Dirigente tecnico e formazione

Il docente ed il personale direttivo coadiuvato dall’ispettore tecnico nella promozione delle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado

Il procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche, così come previsto dal DPR 80/2013, dalle successive DM 11/2014 e CM 47/2014, si è sviluppato attraverso precisi protocolli finalizzati a valorizzare il ruolo delle scuole nel processo di autovalutazione. In realtà già il Regolamento dell’autonomia DPR 275/1999, faceva obbligo ad ogni istituzione scolastica di rendere conto dei risultati delle proprie scelte didattico-educative e, successivamente, il D. Lgs. 286/2004 istituiva il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, l’INVALSI.

La Direttiva triennale 74/2008 ne chiariva le Aree di intervento: valutazione di sistema, valutazione delle scuole, valutazione (rilevazione) degli apprendimenti degli studenti, valutazione del personale della scuola, diffusione della cultura della valutazione. La DM 11/2014 promuoveva strategie di miglioramento sulla base di scelte interne condivise, partendo dal consolidamento dell’identità e del senso di appartenenza.

Uno dei punti chiave del nuovo sistema di valutazione è relativo al miglioramento professionale dei docenti e del personale direttivo sotto la stretta guida e l’azione costante di monitoraggio del corpo ispettivo. Nell’ultimo quinquennio la funzione ispettiva ha assunto un ruolo determinante sin da quando ai sensi del DPCM 98/2014 e del DM 753/2014 uno specifico atto di indirizzo del MIUR ha chiarito le finalità dell’esercizio di tale corpo, regolamentata più recentemente dalla DM 1046 del 28/12/2017. In essa emerge la finalità della L. 107/2015 nel voler armonizzare il ruolo del servizio ispettivo anche alle politiche dell’Unione Europea, nel sottolineare il ruolo del servizio come strumento conoscitivo, valutativo e di miglioramento delle diversità scolastiche anche grazie alla loro funzione di ricerca, formazione e consulenza.

La funzione ispettiva tecnica, svolta in ogni scuola di ogni ordine e grado, è particolarmente messa in rilievo nelle attività che caratterizzano la professione docente, soprattutto facendo chiari riferimenti alle scuole del secondo ciclo di istruzione, agli esami di stato, alla formazione in servizio del personale della scuola, al supporto tecnico per agevolare le azioni tese al perseguimento di uguaglianza e di equità di opportunità.

La Legge 107/2015 ha rafforzato la funzione del nuovo sistema ispettivo, determinandone un ruolo chiave nel potenziamento dell’autonomia scolastica, poggiata essenzialmente sulla didattica laboratoriale, sull’alternanza scuola lavoro, sulle competenze digitali, sull’organico dell’autonomia, composto da docenti di ruolo, di sostegno e di potenziamento, la cui formazione diventa strutturale, permanente, obbligatoria e finanziata, anche grazie alla carta del docente ed al rinnovato strumento delle reti (cc. 70-72 e 74).

Il Corpo ispettivo coordina le azioni dei nuclei di valutazione delle scuole, anche in applicazione della valutazione dei dirigenti scolastici avviata con la Direttiva Miur 36/2016 e con le Linee guida del 28/9/2016.

La nota Miur dell’11/4/2018 rafforza la relazione sinergica tra corpo ispettivo ed azione amministrativa centrale e territoriale e pone al centro del dibattito del nuovo sistema di valutazione anche il ruolo direttivo. I dirigenti tecnici dei Nuclei di supporto al SNV svolgono l’importante ruolo di consulenza sulle aree prioritarie scolastiche, agganciandosi in maniera coerente e con la massima puntualità agli obiettivi di miglioramento delle singole istituzioni scolastiche.

In fondo, valutare vuol dire migliorare, si traduce, quindi, nella logica di supporto alla professionalità dei docenti e dei dirigenti, nel miglioramento di formazione, istruzione, progettazione, pianificazione.  Il processo di valutazione, dunque, non si conclude con la formulazione di un giudizio o con l’attribuzione di un punteggio da pagella, piuttosto esso valida un modus operandi frutto di un processo di miglioramento continuo.

Il cambiamento migliorativo genera interventi organizzativi, gestionali, didattici e professionali che, attivati consapevolmente, valorizzano la capacità di autogoverno di ciascuna scuola, favorendone il conseguimento di obiettivi prioritari e strategici, veri indicatori di un bilancio sociale positivo, nel quale il docente cura consapevolmente il suo percorso di crescita e di apprendimento durante l’intero arco della vita, costellata da numerosi momenti di auto-realizzazione e di realizzazione dei propri studenti.

I nuovi istituti professionali

L’istruzione professionale ha raggiunto negli ultimi dieci anni uno sviluppo ed una maturità ineguagliabili. Fino al 2010 gli studenti del professionale avevano la possibilità di conseguire alla fine del terzo anno una qualifica professionale; successivamente con il DPR n. 87 del 2010 il Regolamento, recante norme per il riordino degli istituti professionali, ha ridefinito l’identità degli stessi incanalando l’istruzione professionale verso una dimensione operativa, in risposta alle esigenze formative del settore produttivo di riferimento per un rapido inserimento dello studente nel mondo del lavoro.

La suddivisione del quinquennio in due bienni ed un monoennio dava l’opportunità agli studenti di scegliere tra 6 settori di cui due di Industria e artigianato e 4 dei Servizi. L’Allegato A contenente il Profilo educativo, culturale e professionale dello studente veniva poi completato dall’allegato B con gli indirizzi ed il quadro orario ed i risultati di apprendimento nel corso delle 1052 ore annuali.

Con le Linee Guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli Istituti Professionali (emanate con Direttiva Miur 28 luglio 2010, n. 65) si è proceduto alla definizione dei nuovi professionali, a loro volta potenziati con il D.L. 31 gennaio 2007 n. 7 convertito in L. 2 aprile 2007 n. 40.

