Una scuola per tutti…

di Mario Atria

Parlare di scuola come ambiente di apprendimento porta a prendere in considerazione due aspetti fondamentali: il primo è la dimensione cognitiva che attiene alla scuola in quanto produttrice di apprendimento, il secondo è la dimensione emotiva che attiene alla scuola in quanto ambiente sociale  in cui l’apprendimento si verifica.

La scuola italiana, secondo le Indicazioni Nazionali del 2012, sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza della diversità un valore irrinunciabile. Attraverso specifiche strategie e percorsi personalizzati, favorisce la prevenzione e il recupero della dispersione scolastica e del fallimento formativo precoce, attivando iniziative in collaborazione con Enti locali e le agenzie educative presenti nel proprio territorio.

Il D.M. 254 del 2012 dedica un paragrafo e un capitolo all’importanza degli ambienti di apprendimento. Nella parte dedicata alla scuola dell’infanzia si legge che il curricolo si esplica in un’equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione, di apprendimento, dove le stesse routine svolgono una funzione di regolazione dei ritmi della giornata offrendosi come base sicura per nuove esperienze e nuove sollecitazioni. L’apprendimento avviene attraverso l’esplorazione, l’azione, il contatto con gli oggetti, la natura, l’arte, il territorio, in una dimensione ludica, da intendersi come forma tipica di relazione e di conoscenza.

Nella parte dedicata alla scuola del primo ciclo, il documento, pone al centro la persona che apprende. Promuovendo un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppando al meglio le proprie inclinazioni, curiosità, consapevolezza di sé, costruendo un proprio progetto di vita. Viene sottolineata la dimensione comunitaria dell’apprendimento, si parla di aiuto reciproco, di apprendimento cooperativo e di apprendimento tra pari.

Negli ultimi  anni, in maniera graduale, si è passati dal paradigma dell’insegnamento (classi tradizionalmente intese con i docenti in cattedra e i discenti tra i banchi) a quello dell’apprendimento per scoperta( spazio aperto sul mondo).  Non più una visione incentrata sull’insegnamento, ma un’attenzione sul soggetto che apprende e quindi sui suoi processi (dal teaching centered al learning centered). Oggi i docenti hanno un ruolo fondamentale, in questa nuova prospettiva, dovendo far evolvere le classi in comunità che apprendono e in comunità di pratiche.

Stiamo assistendo a  rapidi cambiamenti nelle nuove tecnologie che pongono  alle scuole nuove e difficili sfide. Uno degli obiettivi di miglioramento è trasformare l’aula in un ambiente di apprendimento innovativo e interattivo, in cui gli studenti siano protagonisti.  È convinzione comune, infatti, che un ambiente di apprendimento ottimale garantisce una gestione costruttiva della classe, un aumento di interesse e maggiori motivazioni negli studenti. In questo nuovo scenario il docente è chiamato a svolgere un ruolo di facilitatore, con il compito di supportare e stimolare gli allievi, affinché in maniera autonoma questi possano determinare i propri obiettivi di apprendimento, scegliere le attività da svolgere, accedere alle risorse informative e agli strumenti messi a disposizione nell’ambiente di lavoro.

Per poter realizzare «una crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva» (Europa 2020) si rende necessario organizzare, quindi, una didattica che integri linguaggi, strumenti e contenuti in nuovi quadri d’insieme. Le tecnologie digitali sono di grande supporto per il docente, che assume sempre più il volto di un «co-designer dell’apprendimento». Esse sono parte integrante degli attrezzi che mediano la relazione tra docente e discente, veicolano informazioni e saperi mettendo l’insegnante in condizione di porre in atto una didattica multimediale. Talvolta il supporto tecnologico risulta indispensabile all’apprendimento e alla partecipazione degli alunni con disabilità.

Secondo il modello ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Salute e della disabilità) ogni persona si situa all’interno di un continuum di funzionamento a seconda dell’incontro tra le sue caratteristiche personali e le caratteristiche del contesto in cui vive. Ovvero, non esiste una netta distinzione tra la normalità e la patologia, esistono dei diversi livelli di funzionamento che dipendono dalle caratteristiche interne di ogni individuo e il tipo di contesti ambientali nei quali la persona vive.

Secondo una logica inclusiva la sfida è quella di strutturare interventi mirati e specifici, per una scuola che lavora sul contesto al fine di promuovere un’educazione per tutti, in una prospettiva ICF bio-psico-sociale, dove il concetto di «salute» supera il significato della semplice assenza di malattia per abbracciare il concetto di benessere bio-psico-fisico. Bisogna pensare la scuola, i suoi spazi, e i suoi tempi avendo come focus un approccio didattico globale, una didattica inclusiva.

Non più il ragazzo con la sua disabilità (che creerebbe discriminazione), ma tutte le condizioni educative che rendono la classe scolastica ambiente ospitale, accogliente, per TUTTI. Un ambiente dal punto di vista didattico capace di essere strumento in grado di promuovere gli apprendimenti in maniera differenziata, attento alla promozione e alle potenzialità di ognuno. Il contesto ambientale, quindi, può rappresentare una grande facilitazione se riesce a venire incontro al funzionamento della persona e limitarne o minimizzarne le difficoltà. La scuola si pone nei confronti di chi vi entra, siano essi alunni, personale scolastico o genitori, o come una facilitazione o come un ostacolo. Una scuola inclusiva cerca di diventare sempre più una scuola che trasforma i contesti in modo da renderli accessibili a tutti,  non solo da un punto di vista strutturale. Una scuola per tutti!

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