Simpatia, flessibilità e coscienza di sé per i docenti più efficaci

“Lei avrebbe meritato ventisette, ventotto. Le ho dato trenta perché ho applicato il coefficiente di simpatia. A volte, quando qualcuno mi è antipatico, tolgo anche due, tre punti. Non c’è niente di peggio dell’antipatia. Sentire, invece, la sofferenza, il pathos, nel senso greco del termine, è una grande qualità per un medico.” Sono le parole dell’anziano professore ad un giovanissimo Luigi Lo Cascio nel film La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana.  Ma essere simpatici serve solo nel mondo medico o è anche una qualità che rende efficaci i professori nella scuola? Se è così, allora chiediamoci quanto siano stati penalizzati gli studenti che si sono formati con insegnanti antipatici.

La meglio gioventù

Il film è ambientato alla fine degli anni ’60. In quegli anni, in pochi sapevano cosa fosse l’empatia, termine oggi fin troppo abusato e spesso confuso con la simpatia. La scoperta dei neuroni specchio era distante ancora un trentennio circa ma il concetto dell’anziano (e antipatico) professore è abbastanza chiaro. Oggi avrebbe parlato, probabilmente, di empatia. Esattamente come se ne parla nella scuola, quando si incoraggiano i comportamenti di comprensione di studenti esuberanti verso quelli più indifesi…

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Io sto con i bocciati

Nei giorni scorsi, di prima mattina, due miei ex alunni mi hanno chiamato per annunciarmi che erano stati promossi, nonostante fossero consapevoli delle loro difficoltà. Grandi! Ce l’hanno fatta. Ma poi sono andato a vedere il tabellone davanti alla scuola media…..E sono diventato triste, molto triste a vedere quel “NON AMMESSO” accanto a tanti nomi, persino vicino a chi pensava di essere arrivato al termine del percorso.

Mi son tornate in mente le parole di don Lorenzo Milani: “Se si perde loro la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile”…

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Eraldo Affinati: «Un elogio del ripetente»

C’è un’opera umana da compiere, scriveva Teilhard de Chardin. Ed è con questa citazione che si apriva La città dei ragazzi (Mondadori, 2008), lungo viaggio condotto da Eraldo Affinati alle radici di un’infanzia strappata alle sue origini.

Un tuo libro del 2013 ha un titolo che potrebbe apparire provocatorio, Elogio del ripetente (Mondadori, 2013). Perché questo messaggio in controtendenza rispetto alla linea generale che vuole individui adatti o perfettamente adattabili a prestazioni medie e standardizzate che spesso scambiamo per “eccellenza”?
Questa riflessione sul “ripetente” nasce dalla mia esperienza biografica. Io insegno a ragazzi ritenuti “difficili” che arrivano all’istituto professionale come se fosse l’ultima spiaggia. Questi miei studenti spesso sono già stati bocciati all’istituto tecnico o al liceo. Sono, in altri termini, ragazzi “difficili”. Eppure, proprio loro ti fanno capire quanto sia profonda e diffusa una crisi etica generale, di cui la scuola raccoglie cocci e conseguenze. Il “ripetente” diventa, così, un frammento che la società vorrebbe allontanare da sé, ma che in realtà illumina e spiega molte cose di quella medesima società. I ragazzi “difficili”, i “ripetenti” sono quasi dei “frantumi” di questo Paese. Frantumi che cadono in basso e che a noi tocca raccogliere…

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Affinati: Il papa a Barbiana, un sogno che si avvera

