Privacy: raccomandazione europea 679/2016


Salve a tutti! Sono Barbara Maduli, docente di lungo corso (sono di ruolo dal lontano 1992 …) e avvocato. Nel corso della mia esperienza ho avuto occasione di trattare varie tematiche giuridiche attinenti al mondo della scuola in materia sia civile che penale che amministrativa e mi sono resa conto che avere un punto di riferimento e/o qualche consiglio pratico può essere utile per risolvere le varie situazioni in cui un insegnante e, più ancora, un dirigente scolastico, può essere chiamato a prendere decisioni anche di grande responsabilità.

Con questo numero della rivista ho quindi il piacere e l’onore di inaugurare la rubrica di diritto applicato alle istituzioni scolastiche. Com’è noto a tutti, la materia è veramente vasta, e spazia dalle obbligazioni contrattuali agli atti e ai procedimenti amministrativi, al contenzioso avanti al Giudice Civile e Amministrativo e al procedimento disciplinare, alle responsabilità penali, civili e amministrative nascenti da atti illeciti o da reati commessi dal personale scolastico. In sostanza, non c’è aspetto della vita delle Istituzioni scolastiche che non sia permeato di connotazioni giuridiche.

Senza avere alcuna pretesa di esaustività o di sistematicità, né tanto meno di voler dispensare pareri professionali, in questa sede cercherò ad ogni modo di affrontare questioni che interessano l’esperienza concreta di ciascun operatore della scuola, dal Dirigente Scolastico ai docenti e al personale ATA, e di illustrare i profili problematici inerenti ai diritti, agli obblighi e alle responsabilità che gravano sulle figure professionali della scuola. Cercherò anche, nei limiti del possibile, di rispondere ai dubbi dei lettori, facendo capo alla Redazione della rivista e dando la precedenza alle domande di carattere generale e di interesse comune.

Per iniziare, vorrei prendere in considerazione le ipotesi nelle quali un docente rischia di violare le norme sulla privacy. Com’è noto, la materia della tutela del diritto alla privacy, regolata dal D. Lgs. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) è stata di recente radicalmente riformata dall’entrata in vigore, in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali (Regolamento UE  679/ 2016 – RGDP, in inglese “General data protection regulation”, GDPR). Il testo normativo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 4 maggio 2016, è diventato definitivamente applicabile, in via diretta e uniforme, in tutti i paesi UE a partire dal 25 maggio 2018. In Italia, l’adeguamento con la normativa europea è avvenuto tramite il D. Lgs. n. 101/2018, entrato in vigore il 19 settembre scorso, che ha parzialmente abrogato il D. Lgs. 196/2003.

L’attività della scuola, alla stregua di qualsiasi altra attività svolta dagli organi della Pubblica Amministrazione, ricade pienamente nella sfera di applicazione della normativa sulla privacy, poiché raccoglie, detiene e gestisce dati personali degli allievi, dei genitori, del personale dipendente, dei fornitori e di altri soggetti, pubblici e privati, che hanno a che fare a vario titolo con l’istituzione scolastica o che si rivolgono alla scuola per richiedere notizie sugli allievi o sul personale dipendente. Generalmente gli uffici di segreteria gestiscono informaticamente i dati relativi sia al personale docente ed ATA, sia quelli relativi agli studenti, utilizzando delle banche dati più o meno corpose, in rapporto alle dimensioni dell’istituzione scolastica. Le informazioni trattate sono le più varie, da luogo e data di nascita, residenza e domicilio, alla progressione di carriera, ai motivi delle assenze, ai dati fiscali. Per quanto concerne gli alunni, i dati possono essere relativi alla frequenza o meno dell’insegnamento della religione cattolica, al perdurare di determinate patologie e al nome del medico curante.

In materia, i principi fondamentali su cui si basa il diritto alla riservatezza sono, in estrema sintesi, due. In primo luogo, le scuole non possono divulgare i dati in loro possesso, a meno che non adempiano agli obblighi imposti dalla normativa sulla privacy e solo nei casi previsti dalla legge, previa informativa ed in seguito all’ottenimento del consenso da parte dell’interessato (artt. 13 e 18 Codice sulla privacy). Va al riguardo osservato che la prestazione del consenso integra una vera e propria fattispecie contrattuale. La Scuola, del resto, non ha bisogno di consenso, quando versa in attività istituzionale. Va altresì osservato che il consenso/autorizzazione non serve per la stragrande maggioranza dei trattamenti, perché sono le norme che individuano gli ambiti dei trattamenti stessi. Il consenso deve essere, ad ogni modo, espresso mediante un atto con il quale l’interessato manifesta l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettare il trattamento dei dati personali (mediante dichiarazione scritta). I minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali. Il trattamento dei dati personali deve essere lecito e corretto.

