La Corte europea dei Diritti dell’uomo: report annuale delle attività del 24 gennaio 2019


Alla fine della seconda guerra mondiale nel 1949 viene istituito a Strasburgo il Consiglio d’Europa, con il compito di promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e di ricercare soluzioni ai problemi sociali emergenti. Uno degli organi principali del Consiglio, è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sede anch’essa a Strasburgo, ma qualora lo ritenga utile, la Corte può esercitare le sue funzioni in altri luoghi del territorio degli Stati membri del Consiglio d’Europa (art. 19 del Regolamento della Corte).

Dopo un anno di febbrile lavoro viene firmata a Roma nel 1950, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), le cui finalità sono quelle di promuovere il rispetto e la tutela di alcuni diritti costituzionali, quali il diritto alla vita, la proibizione della tortura e dei trattamenti disumani; la proibizione della schiavitù e del lavoro forzato; il diritto alla libertà e alla sicurezza; il diritto a un equo processo; il diritto al rispetto della vita privata e familiare; la libertà di pensiero, di coscienza e di religione; la libertà di espressione; la libertà di riunione e di associazione; il diritto al matrimonio; il divieto di discriminazione con particolare riferimento alle differenze di trattamento fondate sul sesso, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione e sulle opinioni politiche.

Nel corso degli anni la Convenzione stipulata ha visto continue modifiche nella stesura di protocolli procedurali, rispondenti al cambiamento socio-economico e culturale continuo. Tali protocolli (“16 Protocolli addizionali”) prendono in esame le misure giuridiche messe in atto per prevedere e  contenere le conseguenze di atti discriminatori nei confronti dei diritti umani.

Tante le procedure semplificate di trattazione delle controversie: dalla procedura della “sentenza pilota”, una particolare forma di pronuncia utilizzata quando ci si trova di fronte ad un problema strutturale della legislazione di un determinato Stato, alla riduzione del termine per adire la Corte da sei a quattro mesi (art. 4); alla soppressione del diritto di opposizione delle parti alle proposte di trasferimento della competenza alla Camera allargata (art. 3); alla fissazione a 65 anni del limite d’età per l’esercizio della funzione di giudice della Corte (art. 2).

La magistratura di uno Stato membro europeo, nella risoluzione di controversie,  può richiedere alla Corte Edu un parere consultivo e tale richiesta, oltre ad essere facoltativa, non pregiudica all’autorità giudiziaria istante di poterla ritirare in ogni momento. La richiesta di parere deve vertere su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti nella Convenzione o nei suoi protocolli.

I pareri consultivi che espressi dalla Corte saranno motivati, ma non vincolanti. Infatti le sentenze e le decisioni della Corte sono quasi sempre di natura dichiarativa, in quanto accertano una violazione o meno della Convenzione, che viene interpretata dai giudici di Strasburgo al fine di sviluppare standards omogenei tra Stati membri di rispetto dei diritti fondamentali. Tutti i rapporti con la Corte avvengono in via epistolare e la procedura è totalmente gratuita, anche in caso di rigetto del ricorso.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha il compito di garantire effettività ed efficacia della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali negli Stati facenti parte del Consiglio d’Europa. Attraverso la sua opera ermeneutica essa ha notevolmente ampliato il catalogo dei diritti umani fondamentali tutelati dalla Convenzione.

Non ultimo e meno incisivo,  il Trattato di Lisbona, del 1° dicembre 2009, con cui si sono aperti nuovi orizzonti all’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il Trattato prevede, infatti, anche l’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione ed apre nuovi spazi al diritto europeo dei diritti della persona umana, istituendo la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

La Carta raggruppa tutti i diritti della persona in un unico testo, applicando in questo modo il principio di indivisibilità dei diritti fondamentali. Classificati in diritti di libertà, diritti alla dignità, diritti di uguaglianza, diritti di solidarietà, diritti di giustizia, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.

L’Unione europea dispone di altri strumenti per proteggere i diritti fondamentali. Le questioni relative ai diritti fondamentali sono monitorate e possono essere oggetto di raccomandazioni specifiche per paese. I settori interessati comprendono i sistemi giudiziari (sulla base del quadro di valutazione della giustizia), nonché la disabilità, i diritti sociali e i diritti dei cittadini (in relazione alla protezione contro la criminalità organizzata e la corruzione). La Commissione pubblica inoltre una relazione annuale sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali, che è esaminata e discussa dal Consiglio, che adotta le conclusioni in merito, e dal Parlamento, nel quadro della sua relazione annuale sulla situazione dei diritti fondamentali nell’UE.

In riferimento a tale documento, il 24 gennaio 2019 è stato pubblicato il rapporto annuale sull’attività della Corte europea dei diritti dell’uomo (firmato dal Presidente della Corte Guido Raimondi), documento che analizza nel dettaglio l’andamento del numero delle sentenze in Europa nei confronti della violazione dei diritti umani. Dalla lettura del rapporto emerge che, tra i paesi europei che hanno subito il maggior numero di condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, c’è la Russia. Seguono la Turchia, l’Ucraina, la Romania e l’Ungheria. L’Italia si colloca a quota 11, migliorando la posizione anche grazie al massiccio e strategico utilizzo dei regolamenti amichevoli e delle dichiarazioni unilaterali, con cui, di fatto, lo Stato riconosce la violazione e corrisponde un indennizzo ai ricorrenti.

Da sottolineare che il numero elevato dei ricorsi pendenti, indica da un lato la fiducia dei cittadini verso la stessa Corte europea, dall’altro però evidenzia la non realizzazione effettiva dei diritti dell’uomo sul piano interno, con buona pace del principio di sussidiarietà.

Il rapporto sottolinea la lotta alla tortura, al razzismo, alla effettiva parità tra gli uomini e le donne, pone l’accento su alcuni temi delicati come quello dei migranti. La situazione in cui ci troviamo è peggiore di prima. Pensiamo alla Primavera Araba, a quello che è successo in Tunisia, in Siria, in Yemen, in Egitto. La gente è scesa in strada per chiedere pane, libertà e dignità. Le risposte sono state morte e repressione. In Europa vengono messi in discussione concetti fondamentali come il diritto di espressione della propria sessualità, quello riproduttivo, quello di solidarietà e anche il diritto d’asilo.

Nel rapporto occupano un ruolo centrale i “difensori dei diritti umani” (incontratisi a Parigi nel novembre 2018) sostenuti incessantemente dall’Unione europea e non solo. Essenziali al funzionamento delle società democratiche, spesso però sono soggetti a minacce e arresti, per questo il Parlamento europeo richiama di volta in volta l’attenzione sulle difficoltà che incontrano i Difensori dei diritti umani nel mondo, emanando risoluzioni d’urgenza.

“Il rispetto dei diritti umani è condizione preliminare per lo sviluppo sociale ed economico di un Paese. Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune.” (Papa Francesco /Discorso del Santo Padre in occasione dell’Incontro con le Autorità della Repubblica d’Albania – Viaggio Apostolico a Tirana, 21/09/2014)

E’ questo un monito a costruire la pace non con l’affermazione del potere del vincitore sul vinto, ma con il consolidamento del confronto tra le Nazioni in un clima di parità, a favore del benessere di tutti.

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