Chi lo avrebbe immaginato quel 26 giugno di 50 anni fa che un giorno un papa sarebbe salito tra le poche case di Barbiana per rendere omaggio a don Lorenzo Milani? Oggi quella cosa del tutto inimmaginabile invece diventa realtà, grazie anche al fatto che il papa venuto dall’altro mondo si ritiene quasi allievo adottivo del priore. È un suo accanito lettore conoscitore, ma più ancora ammira e si dice molto colpito dalla sua fede. La giornata di papa Francesco prevede anche una tappa sulle tracce di un altro grande prete che si portava addosso “l’odor delle pecore”: don Primo Mazzolari. A Bozzolo di prima mattina pregherà sulla sua tomba. Poi di nuovo in volo per arrivare a Barbiana. Che valore ha una visita come questa? Lo abbiamo chiesto ad Eraldo Affinati, scrittore, insegnante, autore di un libro a metà tra la testimonianza e la biografia sul priore: Don Milani l’uomo del futuro

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Tra i banchi delle nuove scuole che seguono le tracce di don Milani

Ho deciso di festeggiare i 50 anni della pubblicazione di Lettera a una professoressa andando a visitare alcune scuole. Scuole, a volte soltanto virtuali, dove si fa ciò che sarebbe piaciuto al burbero priore di Barbiana: scuole un po’ strane, né pubbliche né private, scuole senza voti né bocciature, dove s’insegna a tutti, ricchi e poveri, italiani e immigrati, non “un ospedale che cura i sani e rifiuta i malati, per usare le famose parole di don Milani.

Scuole dove chiunque ha lo stesso diritto all’eccellenza, proprio perché s’insegna là dove sembra impossibile farlo: si fanno corsi di scrittura creativa a ragazzi che non hanno mai letto un libro, s’insegna italiano a migranti che sono spesso analfabeti nella loro lingua madre, s’insegna filosofia ai bambini delle elementari. Ma chi sono oggi i ragazzi di Barbiana? Non è facile rispondere. Sono gli immigrati? I ragazzi delle periferie? I carcerati?…

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“Software decrepito, procedure misteriose: troppi dubbi sull’algoritmo che ha spostato i prof”

Righe di programma mancanti, informazioni carenti che potrebbero nascondere “un’operazione di oscuramento attuata dagli sviluppatori per motivi ignoti”, più linguaggi di programmazione per lo stesso algoritmo e in parte obsoleti, programmatori incerti, confusi e forse inesperti. Condotta del ministero “poco trasparente” e, soprattutto, “somme erogate per la realizzazione dell’algoritmo fuori mercato”. Resta avvolta nel mistero la procedura che due anni fa spedì in giro per l’Italia 87mila docenti assunti con la Buona scuola. Neppure quattro analisti, docenti e ricercatori universitari, sono riusciti nell’intento di scoprire cosa, ma soprattutto, quanto non ha funzionato il famigerato algoritmo che ha gestito le quattro fasi del Piano straordinario di immissioni previste dalla legge 107…

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Giorni di pagelle. I figli non sono voti

I figli non sono voti. Niente di più vero. Eppure dentro ai voti qualcuno ce li infila. A testa in giù. Li schiaccia in uno schermo e li fa diventare numeri. Giorni di pagelle elettroniche e scrutini. Ore di attesa e agitazione. L’uscita dei risultati è una catena di Sant’Antonio perfettamente riuscita. Nella speranza che giustizia sia stata fatta, che qualcuno sia sulla stessa barca, morto e sepolto dalla scuola. Oppure in salvo.

Parecchi di noi, e per noi intendo i genitori, si stanno tormentando per l’anno perso. Una rimandatura, due, se non tre. Le invalsi. Le prove d’esame. Un cinque che poteva essere sei, e così via.

Ci sentiamo pessimi e ci chiediamo cosa potevamo fare di più. Dove abbiamo sbagliato. Niente. Proprio niente. Ve lo dico io anche se non sono un Profeta…

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I ragazzi e i social: caro Crepet la colpa non è di noi insegnanti

Gli adolescenti e i social. Un rapporto complicato. Secondo uno studio curato dalla Polizia Postale e dall’Università La Sapienza di Roma, con la collaborazione del dipartimento della Giustizia minorile, che ha coinvolto 1874 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, il 28,2% di scuola media e il 71,8% delle superiori, di 20 province italiane, oltre un terzo dei ragazzi è convinto che i contenuti postati sui social siano visibili esclusivamente dai destinatari.
“I dati non mi meravigliano affatto, anzi…”, commenta con l’Agi lo psichiatra Paolo Crepet, convinto che, se i ragazzi non conoscono i social e i rischi di questi strumenti la colpa è della scuola che non lo insegna. “Questo è il vero problema. Io non capisco perché non se ne parli nelle scuole. Non è mica il diavolo”…