La Legge 128/2013 ha introdotto in una delle due classi del primo biennio un’ora di insegnamento della geografia generale e di economica laddove non fosse già prevista (DM 11 settembre 2014). L’orario complessivo è salito così a 1085 ore annuali.

Il DPR 87/2010 all’art. 4 c. 1 ha individuato due Settori di Servizi ed Industria ed artigianato. Due sono gli indirizzi per il Settore industria ed artigianato: Produzioni industriali ed artigianali e di Manutenzione e assistenza tecnica.

Gli istituti professionali per industria ed artigianato sono stati dotati di ufficio tecnico per migliorare l’uso dei laboratori, essendo nota caratteristica di questi istituti la didattica laboratoriale.

Ciascun profilo culturale dei professionali prevede un’area di insegnamenti comuni ed un’area di indirizzo specifica.

L’attuazione della Legge 107/2015 ha ulteriormente modificato gli istituti professionali innovando i settori e gli indirizzi a partire dalla revisione dei professionali nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione. La piena attuazione della riforma dall’anno scolastico 2022-23 renderà abrogato il DPR 87/2010 ed a pieno regime il decreto legislativo 61/2017.

Tale decreto attuativo della L. 107/2015, risponde a diversi bisogni formativi emersi negli ultimi anni, in primis le esigenze di IP da parte di immigrati e studenti con diverse difficoltà di apprendimento, in seconda istanza il bisogno dell’economia del nostro paese di implementare e potenziare il made in Italy.

Il decreto 61, inoltre, intende sistematizzare i campi di istruzione e formazione professionale, superando le sovrapposizioni e chiarendo il ruolo delle istituzioni scolastiche rispetto alla formazione professionale regionale.

Oggi due settori a confronto per 11 indirizzi di studio, un nuovo assetto organizzativo che prevede l’articolazione del quinquennio in un biennio ed un triennio (art. 4).

Un primo biennio di complessive 2112 ore articolate in 1188 di istruzione generale e 924 di indirizzo specifico, un successivo triennio di complessive 1056 ore annue, divise tra 462 ore di area generale e 594 insegnamenti di indirizzo. Durante il primo biennio una quota non superiore alle 264 ore è destinata alla  realizzazione del Progetto formativo individuale (art. 5); nel primo biennio si programma per assi culturali, nel triennio si aggregano le discipline di istruzione generale.

Ciascun professionale potrà usufruire del 20% della quota di autonomia sia nel biennio che nel triennio, del 40% di flessibilità negli anni del triennio, nonché stipulare contratti d’opera, costituire un CTS, connettersi con il sistema IeFP (art.6).

A norma dell’articolo 4, comma 4, del D. Lgs. n. 61/2017, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono attivare, in via sussidiaria, previo accreditamento regionale secondo modalità da definirsi con gli accordi di cui all’articolo 7, comma 2, percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale.

Viene costituita la Rete nazionale delle scuole professionali (art. 7) tra scuole statali e paritarie e istituzioni formative accreditate, per rendere possibili i passaggi tra IP e IeFP al conseguimento della qualifica triennale poiché è istituito il Repertorio nazionale dei titoli di studio (art. 8).

A norma dell’articolo 8, comma 1, del D. Lgs. n. 61/2017, i passaggi tra i percorsi di istruzione professionale e i percorsi di istruzione e formazione professionale costituiscono una delle opportunità che garantiscono alla studentessa e allo studente la realizzazione di un percorso personale di crescita e di apprendimento.

Il nuovo ordinamento partirà dal prossimo anno scolastico (art. 11).

Il decreto n. 92 del 24 maggio 2018 costituisce un passaggio fondamentale in quanto nei suoi 9 articoli e 4 allegati definisce i profili in uscita dell’area generale, i profili degli 11 indirizzi di studio, la correlazione degli indirizzi alle attività economiche nazionali, la correlazione dei profili ai settori economico-professionali, l’articolazione dei quadri orari, la correlazione tra qualifiche e diplomi professionali.

Ci saranno le linee guida da adottare per il biennio entro 90 giorni, per il triennio entro 180 giorni. In area generale sono rivisti gli insegnamenti comuni a tutti gli indirizzi, riferiti all’asse dei linguaggi, matematico e storico sociale; gli insegnamenti di indirizzo saranno riferiti all’asse tecnologico e professionale.

Nella nuova definizione del PTOF vanno considerate le indicazioni prioritarie regionali; vanno inoltre applicati il principio della personalizzazione educativa (art. 6) che al 31 gennaio 2019 dovrà condurre il consiglio di classe alla redazione del progetto formativo individuale (PFI), grazie al ruolo cardine del tutor individuato dal DS nell’ambito del consiglio di classe. Tutto il personale scolastico sarà destinatario di misure di accompagnamento e di formazione specifica (art. 7), come già confermato dal Miur nelle linee programmatiche del Dicastero dell’11 luglio 2018.

Disturbi Specifici dell’Apprendimento: un’importante occasione di equa partecipazione sociale

DEFINIZIONE

L’acronimo DSA Disturbi Specifici dell’Apprendimento fa riferimento ad un gruppo eterogeneo di disturbi consistenti in significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuto a disfunzioni del sistema nervoso centrale. Il termine disturbo in senso clinico indica un’alterazione del funzionamento di un organo, che si traduce nel caso specifico del DSA come alterazione del normale funzionamento del sistema cognitivo. Usare anche per i ragazzi con DSA il termine disabile vuol dire non tanto definire la mancanza totale di un’abilità come leggere, scrivere, parlare o fare di conto, quanto indicare la possibilità o meno a farlo in modo fluente.

