elementare e secondaria saranno di competenza del Ministro della Pubblica amministrazione che deciderà a breve, una volta sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Amministrazione.

Il T.U. 297/94 è ancora la disciplina previgente in materia  e definisce il personale ispettivo in due ruoli: Ispettore tecnico centrale e ispettore tecnico periferico.

Le regole del concorso non sono cambiate e ci si rifà ancora a quelle del 2008  anche se dalle ultime notizie pare che qualcosa cambierà.

Pertanto, al concorso saranno ammessi:

— per la scuola materna: i docenti di scuola materna ed il personale direttivo della scuola elementare;

— per la scuola elementare: i Direttori didattici e gli insegnanti elementari;

— per le scuole secondarie: i Presidi e gli insegnanti di scuole secondarie, i Vice rettori e i Rettori dei Convitti nazionali, le Vice direttrici e Direttrici degli Educandati femminili dello Stato, i Presidi e gli insegnanti dei Licei artistici, degli Istituti d’arte, gli insegnanti dei Conservatori di musica e delle Accademie di belle arti.

Per l’ammissione ai concorsi è prescritto:

— il possesso di laurea;

— un’anzianità complessiva di effettivo servizio di ruolo di almeno nove anni.

Per la valutazione dell’anzianità di servizio va considerato solo il servizio effettivamente prestato, con esclusione del periodo di interruzione, degli anni preruolo riconosciuti e di quelli previsti da retrodatazione.

Gli esami constano di tre prove scritte e una orale (art. 422 D. Lgs. 297/94).

Ma quanti ispettori servono al nostro sistema d’istruzione e di formazione? L’organico ne prevede ora 407, ma erano quasi 700 nel 1974. In servizio ce ne sono attualmente meno di 200, di cui una quota reclutata, negli ultimi anni, su base politica, nella percentuale massima consentita dalla legge (comma 5 bis, art. 19 della legge 165/2001). L’operazione, seppure conforme alla norma, ha suscitato diffuse perplessità, se non palesi critiche.

Molti hanno pubblicamente rilevato che tra i prescelti si sono letti nomi di docenti già in pensione, di funzionari amministrativi e dirigenti scolastici la cui produzione scientifica non è stata mai resa pubblica. In realtà la normativa limitava il numero delle nomine solo al 5 per cento dell’organico esistente, ma l’assenza prolungata dei concorsi pubblici, il mancato ricambio generazionale, con il conseguente aumento dell’età media, hanno contribuito a peggiorare non solo l’immagine degli ispettori, ma la sostanza stessa della funzione rendendola del tutto marginale nelle azioni di governo della scuola.

Un dubbio assordante che risuona al “tic e tac” di un orologio

L'orologio fa tic tac

“Il dubbio è scomodo ma la certezza è ridicola”  Voltaire

Il ruolo assegnato oggi ai Dirigenti scolastici, impeccabili equilibristi, è visibilmente mutato rispetto al passato: ogni azione deve fare quotidianamente i conti con un contesto, con capacità personali e con esigenze organizzative, educative, gestionali e processuali differenziate e complesse che, abbracciando lo “scibile umano”, necessitano di riflessioni, interventi puntuali, temporalmente ben calibrati. E’ con questa consapevolezza che il 18 ottobre i docenti, aspiranti Dirigenti scolastici, si sono approcciati alla prova concorsuale, necessaria per accedere alle successive prove previste dal bando.

Eppure per molti, per i resilienti, sopravvissuti ad una già discutibile prova selettiva, si è accesa una successiva, inevitabile e sconcertante delusione: risolvere casi (tra l’altro contemplati per la prova orale), per iscritto in soli 150 minuti, senza avere il tempo materiale di mettere in ordine le proprie idee di risoluzione ed esprimere ciò che è realmente importante per espletare una professione, atta alla crescita ed al miglioramento delle nostre Istituzioni scolastiche, come quella, appunto, di un  Dirigente scolastico.

Un dubbio (Dubium sapientiae initium, Cartesio) sorge spontaneo: siamo sicuri che una tale “selezione”, sia quella corretta per individuare leader/manager, in grado di operare per una crescita innovativa e di spessore come richiesto a livello nazionale ed internazionale? La risposta è sicuramente no, perché il tempo non va misurato in ore e minuti (figuriamoci 150 minuti!!!) ma in trasformazioni, in ciò che si riesce effettivamente a costruire, con e per i giovani, in una società che richiede passione e formazione costanti.