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Imperia. IPSIA. Studente dislessico e disgrafico non ammesso alla maturità. La famiglia: “carenze della scuola, faremo ricorso”. La preside: “bocciato perchè…”/il caso

“Mio fratello affetto da lieve ritardo mentale, dislessia e disgrafia, non è stato ammesso all’esame per colpa dell’incompetenza della scuola“. È questa la denuncia di una famiglia imperiese che, con grande amarezza e stupore, venerdì scorso si è sentita comunicare la bocciatura del ragazzo (per il quale verrà mantenuto l’anonimato per motivi di privacy).

Lo studente, 20enne, quest’anno ha frequentato la classe quinta delle scuole superiori all’Istituto IPSIA G. Marconi in via Gibelli. Secondo la legge 170/2010, a causa dei disturbi di cui soffre, il giovane avrebbe dovuto seguire il PDP (Programma Didattico Personalizzato). Secondo i famigliari del giovane, fino all’anno scorso il programma è stato rispettato, mentre durante la quinta ci sarebbero stati numerosi problemi, per questo motivo sono pronti a fare ricorso al TAR Liguria per contestare la non ammissione alla maturità…

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ANNUS STERCORIS

Se gli scorsi anni scolastici erano horribilis, beh, che dire di questo, se non che è stato di merda?

Lo schifo chiamato Buona Scuola, trascinatosi per un paio d’anni è finalmente giunto a compimento, come tutte le schifezze che ci sbrighiamo a gettare nella spazzatura, con la differenza che di questa non ci possiamo proprio disfare, e anzi ce la dobbiamo godere, come la pappa che ingoiavamo disgustati da piccolini.

I poveri gonzi che speravano in qualche ripensamento, un aggiustamento, ora potranno contemplare quest’opera d’arte in tutto il suo splendore.

Ora finalmente tutti capiranno cosa sono gli Ambiti Territoriali, i contratti a termine, la Chiamata Diretta, i requisiti per poter essere scelti, ma, badate bene, con l’assenso beffa dei colleghi minchioni, i campioni delle mani alzate ad oltranza, durante gli edificanti Collegi Docenti…

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Scuola, Invalsi 2017 terza media: soluzioni, griglie correzioni e domande matematica e italiano

Oggi, giovedì 15 giugno 2017, si sono concluse le Prove Invalsi per l’Esame di Terza Media 2017. Molti ragazzi saranno curiosi di controllare le soluzioni alle domande del Test Invalsi 2017 di matematica e di italiano e iniziare a calcolare il proprio voto grazie alle griglie di correzione. I commenti, così come sono stati riportati da Scuolazoo.com, sono stati, come al solito, abbastanza discordanti: c’è chi ha parlato di prove Invalsi umanamente impossibili, c’è chi invece ritiene che non siano state così difficili…

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“Lavora sui tuoi punti deboli perché diventino punti di forza”. I compiti estivi della maestra Susj

“Lavora sui tuoi punti deboli perché diventino punti di forza. Gioca con mamma e papà alla gara dei verbi e pratica molto sport all’aria aperta”. Sono i compiti delle vacanze della maestra Susj Brotto, 49 anni, per i suoi alunni di quarta elementare dell’istituto Peyron – Re Umberto I di Torino. “I libri degli esercizi sono freddi e noiosi”, spiega ad HuffPost. “E sono un peso, tanto che spesso restano intonsi fino a fine agosto”.

