L’accountability fondata sui valori

Il bilancio sociale rappresenta il documento, da realizzare con cadenza annuale, nel quale l’amministrazione non solo fa una riflessione sul proprio operato ma riferisce le scelte effettuate, le attività svolte e i servizi resi. E’ uno strumento, di natura volontaria, che permette di rendere conto dell’attività svolta dall’istituzione scolastica, ma costituisce anche una modalità per costruire un dialogo costante con le famiglie e gli altri attori sociali che insistono sullo stesso territorio, basato sulla reciprocità e sulla trasparenza.

Il perno principale su cui ruota la rendicontazione sociale è l’accountability.

L’accountability definisce non solo il concetto di responsabilità ma anche di trasparenza, di sussidiarietà e di compliance. La comunità scolastica è chiamata alla partecipazione della governance, verificando la coerenza tra la mission, la governance e l’accountability.

Il bilancio sociale ricade nell’ambito del Sistema nazionale di valutazione (SNV), così come stabilito dal DPR n.80/2013. Tale Sistema prevede, in particolare, che tutte le istituzioni scolastiche (statali e paritarie) realizzino un’attività di analisi e di valutazione interna e definiscano un insieme di obiettivi e azioni di miglioramento.

Il bilancio sociale bilancia la missione di identità della scuola e le risorse per realizzarla e renderla sostenibile. I valori sono un elemento fondante dell’identità: sono i percorsi tracciati dal dirigente scolastico, sono il collante culturale di una scuola. Le comunità si costruiscono sui valori condivisi e promuovono una leadership condivisa presidiata dal dirigente scolastico, quale “custode dinamico” della sua scuola. Le risorse più importanti della scuola sono tre:

  1. il capitale professionale,
  2. il capitale organizzativo e
  3. il capitale relazionale.

Il primo è dato dalle capacità, dalle motivazioni e dall’impegno dei docenti e si mette in moto attraverso la leadership.

Il capitale professionale richiede capitale organizzativo di leadership educativa, riconoscendo dal basso le competenze delle persone attraverso la gestione dei gruppi; infine, il capitale relazionale è rappresentato dalla fiducia che si costruisce tra la scuola e gli stakeholder. La fiducia produce valore economico e sociale e deve essere costruita sulla base di comportamenti coerenti e sistematici. Il bilancio sociale rappresenta uno strumento di costruzione di fiducia con gli stakeholder, rispondendo alle loro attese attraverso l’assunzione di responsabilità. Il bilancio sociale trova il suo fondamento nel principio della sussidiarietà orizzontale: la scuola si deve porre al centro della governance territoriale.  Leggi tutto “L’accountability fondata sui valori”

La scuola nell’era del digitale

Nel 2017 il mondo della scuola, del lavoro, le istituzioni pubbliche sono davvero progettate  per permettere alle nuove generazioni di esprimersi al meglio?”

Il  sistema scolastico italiano soffre di gravi ritardi. I voti in pagella di diversi alunni ed i giudizi di alcuni professori lasciano passare un’immagine alquanto desolante del rendimento scolastico di diversi studenti italiani. Nella larga maggioranza dei casi questi studenti sono molto abili nei videogiochi, a cui magari  spetta coordinare le mansioni di un numero cospicuo di persone di ogni età ed estrazione sociale online comunicando in tempo reale in italiano ed inglese, dimostrando di aver sviluppato una serie di capacità e competenze ambitissime in ambito aziendale. I ragazzi, quindi, la mattina in classe mostrano fatiche enormi ad esternare le proprie capacità e competenze, mentre poi a casa riescono a gestire online un sistema complesso come veri e propri leader.

Purtroppo i dati che emergono dalle statistiche ci restituiscono una situazione allarmante; secondo numerosi studi circa 2/3 dei nostri studenti, ma percentuali similari si riscontrano anche nel mondo del lavoro, sono poco o scarsamente coinvolti in classe. Questo non è un dato da sottovalutare, soprattutto perché è in aumento generazione dopo generazione.

I nati dopo il 2000, i cosiddetti nativi digitali, hanno accesso in tempo reale a tutte le informazioni che desiderano, acquisendo competenze attraverso un apprendimento corsaro caratterizzato da mezzi digitali, sottoposti ad uno stimolo continuo.

Noi adulti, sia in qualità di genitori-educatori nonché docenti, abbiamo il dovere di comprendere i cambiamenti generazionali che stanno caratterizzando i nostri giovani e anche la nostra quotidianità; è per questo motivo che bisogna riprogettare l’offerta formativa.

L’apprendimento deve avvenire in spazi adeguati  affinché gli studenti possano cooperare, muoversi, esplorare autonomamente.

Il PNSD è un documento istituzionale il cui scopo è quello di canalizzare delle risorse a favore dell’innovazione digitale, a partire dalle risorse dei Fondi Strutturali Europei (PON Istruzione 2014-2020) e dai fondi della legge 107/2015.

