Il futuro dell’educazione civica

Era il 1958 quando Aldo Moro, a capo dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione, introdusse nel nostro ordinamento scolastico l’insegnamento dell’Educazione civica nelle scuole medie e superiori,  per due ore al mese obbligatorie affidate all’insegnante di storia, senza valutazione. Forse è proprio a causa della mancanza di ore esclusivamente dedicate, e  all’assenza di una valutazione, che tale insegnamento fino ad oggi non ha mai trovato piena cittadinanza nelle attività scolastiche svolte dagli studenti del nostro Paese.

L’Educazione civica infatti nella maggioranza dei casi è stata oggetto di un’attenzione sporadica da parte degli insegnanti di storia che, con poche ore a disposizione, erano  già in difficoltà a completare entro la fine dell’anno scolastico i vasti programmi di Storia previsti dal Ministero.

Da  circa 60 anni quindi l’Educazione civica si è “conquistata” l’appellativo di Cenerentola della scuola italiana; presente nelle previsioni ordinamentali e  negli elenchi dei libri da acquistare a inizio anno, ma di fatto quasi assente nelle attività didattiche svolte dai nostri alunni.

La situazione non è cambiata neanche nel 2008 quando, a seguito dei processi di riforma avviati dal Ministro Mariastella Gelmini, gli obiettivi e le conoscenze compresi nell’insegnamento dell’Educazione civica confluiscono in un nuovo insegnamento denominato Cittadinanza e Costituzione, sia nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo che in quella del secondo ciclo.

Con questo nuovo insegnamento tuttora presente negli ordinamenti scolastici il legislatore si poneva l’obiettivo di costruire più ampie competenze di cittadinanza, rispetto agli obiettivi del tradizionale insegnamento di Educazione civica. Anche questo intervento legislativo però non introdusse una disciplina autonoma con un voto distinto.

La valutazione delle competenze di Cittadinanza e Costituzione va infatti a costituire il complessivo voto delle discipline di area storico-geografica e storico-sociale di cui essa è parte integrante,  e influisce nella definizione del voto di comportamento, per le ricadute che determina sul piano delle condotte civico-sociali espresse all’interno della scuola, così come durante esperienze formative al di fuori dell’ambiente scolastico.

L’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione  quindi, da un lato è affidato al singolo insegnante di una delle aree disciplinari in questione, e dall’altro è oggetto di interventi trasversali di tutti gli insegnanti e componenti la comunità educante.

Le competenze sociali e civiche, tipiche di “Cittadinanza e Costituzione”, sono comprese tra quelle di base che tutti gli studenti, di ogni percorso di istruzione, devono raggiungere al termine della scuola dell’obbligo, a sedici anni. Tutte le studentesse e gli studenti, devono possedere alcune competenze chiave  di cittadinanza, che sono un adattamento al nostro modo di fare scuola delle competenze “chiave“ europee. Tra queste uno spazio significativo è riservato ai principi, agli strumenti, ai doveri della cittadinanza, e quindi ai “diritti costituzionalmente garantiti”.

Le stesse Indicazioni nazionali del 2012 riservano una particolare attenzione a “Cittadinanza e Costituzione“, richiamando la necessità di introdurre la conoscenza della Carta Costituzionale, in particolare le parti riguardanti i principi fondamentali e l’organizzazione dello Stato. Questi aspetti di conoscenza della Costituzione, delle forme di organizzazione politica e amministrativa, delle organizzazioni sociali ed economiche, dei diritti e dei doveri dei cittadini, come ribadito nelle Indicazioni, possono essere certamente affidati al docente di storia e comprese nel settore di curricolo che riguarda tale disciplina.

Tuttavia, le Indicazioni richiamano chiaramente l’aspetto trasversale dell’insegnamento, che riguarda i comportamenti quotidiani degli individui in ogni ambito della vita, nelle relazioni con gli altri e con l’ambiente, e pertanto  impegna tutti i docenti a perseguirlo nell’ambito delle proprie ordinarie attività. Risulta pertanto essere questo al momento il quadro ordinamentale e l’organizzazione dell’insegnamento di questa disciplina nelle nostre istituzioni scolastiche.

Il 7 dicembre 2018, all’ufficio stampa della Camera, alla presenza del Ministro dell’istruzione, dell’università e della Ricerca Marco Busseti e di altre personalità, l’on. Massimiliano Capitanio ha presentato il nuovo disegno di legge sull’insegnamento dell’Educazione Civica quale materia obbligatoria in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Il disegno di legge, che viene presentato dal suo primo firmatario come rivoluzionario, inizierà il suo iter in commissione cultura a gennaio, con l’obiettivo di portare per l’anno scolastico 2019/2020, nelle aule di scuola, importanti innovazioni a questa disciplina.