Il Dirigente scolastico non si esprime “twittando”

Mesi di studio, di seria preparazione; approfondimento, allenamento, formazione, corsi on line, libri, dispense, webinar, incontri in presenza, partecipazione a comunità di pratiche. Ambienti di apprendimento virtuali, reali, confronti, mutuo-aiuto, condivisione, speranze, progetti di vita.

Il MIUR fissa la data: il 29 maggio. Bene, si sperava un po’ più tardi ma va bene, ci adeguiamo e intensifichiamo lo studio. Il nostro bioritmo inizia a cambiare e, insieme ad esso, in alcuni casi, anche il nostro corpo. Qualcuno ingrassa, qualcun altro dimagrisce. Le case sempre più trascurate, più disordinate, invase dai libri; i mariti, le mogli, i genitori e i figli si accontentano di pochi ritagli di tempo, ma si resiste e si va avanti. La data si avvicina ma il MIUR comunica il rinvio: 23 luglio. Qualche ora di polemica, destabilizzazione: cambiano i programmi, si rinuncia alle vacanze, ci si riorganizza la vita e si continua a studiare. Terminano le attività didattiche, gli esami di Stato e negli ultimi giorni le ore di studio diventano preponderanti e si riduce al minimo il tempo per tutto il resto. Non importa, si resiste.

Dopo il 23 luglio pronostici, dubbi, ipotesi, congetture: quale sarà il punteggio minimo per superare la prova? Tutto trasparente, lineare, regolare, computerizzato, omogeneo? Non esattamente. Iniziano ad emergere alcune problematiche, i primi ricorsi, le prime polemiche, ma va bene, resistiamo e andiamo avanti.

Il gioco comincia a farsi duro, la prova scritta richiede un’approfondita preparazione su nove aree tematiche assai corpose, legate da un robusto e coerente fil rouge normativo e concettuale, in linea con le Direttive europee, con la nostra Costituzione e dall’animo progressista, innovativo, equo e inclusivo.

Ci appassioniamo, ci documentiamo, studiamo giorno e notte e riduciamo la nostra vita a pochi momenti in cui ci sentiamo anche un po’ alienati. Qualcuno non ha il tempo neppure per vedere il cielo, ma non importa. Resistiamo e ci sentiamo preparati ad affrontare qualsiasi argomento, a qualunque livello di complessità.

Crediamo nel nostro progetto di vita e crediamo di poter apportare autentica e consapevole innovazione al sistema scolastico, al quale abbiamo dedicato la vita. Abbiamo fiducia nei nostri ragazzi, li conosciamo e sappiamo quanto potenziale vi sia, soprattutto alla luce dell’evoluzione autonomistica e della recente legislazione scolastica, per offrire loro l’opportunità di affrontare il futuro, mutevole, complesso e incerto, con opportune strategie e competenze. Desideriamo poter essere artefici del loro successo e anche del nostro.

Arriva il fatidico giorno, il 18 ottobre, quando ci rechiamo, ciascuno presso la sede assegnata, a sostenere la famigerata prova scritta. Paura, timore, preoccupazione: è normale! Quanti esami abbiamo già sostenuto? Ridimensioniamo la paura e contiamo sulla nostra indiscutibile preparazione.

Di fronte a quel monitor ci rendiamo conto che le nove aree indicate nel bando, sono state bypassate ed i quesiti, pressoché monotematici, richiedono uno sterile elenco di azioni.

La leadership per l’apprendimento che sognavamo, ha dovuto fare un passo indietro, abbassare lo sguardo e lasciare spazio ad un anonimo burocrate che doveva banalmente elencare ciò che avrebbe operativamente posto in sequenza, a mo’ di algoritmo, in tale o tal altro specifico caso, cercando di scrivere quanto più velocemente possibile, senza “perdere tempo” per riflettere e tantomeno per argomentare.

Una prova in linea con un concetto di “fast” proprio quando si sta finalmente riscoprendo il valore dello “slow”, persino nei momenti socioculturali di consumo dei pasti e della produzione agricola (km zero, slow food, come tentativo di riconciliarsi con la natura e con l’ambiente e nel rispetto dell’ecosistema). Forse bisognerebbe ricondurre a sistema il concetto di rallentamento, perché come affermava già Rousseau: “Bisogna perdere tempo per guadagnarne”.

Smarrimento, delusione, frustrazione e magone per non aver potuto far sapere al MIUR chi c’era dietro quel monitor, quale eccezionale idea avesse dell’istituzione scolastica e come avrebbe voluto coniugare teoria (normativa preziosa e corposa) e prassi per poter dirigere una scuola di successo. Quali criteri docimologici e metodologici vi sono a fondamento di tale tipologia di prova?