Il piano vuole contribuire alla costruzione di una nuova didattica grazie  all’educazione digitale. La scuola ha il precipuo compito di supportare l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (life-long), attraverso contesti formali, informali e non formali (life-wide).

Il dirigente scolastico promuove, organizza ambienti innovativi, capaci di configurarsi come open spaces di apprendimento. Le scuole non dovrebbero più guardare a loro stesse, ma pensare che il mondo di google, delle app, di youtube e quant’altro devono diventare elementi importanti e mezzi di continui stimoli nel campo del sapere, attraverso la capacità di attirare e incuriosire la generazione moderna.

La Finlandia, dove le flipped classroom, l’inizio della scuola obbligatoria a 7 anni e una costante inclusione del gioco sin dall’asilo come momento di crescita dell’individuo concorrono alla costruzione di una idea diversa di scuola con la conseguente riduzione (notevole) degli abbandoni scolastici.

Il gioco non deve scomparire totalmente dall’esperienza scolastica. Negli ultimi anni qualcosa sta fortunatamente cambiando ed è collegata, in parte, allo straordinario movimento di animatori digitali, insegnanti ed operatori che stanno introducendo il mondo dello scratch ed altre modalità di interazione e partecipazione attiva.

Concorso DS a prova di… cronometro

Il 18 ottobre 2018 in (quasi) tutta Italia si è svolta la prova scritta per il reclutamento dei dirigenti; data tanto attesa ma che è stata preceduta da colpi di scena riguardo al ricorso dei “sessantisti” e dei candidati penalizzati per il malfunzionamento avvenuto durante la preselettiva dello scorso 23 luglio e dall’allerta meteo diramato in Sardegna. Un concorso il cui scopo è stato quello di andare avanti necessariamente come un treno, tralasciando le aspettative, le speranze, i timori degli 8736 candidati ammessi alla prova scritta.

La “freddezza” di questo concorso è stata toccata con mano dai candidati, i quali si sono trovati davanti ad un computer (e in alcuni casi davanti a commissioni che hanno pinzato, ritirato, strappato pagine di codici di leggi non commentati, tra l’altro ampiamente accettati in fase concorsuale, cellulari dei vigilantes che squillavano, tastiere malfunzionanti, pc che “perdevano” le tracce svolte alcuni minuti prima, insomma scene quasi surreali che non hanno permesso di svolgere la prova di alcuni candidati in un clima positivo) e ad una barra che segnava il trascorrere incessante del tempo e che ha gettato nel panico e nello sconforto oltre la metà dei candidati. Se, infatti, da un lato sembrerebbe che la prova fosse fattibile per la tipologia degli argomenti richiesti, una maggiore complessità si è evidenziata nei quesiti di lingua inglese.

Il tempo è stato il nemico principale di moltissimi candidati che non sono riusciti a terminare la prova, inoltre, i quesiti proposti, seppur fattibili richiedevano un minimo di argomentazione e di discorso ben articolato e ponderato, sia dal punto di vista tecnico delle azioni del dirigente, sia dal punto di vista sintattico-morfologico, dando dimostrazione di anni e anni di studio.

Si ha come l’impressione che il Ministero più che alla ricerca di dirigenti che possano calibrare i tempi per arrivare a soluzioni pienamente soddisfacenti, che sappiano valutare, ascoltare, creare il giusto equilibrismo all’interno della scuola, mettendo in pratica la leadership educativa capace di tendere al miglioramento della qualità dell’offerta formativa e la managerialità che richiede la conduzione di un’azienda complessa quale quella della scuola, siano alla ricerca di dirigenti che sappiano affrontare la comunità educante come se fosse un salto agli ostacoli, una corsa contro il tempo, in grado di decidere il futuro di un’intera comunità scolastica, che custodisce, armonizza e sviluppa il futuro delle generazioni in pochi essenziali momenti.

Cosa succederà dopo il 18 ottobre è difficile in questo momento prevederlo ma vogliamo essere positivi, certi che il Ministero, volendo assicurare alle proprie scuole, che sono la fortezza dove custodire la vera ricchezza di un Paese, i migliori dirigenti sappia essere clemente nella valutazione di una prova che ha lasciato poco spazio alle potenzialità degli aspiranti dirigenti scolastici.

L’impressione è che il Ministero di docimologia ne sappia ben poco, i tempi sono un fatto essenziale per arrivare a una soluzione soddisfacente. I tempi andavano ben valutati, è evidente che, considerando le condizioni ambientali e il “mare magnum” delle possibilità, all’atto della prova sono risultati sottostimati, una mezz’ora in più era sufficiente.

Sembrerebbe unanime la fattibilità della prova dati i quesiti proposti, una maggiore complessità si è evidenziata nei due quesiti in lingua inglese, i quali si riferivano all’uso dei device e al sistema scolastico olandese. Sebbene in molti si sono lamentati del tempo tiranno, che è sembrato scorrere troppo velocemente e che occorreva il doppio del tempo per un lavoro accurato.