LE CARATTERISTICHE

Un DSA ha caratteristiche individuabili: una base neurobiologica (anomalie a carico di determinate aree cerebrali), un carattere evolutivo (un’origine genetica), una variabilità espressiva (ogni abilità espressiva muta in base alla fase di sviluppo), una comorbilità (una comune origine biologica fa presentare i disturbi contemporaneamente), una rilevanza (un’interferenza negativa sull’adattamento alla vita scolastica e sulle attività quotidiane).

Le cause possono essere esogene, ovvero riconducibili ai fattori ambientali, al disagio sociale, alle difficoltà economiche, complessivamente definite come svantaggio socio-culturale; endogene, riconducibili a fattori di origine neurobiologica e costituzionale.

Si definiscono DSA quei disturbi che, in un soggetto con funzionamento intellettivo globale preservato, denotano il disturbo in un’abilità determinata. Si tratta di una situazione innata costitutiva dell’individuo che si manifesta al momento della scolarizzazione, nella fase di acquisizione delle abilità di base. Quando l’insegnante osserva che gli apprendimenti elementari non raggiungono il normale grado di automatizzazione,  cioè non ci sono velocità ed accuratezza nel compiere attività di lettura, scrittura, calcolo, allora deve procedere nella definizione del disturbo e dunque richiedere alla famiglia dell’allievo visita specialistica che produca una diagnosi, dalla quale si parta per progettare interventi didattici efficaci, in grado di rimuovere le cause disturbanti, nel caso di difficoltà di apprendimento, o di agire per il recupero funzionale, nel caso di conclamati DSA.

Attraverso test standardizzati si misurano sia l’abilità compromessa che il funzionamento intellettivo e in presenza di anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e psicopatologhe, si fa ricorso alla individuazione di DSA. La diagnosi tardiva spesso non dà spazio ad un intervento rieducativo ed allora si procede con un intervento compensativo, che certo, non ripristina la funzione danneggiata, ma provvede ad una sua vicarianza.

LE TIPOLOGIE

Il riconoscimento normativo nazionale dei DSA trae origine dalla Legge 170 dell’8 ottobre 2010, che definisce all’art. 1 c. 1 quattro disturbi specifici dell’apprendimento riferiti a quattro specifiche abilità scolastiche: dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia.

Si intende per dislessia un disturbo che si manifesta con la difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella correttezza e rapidità della lettura (art. 1 c. 2).

La disgrafia è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta come difficoltà nella realizzazione grafica (art. 1 c. 3).

La disortografia è un disturbo di scrittura che si manifesta nei processi linguistici di transcodifica (art. 1 c. 4).

La discalculia si manifesta con difficoltà negli automatismi del calcolo e nell’elaborazione dei numeri (art. 1 c. 5).

I quattro disturbi possono sussistere separatamente o insieme (art. 1 c. 6).

LA NORMATIVA ITALIANA

La legge 170/2010 sulle Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico è organizzata in 9 articoli di facile lettura, attraverso i quali si definiscono le finalità tese essenzialmente a garantire il diritto allo studio ed il successo scolastico dello studente, a ridurre i disagi relazionali, ad adottare forme di verifica e di valutazione ad hoc, a favorire la diagnosi precoce, ad incrementare la rete tra scuola, famiglia, servizi sanitari, ad assicurare eguali opportunità di sviluppo socio-professionale agli studenti (art. 2 cc. 1, lettere a-h).

La diagnosi è assicurata dal Servizio sanitario nazionale e impegna le scuole di ogni ordine e grado ad adottare in collaborazione con le famiglie interventi tempestivi idonei ad individuare i casi sospetti di DSA (art. 3, cc. 1-3). A garanzia di quanto appena detto sono stati stanziati per l’anno scolastico 2010-2011 fondi destinati alla formazione del personale docente e dirigenziale (art. 4 cc. 1.-2).

Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica, per cui gli insegnanti, disponendo di risorse specifiche, devono puntare ad introdurre strumenti compensativi compresi mezzi di apprendimento alternativi e tecnologie informatiche e misure dispensative. In particolare nell’insegnamento delle lingue straniere gli strumenti compensativi devono favorire la comunicazione verbale prevedendo anche la possibilità di esonero (art. 5 c. 1.-2).

Per assicurare maggiore presenza parentale i familiari, fino al primo grado impegnati nell’assistenza alle attività scolastiche a casa, hanno diritto a orari di lavoro flessibili deducibili dai CCNL dei comparti interessati (art. 6 cc. 1-2).

A livello mondiale la L. 170 del 2010 pone le sue radici nella Dichiarazione di Salamanca del 1994 e nella Classificazione ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2001. In ambito europeo La Carta dei diritti fondamentali dell’UE del 2000 e le Raccomandazioni europee sui Principi Guida per promuovere la qualità nella scuola inclusiva del 2009 hanno segnato un solco fondamentale.

In ambito nazionale le indicazioni europee in stretta confluenza con i principi costituzionali di diritto allo studio riconoscevano nel 2010 con un’apposita legge, la 170/2010, i DSA, supportata da Linee guida del 6-7 dicembre 2010, promosse dal Sistema sanitario nazionale.

Nello stesso anno venivano varate nuove norme per i DSA in ambito scolastico col DM 144 del 14 dicembre 2010, veniva istituito il Comitato tecnico nazionale previsto dalla L. 170 del 2010 (art. 7 c. 3) con compiti istruttori mediante il DM 5669 del 12 luglio 2011, venivano pubblicate le Linee Guida per il diritto allo studio degli studenti affetti da DSA ( art. 7 c. 1). Si aggiungevano a queste norme l’Accordo Stato regioni del 25 luglio 2012 con cui veniva applicato l’art. 7 c. 1 e il DI del 17 aprile 2013 tra Miur e Ministero della Sanità, che adottava le linee guida per la predisposizione di protocolli regionali finalizzati alle attività di individuazione precoce dei casi sospetti di DSA.

