Pluralismo istituzionale e scuola

Il pluralismo può essere accolto e, nella nostra Costituzione, è accolto come pluralismo istituzionale. Il pluralismo istituzionale significa che la vita della cittadinanza non è organizzata e convogliata solo sullo Stato e le sue strutture, ma anche su organismi territoriali di autogoverno. In questa accezione, il pluralismo corrisponde al riconoscimento delle autonomie locali e risale all’art. 5 della Costituzione (il quale stabilisce che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”). Le disposizioni poste dall’art. 5 stabiliscono il superamento di una forma accentrata di stato e la scelta per la distribuzione del potere politico e amministrativo sul territorio.

La scelta pluralista dà senso al fatto che la nostra Costituzione utilizza, in molti casi, a preferenza del termine ‘Stato’ quello di Repubblica, il quale vale a indicare che la comunità nazionale è formata da molte componenti, oltre all’apparato burocratico statale, e che l’unità della nazione è il prodotto dinamico delle relazioni tra queste componenti.

È una scelta intimamente legata alla concezione non autoritaria dello Stato e dei pubblici poteri che le democrazie costituzionali incorporano allorché scelgono che le istituzioni siano guidate dalla volontà popolare e pongono la persona umana alla base della organizzazione pubblica. Anche la scelta pluralista, dunque, ripropone, come è tipico delle democrazie costituzionali, una visione del diritto che lo emancipa dalla equivalenza tra “legge” e “volontà dello stato” cui lo avevano ridotto le concezioni ‘positivistiche’ e ‘statualistiche’ liberali.

Il pluralismo si accompagna infatti al riconoscimento dell’autonomia, cioè della capacità di ispirare la propria vita e attività a norme prodotte da sé: le formazioni sociali, come gli enti locali, sono altrettante istituzioni in cui si organizza la vita delle persone e che hanno una, diversamente estesa, ma sempre presente, capacità di darsi proprie norme, come accade perfino con gli statuti di una associazione, o le regole di un club.

Hanno autonomia gli enti locali, le Regioni; ma ce l’hanno anche le associazioni private, le formazioni sociali: sono norme che si coordinano variamente a quelle statali, dovendo armonizzarsi con esse, ma che esprimono una cosa molto importante, che il diritto nasce non solo dallo stato ma dalla socialità della natura umana.

Va detto però che il pluralismo reca, d’altro canto, insita in sé una certa difficoltà a convivere col concetto di Stato come lo ha elaborato l’età moderna e contemporanea, cioè come una sintesi della società che si pone al di sopra del conflitto tra interessi.

La dottrina pluralista era una protesta contro la teoria e la pratica della sovranità dello Stato. La teoria dello Stato sovrano è caduta e deve essere abbandonata. Il pluralismo concepisce lo Stato non come un’unità sovrana separata e al di sopra della società, ma come una tra le molte istituzioni sociali, con un’autorità non superiore a quella delle chiese, dei sindacati, dei partiti politici o dei gruppi economici e professionali.

Alla base del principio pluralista vi era il disagio dell’individuo, inerme di fronte a una macchina statale strapotente. Man mano che la vita diviene più complessa e le funzioni dello Stato si moltiplicano, l’individuo isolato accresce la sua protesta contro il suo abbandono a forze che non può né comprendere né controllare. Affidando funzioni amministrative decisive a questi organismi privati, i pluralisti speravano di raggiungere due scopi: colmare il divario tra lo Stato e l’individuo, e dare una base concreta all’identità tra governanti e governati. Nonché di raggiungere il massimo di efficienza assegnando funzioni amministrative a organizzazioni competenti. Affinché tali accordi siano stipulati e rispettati, deve esservi una base comune di intesa tra i vari gruppi sociali: la società, insomma, deve essere fondamentalmente armoniosa.

La scuola è un laboratorio di idee dinamiche con le quali entra in rapporto di osmosi la realtà sociale perché possa essere analizzata e modificata. Questo peculiare principio che da sempre rappresenta il motivo di fondo dell’azione formativa che gli istituti educativi attuano sulle coscienze dei giovani, viene ribadito e formalizzato nei curricula dall’art. 1 della Legge n. 169/2008.

Nell’ambito storico-geografico e storico-sociale, in ogni ordine e grado di scuola, viene introdotto l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, che sostituisce il tradizionale studio dell’Educazione Civica con una nuova sensibilità interpretativa della tematica da parte del mondo culturale dei giovani.

Con un’azione trasversale per tutte le aree disciplinari, ed in collaborazione con le famiglie, gli enti locali e le diverse agenzie presenti sul territorio, lo scopo da perseguire è l’esercizio attivo e responsabile della cittadinanza in un’ottica di “pluralismo istituzionale”, partendo dalla consapevolezza dei diritti e doveri scolastici per estenderli alla dimensione sociale.

La stessa Costituzione italiana ha investito l’istituzione scolastica del compito di contribuire a realizzare la libertà e l’eguaglianza dei cittadini nell’ottica dell’educazione alla convivenza civile e al confronto. Tra le tematiche affrontate: il bullismo e la legalità.

La scuola si relaziona con le esigenze del contesto territoriale di appartenenza in riferimento ai valori della Costituzione. Espressione di tale consapevolezza sono le tematiche dell’educazione alla legalità promosse da numerose istituzioni scolastiche. Leggi tutto “Pluralismo istituzionale e scuola”