Valutare i BES… le novità che non ci sono

di Fernando Mascolo

“… non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”
(Don Milani “Lettera ad una professoressa”)

L’argomento della valutazione degli alunni con disabilità, DSA e altri BES  è uno dei più caldi nelle nostre scuole, spesso occasione di contenzioso con le famiglie.

La recente direttiva sugli alunni con bisogni educativi speciali estende in modo rilevante il diritto alla personalizzazione all’apprendimento, finora tutelato solo per gli alunni con disabilità e per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento (DSA). Tale estensione apre un insieme di interrogativi in merito alle azioni diagnostiche, progettuali, didattiche e valutative che la scuola è chiamata a mettere in campo, oltretutto in una dimensione collegiale che assume come soggetto chiave il consiglio di classe o i team docenti; più in generale la questione principale riguarda proprio la presa in carico da parte della scuola di bisogni educativi individuali e differenziati, a fronte di un approccio tradizionalmente uniforme e standardizzato.

Per quanto riguarda specificamente il momento valutativo si registra un superamento del quadro delineato nel Regolamento del 2009, proprio in ragione dell’estensione del principio di personalizzazione ad un insieme di tipologie molto ampio (i disturbi evolutivi specifici e, ancor più lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.

Anche per la gestione del momento valutativo il passaggio chiave risulta il  Piano Didattico Personalizzato (PDP), nel quale dovrebbe trovare spazio anche l’esplicitazione dei criteri e delle modalità di valutazione, oltre che la definizione di obiettivi formativi calibrati sui bisogni degli allievi. Ciò significa non solo richiamare eventuali misure dispensative o compensative, ma anche precisare ambiti disciplinari o educativi nei quali le modalità valutative saranno diversificate, definire criteri di valutazione personalizzati, prevedere prove e strumenti di rilevazione differenziati.

Rimangono aperti molti interrogativi in merito agli Esami di Stato e alle prove nazionali di rilevazione degli apprendimenti, in quanto richiamano in modo più diretto la funzione certificativa della valutazione; interrogativi che dovranno trovare risposte sul piano normativo e del sistema nazionale di valutazione. Il segnale forte e inequivocabile rimane quello lanciato nei confronti della valutazione quotidianamente svolta in classe dai docenti, che dovrebbe assolvere ad una funzione eminentemente formativa: un segnale che richiede un radicale ripensamento delle modalità valutative, riguardante non solo gli alunni BES ma la totalità degli alunni.

Sono parecchi i punti della normativa esistente sulla valutazione degli alunni con esigenze particolari che vengono spesso equivocati e che andavano pertanto definiti meglio, ma di cui il nuovo decreto non parla. Gravissimo a mio parere è il silenzio sugli alunni con Bisogni Educativi Speciali individuati autonomamente dalle scuole, per i quali si sono aperte negli ultimi anni alcune modeste possibilità di personalizzazione anche nella valutazione certificativa, definite però tutte da semplici Note od Ordinanze Ministeriali. Avere inserito finalmente queste tutele – per altro molto modeste, come detto -, in una legge ordinaria avrebbe dato un minimo di dignità formale a tali procedure, diffondendo il messaggio che la scuola inclusiva, di cui tanto il Ministero si riempie la bocca, non può valere solo per quelli che portano a scuola un certificato medico redatto nelle dovute maniere. Il fatto che il Decreto non ne parli rende purtroppo ancora più debole la posizione degli alunni senza certificazione di disabilità o DSA.

Ci si aspettava inoltre un serio chiarimento normativo sulla questione della validità del titolo di studio alla secondaria, considerando anche che praticamente tutte le procedure in uso si basano ancora su un’Ordinanza Ministeriale di sedici anni fa, la n. 90 del 2001 per l’esattezza, per vari aspetti superata (pensiamo all’abolizione degli esami di qualifica) e interpretata in modo scandalosamente disomogeneo a livello nazionale, con zone d’Italia in cui tutti gli alunni con disabilità o quasi conseguono il diploma, altre in cui tutti o quasi ricevono l’attestato.

Su questo punto non solo non arrivano chiarimenti, ma, come dicevo, si fa anche nuova confusione, modificando il lessico in modo inutile oltre che arbitrario. Servirebbe quindi con urgenza una nuova Ordinanza su questi argomenti, al posto della vecchia 90 del 2001, ma visti i precedenti, c’è da “toccare ferro” e forse conviene almeno aspettare la nomina del nuovo Osservatorio sull’Inclusione.

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