Successivamente ciascuna regione concordava, con apposita delibera, l’approvazione dello schema di protocollo d’intesa tra regione e ufficio scolastico regionale per la definizione del percorso di individuazione precoce delle difficoltà di apprendimento, di diagnosi e di certificazione dei disturbi specifici di apprendimento (Dsa), in ambito scolastico e clinico, e l’approvazione del modello di certificazione sanitaria per i Dsa. (Ad esempio si veda la delibera della Giunta Regionale Campania n. 43 del 28/02/2014 Dipartimento 52 – Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali Direzione Generale 4 – Direzione Generale Tutela salute e coordinamento del Sistema Sanitario Regionale).

LA DIDATTICA

Una volta formati i docenti, venivano proposti dal MIUR format per definire in ambito scolastico il Piano didattico personalizzato, che si sviluppa in quattro aree: Generale, Funzionamento delle abilità di lettura, scrittura e calcolo, Didattica personalizzata, Valutazione.

Le prime due aree sono comuni ai due format per la scuola primaria e per la scuola secondaria e prevedono esattamente che nell’area generale si inseriscano i dati anagrafici, scolastici e medico-specialistici riguardanti l’allievo. Nell’area sul Funzionamento delle abilità di lettura, scrittura e calcolo sono distinte le tre abilità tra gli elementi desunti dalla diagnosi e quelli desunti dall’osservazione, in modo da garantire un percorso di apprendimento personalizzato.

Nell’area della Didattica personalizzata, nella scuola del primo ciclo, si declinano le strategie e i metodi di insegnamento e si indicano le misure dispensative e gli strumenti compensativi ed eventuali tempi aggiuntivi, seguendo la suddivisione tra macroarea linguistico-espressiva, macroarea logico-matematica-scientifica e macroarea storico-geografica-sociale.

Per la scuola secondaria la differenza sta nel fatto che mentre nella primaria la didattica si sviluppa lungo le macroaree, nella fase successiva vengono considerate le diverse discipline (linguistico-espressive, logico-matematiche, storico-geografico-sociali).

Per entrambi gli ordini di scuola la Valutazione viene definita per singola disciplina corredata di misure dispensative, strumenti compensativi ed eventuali tempi aggiuntivi.

In verità, la parte più interessante dei format proposti, riguarda la legenda allegata al format che chiarisce anche quali strategie metodologiche e didattiche preferire, le eventuali misure dispensative da adottare, gli strumenti compensativi da applicare, le strategie e gli strumenti prescelti dall’alunno e la valutazione da praticare, anche in riferimento specifico agli esami conclusivi di ciclo di studio. Le indicazioni proposte ai docenti mirano ad un ampio e svariato uso delle nuove tecnologie sin dall’emanazione della Legge n. 4 del 9 gennaio 2004 relativa alle Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (Legge Stanca). Il contenuto di tale legge è stato successivamente potenziato da ulteriori Indicazioni da parte del MIUR (Nota MIUR n. 4099 del 5 ottobre 2004 sulle Iniziative relative alla dislessia e Nota MIUR n. 26 del 5 gennaio 2005 sulle Iniziative relative alla dislessia).

LE STRATEGIE  METODOLOGICHE E DIDATTICHE

Lo studente deve essere agevolato nell’apprendimento personalizzato utilizzando alternative al codice scritto come disegni, immagini, riepiloghi a voce; può, inoltre, utilizzare schemi e mappe concettuali. L’insegnante è invitato a potenziare l’esperienza e la didattica laboratoriale, a promuovere nell’allievo l’autocontrollo, a incentivare il tutoraggio tra pari, a favorire l’apprendimento cooperativo.  Il potenziale personale di sviluppo si ritrova sia nella differenza che nella diversità, che rappresentano i fondamenti epistemologici della pedagogia speciale, da cui discendono i fondamenti metodologici dell’individualizzazione e della personalizzazione. Individualizzare significa adattare un insegnamento a esigenze individuali; personalizzare vuol dire delineare percorsi di acquisizione delle conoscenze, abilità e competenze, in base alle capacità personali, sociali, metodologiche, in situazioni scolastiche e di vita reali. La personalizzazione mira all’orientamento e si fonda sul diritto alla diversità; l’individualizzazione punta all’alfabetizzazione e si fonda sul diritto all’uguaglianza.

LE MISURE DISPENSATIVE

L’alunno con DSA è dispensato da alcune prestazioni non essenziali come la lettura ad alta voce, la scrittura sotto dettatura, il prendere appunti, il copiare dalla lavagna, il rispetto della tempistica per i compiti scritti, la quantità di compiti a casa, alcune prove valutative.

GLI STRUMENTI COMPENSATIVI

A seconda del caso, della disciplina e del disturbo, l’alunno può usufruire di strumenti compensativi che bilancino le carenze funzionali tipiche del suo disturbo. Nella scuola primaria il bambino può usare la tabella dell’alfabeto, la tavola pitagorica, la linea del tempo, gli schemi e le mappe, il computer con un programma di video scrittura, la calcolatrice, il registratore, gli audiolibri, i libri digitali, i software specifici. Nella scuola secondaria può, in aggiunta a questi strumenti, fare anche ricorso al vocabolario multimediale.

Durante le attività didattiche, l’osservazione costante da parte del docente, deve puntare ad evidenziare le strategie utilizzate dall’alunno e la scelta che egli compie degli strumenti, per verificarne il grado di apprendimento e procedere ad una consona valutazione.

LA VALUTAZIONE

La valutazione degli studenti ai sensi del DPR 122 del 22 giugno 2009 (Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia, ai sensi del DL n. 137 del primo settembre 2008, convertito con  modificazioni dalla L. n. 169 del 30 ottobre 2008), definisce all’art. 10 la valutazione degli alunni con DSA.

Premessa indispensabile è che per gli alunni con DSA adeguatamente certificati la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esami conclusivi dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive. Ciò chiarisce il fatto che la valutazione segue parametri che vanno comunque adattati al singolo caso.