In secondo luogo, non possono essere divulgati i cd. “dati particolari” (art. 9 GDPR), vale a dire quei dati che possono rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale. Rientrano in questa categoria i cd. dati “sensibili” e i cd. dati “giudiziari”, che, a loro volta, possono rivelare l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari penali (ad esempio, i provvedimenti penali di condanna definitivi, la liberazione condizionale, il divieto od obbligo di soggiorno, le misure alternative alla detenzione) e amministrativi o la qualità di imputato o di indagato. Va notato che nel GDPR non si fa più distinzione tra dati sensibili e non, ma tutti i dati personali vanno trattati in base alla rilevanza ed all’impatto che hanno sulla privacy del soggetto.

Un particolare riferimento viene fatto dal Codice sulla privacy al settore della pubblica istruzione e, quindi, alle istituzioni scolastiche. L’art. 95 precisa che devono considerarsi di rilevante interesse pubblico le finalità di istruzione e di formazione in ambito scolastico, professionale, superiore o universitario, con particolare riferimento a quelle svolte anche in forma integrata. Come tutti gli operatori scolastici, anche i docenti, trattando quotidianamente con gli studenti, oltre a essere soggetti agli obblighi di riservatezza inerenti al segreto d’ufficio o professionale, devono porre particolare attenzione al rispetto della normativa sulla privacy, a maggior ragione se si considera che essi hanno a che fare quotidianamente con adolescenti minorenni e con l’utilizzo delle nuove tecnologie, tramite le quali lo scambio di dati sensibili è all’ordine del giorno ed è quindi effettivo il rischio di cadere in errore, pur operando in buona fede.

Ad esempio, va tenuto conto che le scuole devono prestare particolare attenzione a non diffondere, anche per mero errore materiale, dati idonei a rivelare lo stato di salute degli studenti, così da non incorrere in sanzioni amministrative o penali. Non è infatti consentito pubblicare in qualsivoglia modalità (cartacea o digitale) documenti contenenti i nomi e i dati degli studenti portatori di handicap; occorre inoltre fare attenzione anche a chi ha accesso ai nominativi degli allievi con DSA, limitandone la conoscenza ai soli soggetti legittimati, ad esempio agli insegnanti che devono predisporre il piano didattico personalizzato (PDP). Di conseguenza, se un insegnante divulga, per quanto in buona fede ed in modo erroneo, i dati relativi agli studenti con handicap o con DSA di cui è a conoscenza in ragione della sua funzione docente, commette una grave violazione al diritto alla privacy dello studente interessato. Ancora, la divulgazione da parte del docente di informazioni relative ad una specifica dieta praticata dagli studenti per motivi di salute o religiosi (ad esempio rendendo noto a terzi che uno studente non mangia un determinato cibo perché segue uno specifico orientamento religioso o per una determinata patologia, intolleranza o allergia) comporta la lesione del diritto alla privacy dello studente in questione, perché rivela le sue convinzioni religiose o il suo stato di salute.

Non commette invece violazione della privacy l’insegnante che assegna ai propri alunni lo svolgimento di temi in classe riguardanti il loro mondo personale o familiare. Nel momento in cui gli elaborati vengono letti in classe, specialmente se sono stati affrontati argomenti delicati, è affidata alla sensibilità di ciascun insegnante la capacità di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze didattiche e la tutela dei dati personali. Restano comunque validi gli obblighi di riservatezza già previsti per il corpo docente riguardo al segreto d’ufficio e professionale, nonché quelli relativi alla conservazione dei dati personali eventualmente contenuti nei temi degli alunni. Pertanto deve ritenersi assolutamente lecita l’assegnazione di temi, da parte degli insegnanti, che comportano la rivelazione di dati e fatti personali e familiari a volte anche sensibili, pur rimanendo fermi per il corpo docente l’obbligo del segreto d’ufficio e professionale e l’adozione di cautele nella lettura in classe degli elaborati su tali argomenti (Garante per la Privacy, Provvedimento del 4 marzo 1999).

Ben diverso è, però, il caso in cui il docente pubblichi (ad esempio su un “social media”, come Instagram, What’s up, FaceBook et similia) o faccia pubblicare da terzi (ad esempio da una testata giornalistica) l’elaborato scritto di un suo studente nel quale sono riportati riferimenti ai dati personali o particolari della sua vita privata, senza aver previamente chiesto ed ottenuto dallo studente o, se questo minorenne, dai genitori, il consenso alla pubblicazione. Tale comportamento, per quanto in perfetta buona fede o dettato da motivazioni condivisibili (si pensi al caso in cui il docente abbia voluto non dileggiare lo studente ma metterne in luce la bravura e le competenze espressive), espone l’operatore scolastico non solo a responsabilità penale e al rischio di una denuncia per violazione della privacy, ma anche a un procedimento disciplinare.

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