Si ritorna quindi alla vecchia nomenclatura Educazione Civica e si abbandona quella di Cittadinanza e Costituzione. Fin dalla scuola dell’infanzia si avvieranno progetti, ma sarà dal primo anno dalla scuola primaria e fino all’ultimo della secondaria di secondo grado che per la prima volta sono previste 33 ore annuali (1 a settimana), esclusivamente da utilizzare allo studio di questa disciplina. Dal terzo anno della primaria il disegno di legge prevede una valutazione delle conoscenze, e alla fine del triennio delle secondaria di primo grado e del biennio delle superiori è prevista una certificazione delle competenze.

A 60 anni esatti dall’importante scelta dell’on. Aldo Moro, l’Educazione civica potrebbe finalmente assumere il rango di disciplina curricolare a tutti  gli effetti, con un proprio monte ore, un docente disciplinare e un percorso didattico scandito da valutazioni periodiche e finali, come per le altre discipline.

L’esigenza era già stata da tempo avanzata da molti addetti ai lavori; difatti l’esponenziale aumento di episodi di bullismo e di violenze anche a danno dei docenti, di cui negli ultimi anni veniamo a conoscenza sempre più frequentemente, hanno reso necessaria una profonda riflessione per comprendere tutti i possibili interventi che la scuola può mettere in campo per arginare questi fenomeni.

Un contributo al riguardo potrebbe venire dall’Educazione civica a patto che si dia il via a percorsi ben strutturati di educazione alla legalità, di educazione alla cittadinanza, anche con riguardo alla diffusione della cultura delle pari opportunità, educazione alla parità tra i sessi, prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni. Solo con l’educazione al rispetto dell’ambiente, alle differenze tra le culture, nonché ai principi di solidarietà e di cura dei beni comuni possiamo cercare di arginare i preoccupanti fenomeni di bullismo, cyberbullismo e discriminazione.

Che al Miur si fossero resi conto della necessità di una maggiore attenzione e sensibilizzazione dei giovani a queste tematiche ce ne eravamo accorti all’indomani dell’emanazione del D.Lgs. 62/2017, durante il dicastero  dell’allora Ministro Valeria Fedeli.

Il Decreto legislativo in questione prevede infatti, per i colloqui  agli esami conclusivi del primo e del secondo ciclo d’istruzione, che la commissione tenga conto anche dei livelli di padronanza delle competenze connesse all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione.

Questa previsione  se da un lato ha spaventato gli studenti, in gran parte a digiuno di questa disciplina,  dall’altro ha fatto ben sperare gli addetti ai lavori circa la possibilità che a Viale Trastevere una nuova proposta per lo studio della Costituzione nelle scuole fosse pronta.

Del resto per il raggiungimento di questo obiettivo era già scesa in campo l’Anci presentando nel giugno scorso una proposta di legge d’iniziativa popolare sull’introduzione dell’Educazione alla cittadinanza nei curricula scolastici di ogni ordine e grado. Questa proposta, accolta con grande favore dal mondo della scuola e della cultura in generale, ha raccolto moltissime sottoscrizioni, tra cui anche quella della senatrice a vita Liliana Segrè che aveva intenzione di occuparsi personalmente della questione cercando un consenso trasversale in Parlamento.

E’ pertanto ipotizzabile che gli interventi normativi sull’Educazione civica non troveranno particolari ostacoli in Parlamento e che in tempi piuttosto celeri la riforma possa avere compimento.

Tuttavia non mancano i dubbi circa le modalità di attuazione della stessa. In particolare nella conferenza stampa dello scorso 7 dicembre  non è stato chiarito come verrà collocata la materia in seno ai curricula dei diversi cicli di istruzione, e se si opterà all’aggiunta di un’ora agli attuali quadri orari, o alla decurtazione di un’ora dal monte orario di altra disciplina per far posto all’Educazione civica.

La differenza non è di poco conto. Come non lo è la scelta dell’insegnante che si occuperà di impartire la disciplina. Se nella scuola dell’infanzia e primaria la scelta è ovvio che ricada sull’insegnante che si occupa di tutte le discipline, non altrettanto ovvia è la scelta che verrà fatta per la scuola secondaria. In particolare nella scuola di secondo grado saranno gli insegnanti dell’area storico/filosofica o di quella giuridica/economica a occuparsene?

Questi vari dettagli normativi possono fare la differenza tra una riforma sostanziale e una solo formale nell’insegnamento dell’Educazione civica. Di cambiamenti solo nominali ne abbiamo visti molti in questi 60 anni, e  l’auspicio per “la scuola che verrà” è di vedere realizzato un insegnamento davvero obbligatorio, autonomo, rinnovato e non più lasciato alla buona volontà dei singoli.