Novità riguardo gli esami di conclusivi del primo e secondo ciclo vengono introdotte con il D. Lgs. 62 del 2017, applicativo della L. 107 del 13 luglio 2015.

L’art. 11 stabilisce che per l’ammissione alla classe successiva e all’esame di stato per gli alunni con DSA, bisogna tener conto del PDP (Piano Didattico Personalizzato) e calibrare i criteri e le modalità di svolgimento delle prove sul singolo caso. Tali studenti partecipano alle prove Invalsi, come requisito indispensabile per l’ammissione all’esame di stato (Nota Miur n. 1865 del 2017). Durante le prove d’esame gli studenti affetti da DSA devono seguire le modalità previste dall’articolo 14 del DM n. 741 del 2017, fare uso degli strumenti compensativi indicati nel PDP, ai quali già sono abituati e possono usufruire eventualmente di tempi lunghi durante le prove scritte, senza che tale modalità pregiudichi la validità della loro prova.

Gli studenti dispensati dalle prove scritte di lingua straniera possono essere sottoposti, da parte della commissione, ad una prova orale sostitutiva. Gli studenti esonerati dall’insegnamento delle lingue vengono sottoposti a prove differenziate con valore equivalente. La valutazione delle prove scritte deve tener conto delle competenze acquisite sulla base del PDP.

Il titolo del diploma finale degli studenti con DSA non deve fare menzione delle eventuali prove differenziate, né nei tabelloni affissi all’albo dell’istituto se ne deve rilevare traccia.

GLI ESAMI DI STATO DI II CICLO

La recente OM n. 350 del 2 maggio 2018 relativa ad Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado nelle scuole statali e paritarie Anno scolastico 2017-2018, all’art. 23 recita che la commissione d’esame terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive e le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nel PDP ed inseriti nel documento del 15 maggio, ai sensi dell’art. 5 del DM n. 5669 del 12 luglio 2011. In particolare i candidati con DSA possono utilizzare strumenti compensativi informatici previsti e già impiegati in corso d’anno  e usufruire di dispositivi per l’ascolto dei testi in formato mp3.

Inoltre la commissione può individuare un proprio membro per la lettura ad alta voce dei testi delle prove scritte ed anche trascrivere il testo sul supporto informatico per coloro che utilizzano i sintetizzatori vocali. Sono suggeriti tempi più lunghi di quelli ordinari e l’adozione di criteri valutativi attenti al contenuto più che alla forma. L’ordinanza precisa circa la possibilità di usare le calcolatrici durante lo svolgimento della seconda prova e circa i modelli scientifici e grafici in produzione negli ultimi 5 anni consentiti per i quali è necessario consultare la Nota Miur n. 5641 del 30 marzo 2018, che vieta come lo scorso anno l’uso di calcolatrici con capacità di calcolo simbolico (CAS).

Le calcolatrici vanno consegnate alla commissione il giorno della prima prova per consentire che essa compia eventuali e necessari controlli dei dispositivi. I candidati che hanno seguito un percorso didattico differenziato ricevono solo il rilascio dell’attestazione, coloro che hanno praticato un percorso ordinario con la sola dispensa dalle prove scritte ordinarie di lingua straniera, nel caso in cui la lingua straniera sia oggetto di seconda prova scritta, dovranno svolgere nella stessa giornata di tale prova o il giorno successivo una prova sostitutiva. Anche nel caso di prova di lingua come terza prova valgono le stesse modalità. Chi ha l’esonero dall’insegnamento della lingua straniera riceve solo  l’attestazione di cui all’art. 13 del DPR n. 323 del 1998; chi è dispensato solo dallo scritto consegue il diploma conclusivo di istruzione secondaria di secondo grado.

IL MONITORAGGIO NAZIONALE

Un focus del Miur dello scorso 21 aprile ha confermato il notevole aumento degli studenti della scuola italiana con DSA certificati. Attualmente sono 140.000 gli alunni italiani affetti da dislessia, 58.000 gli studenti con disgrafia, 63.000 gli affetti da discalculia. Si è passati dal 2,5% dello scorso anno al 2,9% nell’anno scolastico in corso.

Grazie alla legge 170 del 2010 la scuola italiana ha acquisito una piena consapevolezza del problema, ha formato docenti oggi più attenti ai segnali di disturbo ed ha reso più tempestivi gli interventi mirati, con l’intento di favorire il percorso di inclusione degli studenti bisognosi di interventi didattici personalizzati.

LE CONCLUSIONI

Una scuola inclusiva è una scuola che nel progettare tiene presenti tutti ma proprio tutti, che si trasforma in un laboratorio di formazione finalizzato alla creazione di una cittadinanza attiva, che non pone al centro del suo mondo l’insegnamento, ma l’apprendimento, inteso non tanto come sapere ma come saper fare nel mondo reale. Ne deriva una didattica inclusiva che valorizza le differenze, che si muove con equità, efficienza e efficacia verso tutti, che raggiunge gli obiettivi prefissati, che facilita l’apprendimento attraverso canali visivi, canali uditivi, materiale strutturato ed un apprendimento cooperativo, che soddisfa tutti e ciascuno, che favorisce le diversità come forza del gruppo.

La scuola inclusiva, la didattica inclusiva, il mondo inclusivo abbattono gli ostacoli, usano la diversità come risorsa, promuovono valori umani, quelli che esaltano il contributo esistenziale delle persone, il loro potenziale di sviluppo leggendolo come talento da far fruttare, in quanto portatore di valori in qualsiasi età ed in qualsiasi stato psicofisico.

Il docente inclusivo applica i sette punti chiave della didattica inclusiva di Erickson:

  1. la risorsa compagni di classe,
  2. l’adattamento come strategia inclusiva,
  3. le strategie logico-visive,
  4. i processi cognitivi e gli stili di apprendimento,
  5. la meta cognizione ed il metodo di studio,
  6. le emozioni e le variabili psicologiche nell’apprendimento,
  7. la valutazione, la verifica ed il feedback.