Per questo Susj ha deciso di assegnare dei compiti alternativi ai suoi studenti. Non solo per l’estate ma anche durante l’intero anno scolastico. Una pratica che si ispira a una pedagogia differente, attenta “ai bisogni dei bambini di oggi, e più costruttiva”. Perché la scuola, dice, “non è fatta solo di voti, compiti e verifiche ma prima di tutto di relazioni”. Per questo “coinvolgerli e attirare la loro attenzione è fondamentale”…

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Ciò che (non) sappiamo. Lo stretto crinale del rapporto insegnanti-ragazzi

Scene di ordinaria tensione scolastica: un’interrogazione, un brutto voto, il disappunto di uno studente che fatica ad accettare l’esito negativo della prova. Solo che questa volta lo studente si alza e con una frase perentoria («Professore, io esco»), non una richiesta, lascia l’aula sbattendo la porta.

Non posso fare a meno di sanzionare il comportamento con una nota disciplinare sul registro. Dieci minuti dopo il ragazzo rientra, si siede al suo posto e mi accorgo che ha pianto. Gli comunico la nota, facendogli presente la scorrettezza di un comportamento che giudico inaccettabile. Lui, per parte sua, lo riconosce, ma nel frattempo ho capito che la sua reazione sbagliata era il segno di una sofferenza, di una fragilità…

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I giovani non conoscono i rischi dei social. Crepet: colpa della scuola, i docenti ignorano il fenomeno

Gli adolescenti e i social. Un rapporto complicato. Secondo uno studio curato dalla Polizia Postale e dall’Università La Sapienza di Roma, con la collaborazione del dipartimento della Giustizia minorile, che ha coinvolto 1874 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, il 28,2% di scuola media e il 71,8% delle superiori, di 20 province italiane, oltre un terzo dei ragazzi è convinto che i contenuti postati sui social siano visibili esclusivamente dai destinatari.

“I dati non mi meravigliano affatto, anzi…”, commenta con l’Agi lo psichiatra Paolo Crepet, convinto che, se i ragazzi non conoscono i social e i rischi di questi strumenti la colpa è della scuola che non lo insegna. “Questo è il vero problema. Io non capisco perché non se ne parli nelle scuole. Non è mica il diavolo”…

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Perché la X rappresenta l’ignoto? Una storia di Algebra e Linguistica

In prima media siamo stati tutti introdotti all’Algebra, quella nuova branca della semplice antenata Matematica studiata alle elementari. È entrata nelle nostre vite un lunedì mattina qualunque, impavida e irruenta, per poi rimanerci per quasi un lustro. Acerrima nemica o amica del cuore, la ricordiamo tutti così: terribile, severa e tuttavia estremamente logica. Arrivò un lunedì di settembre mano nella mano con la sua unica figlia ed erede, la X.

L’algebra inizia sempre con una grande incognita. Sembra quasi un gioco d’estate, un nascondino nel labirinto dei numeri. Trova la X, recita la consegna. Ed è così che iniziano anni e anni di struggimento e dolori, per poi sfociare nella fatidica domanda che in fondo ci siamo chiesti tutti: ma questa X ci servirà poi a qualcosa nella vita? Domanda assai legittima, senza dubbio…

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Pacchi di carte e registri online: la Madia ha bloccato la scuola

È davvero questa la scuola del futuro? Si è parlato molto di quelle che potevano essere le potenzialità di una scuola semplice e smart così come desiderata dal ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia.

Purtroppo, ad un’attenta analisi, c’è poco da festeggiare. A oggi ciò che resta, infatti, sono solo macerie e una classe di insegnanti sottopagata e demotivata. Soffermiamoci su quanto sia dannatamente difficile fare il professore di questi tempi. Non è nuova la notizia che nella pubblica amministrazione si verifichino problemi di burocrazia e assenza di trasparenza: se ne parla da decenni. È una notizia vecchia trita e ritrita che però non può essere ignorata…

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In Francia, addio ai compiti a casa. I «devoirs» si faranno a scuola

Compiti a casa addio. In Francia si faranno a scuola. Era la promessa di Emmanuel Macron in campagna elettorale, sarà realtà per gli studenti dal prossimo settembre. Lo ha assicurato il neoministro dell’Educazione francese Jean Michel Blanquer, che l’8 giugno presenta anche il primo decreto che riguarda la ri-organizzazione dei ritmi scolastici, cioè i nuovi orari scolastici per il prossimo anno.