Insomma, mesi di studio per prepararci ad attraversare la “route 66” a bordo di una Pick-up equipaggiata in maniera ottimale, per poi trovarci a comprimere il nostro considerevole bagaglio su una carretta dei Flinstones e a “twittare”, veloci come un battito di ciglia e alla maniera del più improvvisato e dilettante politico contemporaneo, proposizioni semplici attraverso un software che, tra l’altro, ad onta di ogni poderoso buon auspicio promosso dal Piano Nazionale Scuola Digitale, ricordava tanto il DOS degli anni ’80…

Che fretta c’era?

Un vissuto comune ha accompagnato i candidati al concorso per Dirigenti scolastici: senso di vuoto e di amarezza.

I quesiti erano fattibili ma, mentre ognuno di noi cercava tra i mille pensieri che affollavano la mente, quello più giusto per essere trascritto, la barretta del tempo scandiva inesorabilmente i secondi.

Lo sguardo passava dalla tastiera al testo e dal testo alla barretta, in un susseguirsi di battiti cardiaci che sembravano mimare il ticchettio dei tasti su cui freneticamente battevano le dita.

Fare in fretta questa era la parola d’ordine, non si poteva perdere tempo, non si poteva scegliere la parola più giusta che avrebbe reso meglio il pensiero che volevamo trasmettere, l’importante era non fermarsi come in una corsa contro il tempo ed intanto la barretta continuava beffarda a far scorrere il tempo davanti ai nostri occhi.

Emozioni che si accavallavano dentro il cuore e la cui gestione era difficile, difficile come ritrovare il filo rosso che legava i pensieri tra loro per rendere organico e coeso il testo che si andava formando su quello schermo bianco.

Una rapida lettura mentre lo sguardo continuava a vagare dalla tastiera alla barretta e dalla barretta al testo.

Non riconoscersi in quelle parole, anche giuste ma che non corrispondono allo stile linguistico che si era sognato di poter utilizzare: l’originalità, l’utilizzo di un pensiero critico che ti poteva aiutare nella scelta delle informazioni più giuste, più efficaci a rendere l’idea di quello che si voleva dire.

Niente! Come se tutte le cose immaginate fino a quel momento fossero solo dei sogni che si frantumavano davanti alla cruda realtà: correre più veloci degli altri, correre per arrivare fino in fondo, correre per dimostrare che si poteva essere dei buoni dirigenti.

Che fretta c’era!!! Quali le motivazioni di un concorso fatto in questo modo, perché costringere dei candidati che hanno studiato ed hanno competenze a lavorare sotto tale tensione che non darà mai dei risultati efficaci; quella efficacia ed efficienza che abbiamo imparato così bene sui libri.

Sarebbe stato così appagante uscire da quell’aula esausti ma felici di aver potuto dare il meglio di noi stessi, di aver potuto esprimere quello che avevamo imparato da anni passati sui libri, di aver potuto scegliere le parole più giuste, le azioni più efficaci, le strategie più originali che un Dirigente poteva mettere in atto, perché avremmo avuto il tempo di soppesarle, di fermarci a pensare…

Fermarci a pensare, non era previsto che ci potessimo fermare e tantomeno che avremmo potuto pensare a lungo.

E come dopo una lunga corsa, una volta finita ci siamo ritrovati ansimanti, stanchi e vuoti chiedendoci la motivazione di questa modalità di selezione.

Non rimpiango neanche un giorno passato sui libri, la conoscenza acquisita non me la toglierà nessuno, ora cerco solo un po’ di calma e di rilassatezza.

Tutti noi ce la meritiamo per quello che abbiamo fatto, per come lo abbiamo fatto e per quanto ci abbiamo creduto.

150 minuti!

Il mio pensiero torna costantemente a quei centocinquanta minuti trascorsi in un laboratorio di informatica di una scuola secondaria di  secondo grado in occasione dell’espletamento della prova scritta del concorso a Dirigente Scolastico.

A distanza di giorni non si placa la mia insoddisfazione per questa prova, dalla quale sarebbero dovute trasparire la mia preparazione e la mia passione per il ruolo di Dirigente Scolastico. Ho provato un certo senso di inadeguatezza, di blocco, di smarrimento, di tristezza e quasi di “resa” davanti al tempo – il timer – che, incurante dei miei sentimenti e della mia voglia di trasmettere e di dimostrare, in maniera chiara ed esaustiva lo studio iniziato da tempo, si è rivelato come mio “nemico”. Le sensazioni provate in quella esperienza del 18 ottobre non si sono affievolite con il passare dei giorni, anzi, esse riaffiorano nei vari momenti della giornata, alimentando dubbi e insicurezze riguardanti le mie risposte ai quesiti.  Non riesco a distogliere il pensiero dalla mia incapacità di gestire il tempo nel tentativo di rispondere in maniera adeguata ai quesiti. Il fattore tempo non mi ha permesso di dimostrare la mia preparazione, la mia serietà, la mia professionalità e la mia idea di leadership.