La scuola inclusiva è quella in cui tutti, ma proprio tutti, raggiungono il massimo grado possibile di apprendimento; la società inclusiva è quella in cui tutti, ma veramente tutti, vivono in armonia la piena partecipazione sociale.

Valutare e migliorare oggi, essere competenti domani

Valutare ovvero considerare attentamente la complessità

Oggi la valutazione nella scuola è complessa e complessiva in quanto coinvolge gli studenti, le famiglie, i docenti, gli operatori della scuola, il dirigente scolastico, il contesto territoriale, in sintesi l’intera comunità educante. Con l’emanazione del DPR 80/2013 e con la Legge 107/2015 si è solidificato il rapporto autonomia/valutazione teso al miglioramento dell’offerta formativa e dunque al potenziamento dei livelli di apprendimento degli studenti, vero obiettivo generale di ogni istituzione scolastica.

La scuola, nella sua inestricabile complessità, risulta composta da un elevato numero di elementi interagenti mediante regole definite e soggetti vincolati, tutti legati dall’obiettivo di comprendere, analizzare e predire gli scenari futuri dell’istruzione nazionale, non in maniera approssimativa e rudimentale, ma tramite la gestione unitaria e razionale dei cambiamenti in atto.

L’analisi SWOT arriva nella scuola italiana

Cinque anni fa le scuole italiane, sollecitate dall’Unione Europea, sono state chiamate a definire un Rapporto di Autovalutazione (RAV), un report che le ha spinte a scattare fotografie veritiere sullo stato dell’arte della valutazione di sistema. Punto di partenza della nuova esperienza di lavoro e di confronto è stata la definizione di un’analisi SWOT, conosciuta anche come matrice SWOT. E’ uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), le debolezze (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba svolgere una decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L’analisi ha riguardato sia l’ambiente interno del quale si sono evidenziati i punti di forza e di debolezza, che quello esterno alla scuola, del quale sono emerse minacce ed opportunità.

Attraverso tale matrice si è riflettuto probabilmente per la prima volta sulla reale condizione della scuola dell’autonomia e si sono fissati obiettivi di miglioramento da perseguire in una pianificazione strategica mirata, definita Piano di Miglioramento (Pdm).

Idealmente, l’analisi SWOT andrebbe svolta da un cross-functional team o una task force che rappresenta una vasta gamma di prospettive. Nel caso delle scuole si è scelto un team composto da funzioni di staff fortemente informate sui processi scolastici e già motivate a migliorare il sistema scuola, in aggiunta al Nucleo interno di valutazione e ovviamente coordinate dal dirigente scolastico.

Le origini storiche del RAV

Dall’approvazione della Legge 150/2009, ogni settore della pubblica amministrazione si è dotato di un proprio sistema di valutazione, sviluppando una nomenclatura appropriata e specifica, coerente con le caratteristiche del servizio erogato. Il compito dell’Invalsi è stato quello di strutturare un linguaggio ad hoc per la scuola, rispettoso della letteratura e delle esperienze di autovalutazione preesistenti, ma che fosse anche specifico del processo strutturato ormai in atto.

Nel RAV (Rapporto di Auto Valutazione), dunque, sono state fissate le priorità intese come obiettivi generali che la scuola si prefiggeva di realizzare nel lungo periodo attraverso l’azione di miglioramento. E’ ovvio che  le priorità che la scuola si poneva dovevano necessariamente riguardare gli esiti degli studenti, suddivisi in quattro aree (Risultati scolastici, Risultati nelle prove standardizzate nazionali, Competenze chiave e di cittadinanza, Risultati a distanza) specificando quali traguardi si sceglieva di voler conseguire.

Nella definizione dell’obiettivo di processo del Rav, bisognava tener conto dell’individuazione dei punti di forza e dei punti di debolezza definiti, per garantire coerenza e fattibilità al futuro piano, considerando che quelli delineati non erano semplici obiettivi generali ma essenzialmente obiettivi relativi ai processi individuati per la compilazione del Rav e, dunque, fortemente operativi. Insomma la sfida era migliorare i processi per migliorare gli esiti, attraverso la definizione di priorità, obiettivi e traguardi di lungo termine (Triennali).

Obiettivo finale dell’analisi Swot era definire attraverso il RAV un Piano di Miglioramento che partendo da uno stato finale desiderato, ovvero da un obiettivo generale, fosse strumentale al raggiungimento di obiettivi intermedi strategici.

Il RAV nelle scuole risponde a una struttura logica articolabile in più funzioni: funzione analitica (suddivisa in orientativa verso il contesto e valutativa degli esiti e dei processi); funzione documentativa (incentrata sul processo di autovalutazione vero e proprio); funzione operativa (tesa essenzialmente all’individuazione delle priorità).

La scuola individua, quindi, con opportune motivazioni, le priorità o mete che fissa rispetto al processo di valutazione compiuto, alle quali priorità sono connessi i traguardi di lungo periodo o meglio triennali che si intende raggiungere in relazione al miglioramento degli esiti degli studenti e in stretta armonia con il Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF).

Il PDM insegna la pianificazione a scuola

Nel diventare sempre più organizzazione complessa, la scuola si prefigura al contempo organizzazione istituzionale che si colloca all’interno di un’area normativa che ne formalizza l’identità e il mandato, professionale per la parte che riguarda i processi di insegnamento/apprendimento e di servizio poiché risponde a precisi bisogni formativi e a una pluralità di soggetti.

