La nuova Legge sui servizi educativi per 0-6 anni: D.L. 65/2017

di Fernando Mascolo

Il paradosso del sentimento dell’infanzia che caratterizza la nostra società ormai è un dato di fatto. Nonostante oggi l’idea di un/a bambino/a da 0-6 anni bisognoso solo di assistenza e affetto sia stata culturalmente e socialmente superata da tempo, grazie anche alla Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia del 1989, in molti casi si fa ancora fatica a realizzare un’azione educativa che renda tale bambino/a attivo, partecipe, competente e dunque protagonista e attore/attrice dei propri cambiamenti.

Il D.L. N. 65 del 13 aprile 2017, Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni, partendo dalla consapevolezza che l’educazione e la cura della prima infanzia costituiscono la base essenziale per il buon esito dell’apprendimento permanente, dell’integrazione sociale, dello sviluppo personale di tutti i soggetti, ha finalmente recepito tale paradosso e reso operativa e reale una progettualità educativa e formativa nuova.

Tale decreto pertanto, rappresenta la parte più innovativa e qualificante della legge 107/2015, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, della cosiddetta Buona Scuola, in quanto per la prima volta tale fascia d’età ne entra a far parte.

Molti i suoi punti qualificanti, ma quelli più significativi sono presenti nell’art. 1 e nell’art. 13.

Dopo aver definito all’art. 1 comma 1 che i servizi educativi per l’infanzia devono essere articolati in

  1. a) nido e micronido; servizi integrativi; sezioni primavera
  2. b) scuole dell’infanzia statali e paritarie

tale decreto sottolinea che alle bambine e ai bambini, dalla nascita fino ai sei anni, per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, sono garantite pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali.

Sottolinea cioè che la funzione educativa e sociale di tali istituzioni deve mirare da subito all’inclusione di tutti i soggetti.

Inclusione che all’art.1, comma 2, viene ben declinata attraverso le finalità che esso si pone e cioè:

  • promuovere la continuità del percorso educativo e scolastico, con particolare riferimento al primo ciclo di istruzione, favorendo lo sviluppo delle bambine e dei bambini in un processo unitario, in cui le diverse articolazioni del Sistema integrato di educazione e di istruzione collaborano attraverso attività di progettazione, di coordinamento e di formazione comuni;
  • concorrere a ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali e favorire l’inclusione di tutte le bambine e di tutti i bambini attraverso interventi personalizzati e un’adeguata organizzazione degli spazi e delle attività;
  • accogliere e rispettare le diversità;
  • sostenere la primaria funzione educativa delle famiglie, favorendone il coinvolgimento nell’ambito della comunità educativa e scolastica;
  • favorire la conciliazione tra i tempi e le tipologie di lavoro dei genitori e la cura delle bambine e dei bambini, con particolare attenzione alle famiglie monoparentali;
  • promuovere la qualità dell’offerta educativa avvalendosi di personale educativo e docente con qualificazione universitaria e attraverso la formazione continua in servizio, la dimensione collegiale del lavoro e il coordinamento pedagogico territoriale.

Per la prima volta, attraverso tale decreto, viene legittimato che sono proprio le primissime esperienze dei bambini quelle che gettano le basi per ogni forma di apprendimento ulteriore.

Viene deliberato non solo culturalmente ma anche giuridicamente che la formazione, per offrire a tutti la possibilità di partecipare attivamente al mondo sociale, culturale e professionale, deve partire dai primi giorni di vita del bambino e lavorare sia sulle componenti logico-razionali del suo sviluppo che su quelle emotive e affettive, attivando un processo che si svolge in una serie di apprendimenti, progetti e verifiche successive.

Per realizzare tutto ciò, l’altro aspetto qualificante di tale decreto è l’art. 14, comma 3, in cui viene precisato che a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 l’accesso ai posti di educatore di servizi educativi per l’infanzia è consentito esclusivamente a coloro che sono in possesso della laurea triennale in Scienze dell’educazione nella classe L.19 a indirizzo specifico per educatori dei servizi per l’infanzia.

Con chiara consapevolezza pedagogica, attraverso questo articolo viene deliberato che, la formazione di coloro che, in qualità di care giver e dunque di educatori, devono supportare lo sviluppo di tali soggetti, deve essere acquisita secondo un ben definito percorso universitario. Un corso di laurea che già da anni la pedagogia realizza convinta che solo operatori competenti possono rispondere agli autentici bisogni di sviluppo di tutti i soggetti a partire dai primi giorni di vita.

Questo decreto, oggi in forma già attuativa, anticipa e supporta in parte la proposta di legge Iori 2656 (oggi in senato 2443) che ha nel suo impianto il riconoscimento giuridico di tutti gli educatori sociopedagogici laureati nei corsi di laurea L-19 triennali e tra cui anche quella di educatore per l’infanzia. Un riconoscimento che oggi non può più essere disatteso.

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