La questione dell’uguaglianza

Quanto ai compiti – che in Francia sono vietati almeno alle elementari da una legge di sessant’anni fa, ma che han finito per essere usati dai professori per completare la preparazione dei ragazzi – Blanquer ha spiegato che da settembre ci saranno ore di studio «accompagnato» per i ragazzi che così arriveranno a casa con i compiti fatti…

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Ultimo giorno di scuola, ultima lezione: “Viaggiate, rompete le scatole e siate imperfetti”

Eccoci, anche quest’anno siamo arrivati agli ultimi giorni di scuola. Per un maestro che ha accompagnato i suoi ragazzi fino alla quinta della scuola primaria sono i momenti più belli ma anche i più difficili. Ogni volta, arrivato all’ultima lezione, abbasso gli occhiali da sole sul mio viso per non mostrare le lacrime che mentre scrivo questo post comunque rigano il mio volto. Chi non fa questo mestiere non può capire. Penserà che sia solo stupida retorica.

In quest’ultimi giorni guardi i tuoi ragazzi, rivedi la prima volta che sei entrato in aula: ti osservavano con occhioni curiosi, sgranati, volevano intuire chi saresti stato per loro, che cosa avresti loro insegnato. Ora è arrivato il momento più bello, quello del taglio ombelicale. Sai che partono, che andranno per nuove strade e che in quella sporta hanno molti strumenti che gli hai dato tu…

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Mio figlio, dislessico, ha vinto un premio letterario

Il mestiere del genitore è un lavoro complesso e ostico, per tutti. Ma per la mamma di un bambino con disturbi di apprendimento ancora di più.

Non voglio dire che sia il peggiore dei mali perché ci sono situazioni ben più drammatiche e difficili e famiglie la cui forza mi commuove al solo pensiero. Ma la dislessia e i suoi annessi sono come un disagio silente che ti isola e ti logora, non per le sue caratteristiche e per le limitazioni che impone a chi ne soffre ma per la mancanza di conoscenza e il pregiudizio che suscita nella gente.

Jean Paule Sartre diceva: “l’inferno sono gli altri”. Io mi permetto di aggiungere: gli altri ignoranti, nel senso di persone che ignorano perché non conoscono e non approfondiscono e giudicano e scherniscono chi è senza colpa, chi è già di suo vittima di uno stato di difficoltà…

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La Fedeli casca sulla Storia. E fa incontrare Vittorio Emanuele III e Napoleone

Un altro scivolone per la ministra Valeria Fedeli. Dopo la storia della sua laurea mai conseguita (si trattava di un diploma) inserita nella sua biografia da ministro dell’Istruzione, la titolare del dicastero torna a fare una gaffe, questa volta in tema di storia.

La gaffe è visibile sul sito del Miur, nella sezione Ministra: la Fedeli con tanto di carta intestata del Ministero scrive che “È qui che nel 1631 venne firmata la Pace che concluse la guerra del Monferrato, durante la peste che fa da sfondo ai Promessi Sposi. È qui che più tardi, nel 1796, Napoleone impose a Vittorio Emanuele III l’armistizio con cui decretò la capitolazione Sabauda”. Peccato che Vittorio Emanuele III salirà sul trono soltanto un secolo dopo…(e l’altro l’armistizio fu firmato da Vittorio Amedeo III)…

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Dacia Maraini: “La scuola sopravvive grazie ai prof motivati”