Attraverso il PDM (Piano Di Miglioramento) si è voluto avviare un percorso di autovalutazione e miglioramento che non fosse un processo calato dall’alto o dall’esterno, ma costruito insieme a tutti gli attori coinvolti in una ricerca partecipata, in cui ogni soggetto si sentisse il più possibile protagonista del processo di cui faceva parte (Barbier 1977). Gli ambiti di intervento nella scuola sono plurimi e variegati. Partendo dalla complessità del microcosmo scolastico, si possono individuare dei sottosistemi e delle dimensioni che si intrecciano e si influenzano fra loro, quali la dimensione organizzativa e di leadership, la dimensione valutativo/progettuale, la dimensione relazionale/comunicativa e quella pedagogico/didattica. Il Dirigente scolastico in questa pianificazione deve ricoprire vari ruoli, a partire da quello di mentor, attento e presente nel rispondere alle diverse esigenze e problematiche che la scuola potrebbe trovarsi ad affrontare, ma deve fungere anche da coach, che accompagna il Nucleo di Autovalutazione nel riconoscimento e nello sviluppo delle potenzialità della scuola, nella definizione delle priorità e degli obiettivi da raggiungere, costruiti sul sistema di  valutazione/autovalutazione/miglioramento.

Come parte dello sviluppo di strategie e di piani per consentire il raggiungimento dei suoi obiettivi, ogni organizzazione-scuola può utilizzare un processo sistematico e rigoroso noto come pianificazione aziendale. La scuola italiana ha fissato obiettivi, ha valutato mediante analisi Swot il suo ciclo di vita, ha evidenziato le strategie esistenti, ne ha definite di  nuove, ha enucleato i fattori critici di successo, ha attivato i piani di realizzazione in attuazione delle strategie, ha diffuso i risultati del monitoraggio, ha talvolta dovuto modificare i propri obiettivi e strategie, ha sempre messo in stretta relazione traguardi propri e benchmarking europei.

La scuola diventa azienda dei servizi: il ciclo PDCA o ruota di Deming

Punto di partenza metodologico è stato, per tutti gli attori coinvolti nel lungo processo di miglioramento, il ciclo di Deming o ciclo di PDCA, acronimo dall’inglese Plan–Do–Check–Act (in italiano “Pianificare – Fare – Verificare – Agire”), metodo di gestione iterativo in quattro fasi, utilizzato già negli anni Cinquanta per il controllo e il miglioramento continuo dei processi e dei prodotti dell’industria del Giappone.

È un modello studiato per il miglioramento continuo della qualità in un’ottica a lungo raggio. Serve per promuovere una cultura della qualità che è tesa al miglioramento continuo dei processi e all’utilizzo ottimale delle risorse. Questo strumento parte dall’assunto che per il raggiungimento del massimo della qualità sia necessaria la costante interazione tra ricerca, progettazione, test, produzione e vendita. Per migliorare la qualità e soddisfare il cliente, è necessario passare attraverso tutte e quattro le fasi costantemente, tenendo fede a un criterio principale, la qualità. Insomma il ciclo viene ripetuto fino a quando non si raggiunge l’obiettivo finale. Oggi il concetto di far girare costantemente la ruota di Deming per generare miglioramento continuo è esteso a tutte le fasi del management e i quattro stadi della ruota corrispondono a precise attività anche nella scuola italiana.

Nella fase P (Plan) si pianificano obiettivi e processi per raggiungere i risultati attesi; nella D (Do) vi è l’Esecuzione del programma, si eseguono i processi per raccogliere dati e creare grafici; nella C (Check)  appaiono Test e controllo, si raccolgono i risultati e si confrontano con quelli attesi onde verificare eventuali differenze; nella A (Act) parte l’Azione per rendere definitivo e migliorato il processo (estendere quanto testato dapprima in contesti circoscritti all’intera organizzazione); si tratta dunque di azioni correttive sulle differenze significative tra i risultati effettivi e quelli previsti.

Accanto al lavoro interno, svolto dal gruppo del RAV ed in primis dal nucleo interno di valutazione (NIV), sono nate iniziative tese al monitoraggio dell’avanzamento delle azioni di miglioramento attivate nelle singole scuole, grazie al contributo dei nuclei esterni di valutazione (NEV), che a partire dall’anno scolastico 2014-2015 si sono formati presso l’Invalsi onde valutare i processi organizzativi ed educativi intrapresi ed anche i dirigenti e i docenti in essi impegnati. Tale valutazione, pensata in termini di promozione e valorizzazione, ha ulteriormente agevolato il governement del sistema scuola misurando sia il contributo dirigenziale (L. 107/2015 cc. 93-94), attraverso la valutazione della sua direzione unitaria in termini di partecipazione e collaborazione tra le diversi componenti della scuola, che quantificando e qualificando i rapporti tra il contesto sociale e le reti di scuola, a loro volta valutati anche dal Direttore scolastico regionale insieme all’intero nucleo regionale di valutazione cui spetta anche l’eventuale attribuzione ed il riconoscimento di retribuzione di risultato per il dirigente scolastico (Direttiva 36/2016).

Dopo il Rav è risultato indispensabile riallineare il PTOF alle misure di miglioramento e rimodulare l’organizzazione in funzione del miglioramento suggerito dal nucleo esterno, magari facendo corrispondere ai punti di forza le opportunità e trasformando le minacce in opportunità di crescita e di miglioramento, applicando così adeguate strategie di conversione ed un razionale sistema di corrispondenze.

La scuola italiana pubblica il primo bilancio sociale

A conclusione dell’intero cambiamento epocale cui la scuola dell’autonomia è chiamata a rispondere ultimo step risulta, per il corrente anno scolastico, la pubblicazione dei risultati mediante un apposito bilancio sociale. Ne deriva per la scuola la responsabilità sociale (accountability) quale diretta espressione del principio di sussidiarietà orizzontale che essa applica nel momento in cui è chiamata a presentare alla comunità di appartenenza i traguardi raggiunti e direttamente fruibili da tutti i cittadini. Ogni istituzione scolastica, attraverso i processi di raccolta, le analisi e la diffusione dei risultati quantitativi e qualitativi conseguiti dall’organizzazione, dimostra in tal modo di aver massimamente contribuito a definire un bilancio dell’intera società positivo e dunque attivo e di aver migliorato, non solo il complessivo apprendimento degli studenti, ma le generali condizioni di vita dei cittadini facenti parte della medesima comunità di pratica.

