Hour of code, disseminazione e coinvolgimento


Hour of code

L’ora del codice è un’iniziativa nata negli Stati Uniti nel 2013 per avvicinare gli studenti e le scuole al coding. Come tutte le campagne di alfabetizzazione, il pretesto di svolgere almeno un’ora di programmazione si trasforma nell’opportunità di coinvolgere milioni di persone in Europa e nel mondo.

Lo scopo è di dimostrare che, attraverso l’utilizzo attivo della tecnologia informatica, si può comprendere meglio la società di oggi e quella del futuro e che per affrontare la complessità ed inserirsi nel mondo del lavoro è necessario che le nuove generazioni sviluppino il pensiero computazionale e la creatività.

Dal 2014 L’ora del codice è proposta nell’ambito del progetto Programma il Futuro dal MIUR in collaborazione con il CINI (consorzio interuniversitario nazionale), fornendo alle scuole  una serie di strumenti semplici, divertenti e facilmente accessibili per formare gli studenti ai concetti base dell’informatica.

I risultati sono strabilianti e collocano il nostro Paese al primo posto in Europa e nel mondo. Per il successo ottenuto il progetto è stato riconosciuto come iniziativa di eccellenza europea per l’istruzione digitale nell’ambito degli European Digitale Skills Awards 2016.

Quest’anno l’ora del codice si è svolta dal 3 al 9 dicembre e ha permesso di inventare app, affrontare sfide di coding, lavorare con i compagni alla realizzazione di prodotti originali e fantasiosi. Tutti possono partecipare a prescindere dall’età e dall’esperienza. L’unico requisito è… lasciarsi  trasportare dalla creatività!

Parola all’esperto

Mi chiamo Alan Touring. Vi sembrerà strano leggere di me, ma sento ancora la necessità di dire qualcosa perché la mia vita è rimasta, in qualche modo, incompiuta.

Mi sono occupato di varie cose e avevo tante passioni, ma oggi sono ricordato come papà dell’informatica. Ho concepito, infatti, un modello astratto di macchina che, dotata di un nastro potenzialmente infinito di simboli, esegue algoritmi per sempre. Questo apparecchio è considerato l’avo dei computer moderni.

Ho sempre amato la matematica, per me era come un gioco. Sono riuscito a decifrare codici difficilissimi, addirittura quelli del comando tedesco che, con i sottomarini, affondava le navi degli Alleati durante la seconda guerra mondiale. Molti dicono che, con quella decodifica, ho salvato delle vite umane. Non so quante,  ma a me basta sapere che ne ho salvata almeno una.

Ho sempre ritenuto che le macchine potessero essere costruite simulando i comportamenti umani. L’intelligenza artificiale è affascinante, ma so bene che quella umana, pur essendo basata su processi meccanici, possiede qualcosa in più: il potere dell’intuizione. Credo proprio che noi possediamo dei super poteri, quelli della creatività e della fantasia.

Ho saputo che qualche anno fa avete festeggiato il centenario della mia nascita. Mi piacerebbe tanto (ri)vivere nella vostra epoca ed avere a disposizione le nuove tecnologie per inventare macchine reali in grado di aiutare l’uomo. Seguo con attenzione le recenti evoluzioni dell’informatica e spero che la petizione per riconoscere gli algoritmi come patrimonio culturale immateriale dell’Umanità possa dare valore e dignità a tutti i procedimenti non ambigui che risolvono problemi e realizzano idee.

Sono stato sfortunato perché ai miei tempi c’erano tantissime restrizioni. Sono stato perseguitato, processato e punito per la mia omosessualità. Sono stato definito genio irascibile, innovatore eccentrico, ironico provocatore. Sì ero tutto questo, ma non solo.

Avevo 41 anni quando ho addentato una mela avvelenata al cianuro. Qualcuno non crede al mio suicidio e forse questo è l’enigma più grande mai svelato legato per sempre al mio personaggio.

Recentemente ho ottenuto la grazia postuma dalla regina d’Inghilterra Elisabetta II e ho visto riconosciuta la mia eredità scientifica. Addirittura in una petizione si firma per candidare il mio volto sulla banconota di 10 £. Come sono cambiati i tempi…

Ma è quella mela morsa, che ha causato la mia morte, immortalata come simbolo della Apple, che resta il mio riscatto più grande perché rappresenta tutti quelli che, come Steve Jobs, hanno apprezzato la mia mente. Quella mela resterà in eterno la metafora dell’innovazione e dei grandi traguardi culturali dell’umanità che raggiungeremo insieme nei secoli a venire… a grandi morsi.

Alan Touring

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