«Cosa vorresti fare da grande?». «Il calciatore». «E tu» ? chiedo a una bambina di una scuola di periferia: «Miss Italia». Spesso ricevo queste risposte dai ragazzi delle medie. Naturalmente ce ne sono tanti altri, già consapevoli e spesso, non a caso buoni lettori, che invece dicono di volere fare il giornalista, il medico, lo scienziato, il ricercatore, ecc,… Ma il mito del successo e del guadagno facile è diffuso. Si ritiene che sapere dare un calcio al pallone sia già la garanzia di un futuro di popolarità, di esibizioni internazionali e di compensi favolosi. Ancora più adulatoria e fasulla l’illusione delle ragazze che sognano di vincere un concorso di bellezza che le introdurrà rapidamente nel mondo del cinema e della pubblicità. Hanno imparato che il talento conta poco, lo studio, la disciplina, la competenza portano solo povertà e frustrazione…

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Benedetto Vertecchi: “Copiare il metodo scolastico finlandese da noi sarebbe un grave errore”

“La Finlandia sta pagando l’eccessivo investimento in tecnologie in campo didattico. In Italia bisogna partire ripensando le scuole e da un progetto culturale credibile”. Benedetto Vertecchi, decano dei pedagogisti italiani, è piuttosto critico sulla riforma della scuola finlandese che si appresta ad abbandonare le “materie”.

Lei abolirebbe le materie anche nella scuola italiana?
“Assolutamente no, al massimo si potrebbero ritagliare in maniera diversa. Ci sono materie che hanno una loro specificità, come l’algebra, che non possono essere confuse con altri saperi”…

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La didattica per schede alla scuola dell’infanzia? No grazie.

Che fatica quando agli open days delle scuole del tuo quartiere trovi tutte quelle attività uguali, schede colorate bene o male attaccate ad un filo. Quelle lettere e quei numeri su cartelloni tutti uguali così simili ai cartelloni di una scuola primaria.

Che fatica stare zitti! E che bello invece quando ti senti dire dalle stesse maestre che la didattica per schede sta rovinando un lungo lavoro pedagogico costruito sui bisogni dei bambini, sulla conoscenza dei pre-requisiti in modo esperenziale, maestre che ti dicono che le schede annullano tutte le differenze: non si vede il bello, non si vede il brutto, c’è solo omologazione, dei bambini non rimane nulla.

E’ consolante quando vedi che queste maestre lavorano con fatica e impegno per proporre ai bambini esperienze concrete, non immagini stereotipate sempre uguali. Esperienze che lasciano veramente la possibilità ai nostri bambini di esprimersi liberamente, ognuno con le capacità che ha…

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AUTISMO. Chi è un buon insegnante di sostegno

L’ottimo insegnante di sostegno non è soltanto la brava persona che fa beneficenza, si prende cura degli altri, è particolarmente paziente, tiene a cuore i più bisognosi ed ha una spiccata predisposizione per il sociale. NO, affatto!

Soprattutto quando hai di fronte un bambino con autismo, devi avere le giuste capacità, devi essere pronto a metterti in gioco, devi essere disponibile a modificare le tue proprie conoscenze per porle al servizio del disabile.

Quando hai di fronte un bambino con autismo, e lo sottolineo perché non sto parlando di ragazzi con una sola difficoltà, ma di ragazzi con problemi a 360 gradi, devi essere curioso, devi essere informato, devi cercare nuove strade per rendere il tuo lavoro motivante…

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Per una scuola a prova di DSA serve l’insegnante SuperEroe?

Un bambino che, indipendentemente dal suo impegno, non riesce a ottenere risultati scolastici soddisfacenti può percepirsi  incapace sia nei confronti dei compagni che delle aspettative di insegnanti e familiari. Senso d’impotenza, vergogna, frustrazione sono alcuni dei sentimenti che può, infatti, provare un bambino con disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), in assenza di una diagnosi tempestiva. Che risposta ci aspettiamo dalla scuola in casi simili?

Il pregiudizio

Sono frasi fatte ma spesso nascondono la negazione di evidenti difficoltà di cui le famiglie si sentono responsabili:

  • lo fa apposta per attirare l’attenzione;
  • è intelligente ma svogliato;
  • non si applica abbastanza…

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