Lo scorrere del tempo ha innescato uno stress che non ha permesso ai miei pensieri di essere trasformati in un testo corretto dal punto di vista stilistico, ortografico, lessicale e contenutistico.  Avrei voluto produrre un testo curato in ogni minimo dettaglio e, invece, ricorderò questa prova come una “gara di velocità” e non come una opportunità per dimostrare uno studio approfondito, svolto nel tempo.

Non ho avuto neanche l’opportunità di rileggere le risposte…

Concorso DS a prova di… cronometro

Il 18 ottobre 2018 in (quasi) tutta Italia si è svolta la prova scritta per il reclutamento dei dirigenti; data tanto attesa ma che è stata preceduta da colpi di scena riguardo al ricorso dei “sessantisti” e dei candidati penalizzati per il malfunzionamento avvenuto durante la preselettiva dello scorso 23 luglio e dall’allerta meteo diramato in Sardegna. Un concorso il cui scopo è stato quello di andare avanti necessariamente come un treno, tralasciando le aspettative, le speranze, i timori degli 8736 candidati ammessi alla prova scritta.

La “freddezza” di questo concorso è stata toccata con mano dai candidati, i quali si sono trovati davanti ad un computer (e in alcuni casi davanti a commissioni che hanno pinzato, ritirato, strappato pagine di codici di leggi non commentati, tra l’altro ampiamente accettati in fase concorsuale, cellulari dei vigilantes che squillavano, tastiere malfunzionanti, pc che “perdevano” le tracce svolte alcuni minuti prima, insomma scene quasi surreali che non hanno permesso di svolgere la prova di alcuni candidati in un clima positivo) e ad una barra che segnava il trascorrere incessante del tempo e che ha gettato nel panico e nello sconforto oltre la metà dei candidati. Se, infatti, da un lato sembrerebbe che la prova fosse fattibile per la tipologia degli argomenti richiesti, una maggiore complessità si è evidenziata nei quesiti di lingua inglese.

Il tempo è stato il nemico principale di moltissimi candidati che non sono riusciti a terminare la prova, inoltre, i quesiti proposti, seppur fattibili richiedevano un minimo di argomentazione e di discorso ben articolato e ponderato, sia dal punto di vista tecnico delle azioni del dirigente, sia dal punto di vista sintattico-morfologico, dando dimostrazione di anni e anni di studio.

Si ha come l’impressione che il Ministero più che alla ricerca di dirigenti che possano calibrare i tempi per arrivare a soluzioni pienamente soddisfacenti, che sappiano valutare, ascoltare, creare il giusto equilibrismo all’interno della scuola, mettendo in pratica la leadership educativa capace di tendere al miglioramento della qualità dell’offerta formativa e la managerialità che richiede la conduzione di un’azienda complessa quale quella della scuola, siano alla ricerca di dirigenti che sappiano affrontare la comunità educante come se fosse un salto agli ostacoli, una corsa contro il tempo, in grado di decidere il futuro di un’intera comunità scolastica, che custodisce, armonizza e sviluppa il futuro delle generazioni in pochi essenziali momenti.

Cosa succederà dopo il 18 ottobre è difficile in questo momento prevederlo ma vogliamo essere positivi, certi che il Ministero, volendo assicurare alle proprie scuole, che sono la fortezza dove custodire la vera ricchezza di un Paese, i migliori dirigenti sappia essere clemente nella valutazione di una prova che ha lasciato poco spazio alle potenzialità degli aspiranti dirigenti scolastici.

L’impressione è che il Ministero di docimologia ne sappia ben poco, i tempi sono un fatto essenziale per arrivare a una soluzione soddisfacente. I tempi andavano ben valutati, è evidente che, considerando le condizioni ambientali e il “mare magnum” delle possibilità, all’atto della prova sono risultati sottostimati, una mezz’ora in più era sufficiente.

Sembrerebbe unanime la fattibilità della prova dati i quesiti proposti, una maggiore complessità si è evidenziata nei due quesiti in lingua inglese, i quali si riferivano all’uso dei device e al sistema scolastico olandese. Sebbene in molti si sono lamentati del tempo tiranno, che è sembrato scorrere troppo velocemente e che occorreva il doppio del tempo per un lavoro accurato.