L’atto di indirizzo del “nuovo” Dirigente Scolastico

La Legge 107/2015 al comma 14 assegna al Dirigente scolastico la responsabilità di definire  al Collegio dei docenti gli indirizzi generali per la stesura o la revisione del PTOF, documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale della scuola, contenente la progettazione curriculare, extracurriculare, educativa e organizzativa. Oggi il dirigente scolastico è l’unico dirigente della pubblica amministrazione a scegliere le attività da progettare e ad adottare le modalità di gestione ed amministrazione nei processi lavorativi.

Nella scuola dell’autonomia, posizionata tra servizio efficace e progetto culturale e di vita, il DS non può limitarsi alla sola gestione della vita interna dell’istituzione scolastica, ma deve avvalersi del contributo di tutti gli stakeholders del contesto territoriale onde rendere concreto e tangibile il successo formativo di ciascun allievo, risultato della singola vocazione personale, mixata ad un progetto professionale immediatamente spendibile nel mercato del lavoro locale e rinnovabile per l’intero arco della vita, secondo il Programma Lifelong Learning. Il DS indirizza le linee generali del PTOF, garantisce agli studenti la possibilità di scegliere un curriculum opzionale e provvede alla cura dei talenti (cc. 28 e 29). I docenti e gli allievi collaborano nella comunità scolastica verso l’unico grande obiettivo, la mission, ovvero il successo autorealizzativo per tutti e il conseguente innalzamento del livello culturale per i cittadini dell’intero paese.

Durante i primissimi mesi del nuovo anno scolastico (settembre-ottobre), il DS si consulta con gli attori portatori di interesse e, nel caso in cui diriga una scuola secondaria di secondo grado, si avvale anche del contributo dei membri del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) e del CS (Comitato Scientifico), istituiti attraverso i DPR 87,88,89 del 2010 e composti da enti locali, associazioni professionali e stakedolders col precipuo fine di costruire una rete di sistema pubblico integrato basato sulla sussidiarietà, che riconosca in linea verticale il ruolo nella formazione dei soggetti politici rilevanti anche locali (Decreto Lgs. 112/1998), ma si traduca quotidianamente in autonomia organizzativa delle attività didattiche. Il Dirigente, tenendo in giusto conto la centralità della persona, analizzati i dati del RAV, rispettando gli obiettivi prefissati nel PDM (DPR. 80/2013),  sceglie per la propria istituzione scolastica parte dei traguardi indicati dall’Atto di indirizzo del MIUR ed in linea con le relative indicazioni del Direttore Scolastico Regionale di riferimento.

Il nuovo sistema-scuola integrato e aperto, costruito per garantire a tutti gli allievi il successo formativo, mira a conseguire una serie di obiettivi quali il raggiungimento del massimo titolo di studio, il diploma quinquennale, il conseguimento di elevati livelli di competenza certificati, il calo degli abbandoni scolastici e del fenomeno della dispersione, la realizzazione di pari opportunità tra studentesse e studenti, la riduzione delle diseguaglianze socio-culturali, l’ampia diffusione della didattica digitale, l’inclusione degli alunni diversamente abili e con bisogni educativi speciali.  Insomma, la vera mission della scuola italiana dell’autonomia è garantire al paese e all’Europa intera, crescita intelligente, sostenibile, inclusiva (Europa Education and Training 2020).

Il DS orienta l’organico della scuola, al fabbisogno di posti comuni, di sostegno e di potenziamento dei docenti ed al relativo Piano di formazione (c. 57) utilizzando per loro le opportunità offerte dalle reti di ambito e di scopo (cc. 70-72 e 74) e potenziando l’utilizzo di attrezzature e infrastrutture adeguate come previsto dal PNSD (c. 57), garantendo agli insegnanti formazione continua e permanente.

Questo modello di scuola pluralista viene completato, nella secondaria di secondo grado, dalla Alternanza scuola-lavoro quale metodologia tesa al miglioramento dell’occupabilità degli allievi diplomati, alla certificazione delle competenze formali, non formali e informali (Decreto Lgs. 13/2013), alla inclusione nel lavoro degli allievi svantaggiati nel rispetto della tutela del lavoratore (Decreto Lgs. 81/2008).

L’accountability, quale responsabilità incondizionata in capo al dirigente scolastico dei risultati conseguiti dalla scuola sulla base delle capacità, abilità ed etiche, richiedente il giudizio del buon padre di famiglia e la sua elevata capacità decisionale, si realizza essenzialmente nel relazionarsi con gli attori portatori di interesse sia interni che esterni alla scuola, nel comunicare con trasparenza la performance definita mediante un accurato ed adeguato piano della comunicazione, nel coinvolgere gli stakeholders nella definizione degli standard, ottenendo contemporaneamente senso e consenso.

Le scelte propositive e le strategie condivise con gli attori della comunità di apprendimento, dimostrano che la leadership costruttivista promuove fiducia, reciprocità e cooperazione autentica, costruisce alleanze sociali, soddisfa pienamente le aspettative della comunità scolastica e dell’intera comunità di pratica, valorizza le componenti di autonomia, di efficacia e di efficienza, frutto della gestione unitaria da parte del Dirigente dell’intera istituzione scolastica, in sinergia con l’obiettivo 4 fissato nell’Agenda europea 2030, volto a fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, dunque una reale opportunità di apprendimento per tutti.

In sintesi il nuovo dirigente scolastico diventato leader trasforma gli stakeholders in shareholders e crea capitale umano composto da conoscenze, competenze, abilità, emozioni funzionali e strumentali nel generare obiettivi sociali ed economici, sia a vantaggio del singolo che dell’intera collettività.