Funzione ispettiva e valorizzazione delle risorse nella scuola dell’autonomia

La disomogeneità qualitativa del sistema scolastico sull’intero territorio nazionale induce ad un rinnovamento dei sistemi concettuali ed operativi, attraverso circolarità di interrelazioni tra le varie attribuzioni di personalità giuridica, assunte dalle istituzioni scolastiche e la configurazione delle nuove complessità  formative.

Le nuove prospettive di pensiero sulle istituzioni  formative riguardano non più un’unica istituzione scolastica, ma reti di scuole che lungo un curricolo verticale e orizzontale strutturano un Ptof di territorio sulla base di modularità dei saperi.

Una giusta interpretazione delle ultime riforme si sviluppa su itinerari operativi dipendenti ed interdipendenti nell’interno di contesti funzionali dediti al successo formativo e alla valorizzazione delle risorse. L’assenza per lunghi decenni di un sistema valutativo ha evitato  la progettazione di ricerche e studi sistematici sui processi di apprendimento e di professionalizzazione. La presenza di aree d’utenza con forti criticità riguardanti i risultati della formazione necessita di riscoprire il ruolo ispettivo dal punto di vista della ricerca e di indagine per comprendere le cause di tali dislivelli e quindi realizzare adeguate condizioni ai fini del Piano di Miglioramento.

Predisporre momenti di riflessione, all’interno dei team di professionisti della scuola, sull’evolversi delle criticità socioeducative correlate anche ai vari contesti socioeconomici è nucleo fondante la funzione ispettiva che si colloca proprio all’interno di queste dinamiche e si configura nell’interrelazione equilibrata tra il mero aspetto di controllo rivolto alla singola istituzione e il coordinamento di reti di scuole impegnato nella valorizzazione delle risorse per la costruzione di contesti di rinnovata governance ed accountability.

La nuova norma organizzativa pone l’impianto dell’identità scolastica in una prospettiva interorganica e intersoggettiva. L’attivazione della pratica ispettiva fonda la decisionalità all’interno di strutture sistemiche atte allo sviluppo di leadership e di gestione manageriale. Una funzione ispettiva pronta alla flessibilità, alla mediazione tra un modello organizzativo strutturato e lo sviluppo di competenze professionali dei team istituzionali, implementando un’innovazione di sistema, sia da un punto di vista culturale e didattico che da quello organizzativo e gestionale. Non a caso la normativa sottolinea

DECRETO MIUR 28.12.2017, PROT. N. 1046

Atto di indirizzo per l’esercizio della funzione ispettiva tecnica.

I dirigenti tecnici offrono supporto, assistenza, consulenza e formazione alle scuole nel processo di attuazione dell’autonomia scolastica, fornendo proposte e pareri sui temi dello sviluppo dei curricoli, della progettazione didattica, delle metodologie, della valutazione, opportunamente collocati all’interno del quadro normativo in modo da garantirne la legittimità e la rispondenza alle finalità del sistema nazionale di istruzione. La connotazione tecnica della funzione si esplica sia sul versante pedagogico e disciplinare sia su quello normativo e ordinamentale; il dirigente tecnico opera pertanto una insostituibile funzione di raccordo tra l’Amministrazione centrale e periferica e le scuole autonome, di regolazione dei processi e di implementazione dell’innovazione di sistema, sia dal punto di vista culturale e didattico che da quello organizzativo e gestionale”.

Pertanto dal monitoraggio sulla qualità delle scuole si attende un  funzionamento dinamico del sistema insegnamento-apprendimento teso al raggiungimento di livelli ottimali  dei risultati di performance degli studenti. Percorsi di ricerca-azione andranno implementati in seno alla struttura autonoma delle scuole, organizzativamente legata alla struttura di reti e di professionisti, proprio  per valutare le migliori strategie per il raggiungimento di livelli ottimali dei saperi.

Le pratiche di rendicontazione che faranno seguito alle varie ricerche svolte in rete e richiamate all’interno delle ispezioni scolastiche potrebbero  indurre a concentrarsi sul curriculo e rafforzare la corrispondenza fra i contenuti effettivi dei programmi di insegnamento e delle lezioni e quello che sarà oggetto di verifiche e valutazioni ai fini del RAV. Questo allineamento curriculare svilupperebbe un sistema di feedback utile alla comprensione della motivazione al risultato.

Pertanto il ruolo degli ispettori definito sulla base di professionalità educative sperimentali, offre un tipo di valutazione esterna delle scuole più coinvolgente per le scuole come burocrazie professionali, rispetto a sistemi di monitoraggio di controllo più statici, e stabilizza un SNV non soltanto correttivo, ma migliorativo rispetto ai vari step del PTOF considerato come vero e proprio progetto formativo.