Arriva un ragazzino che comincia stentato, agitatissimo, si blocca poi ti guarda e dice: “Prof. non ce la faccio”. Mi alzo, gli metto una mano sulla spalla a fargli una carezza e gli dico: “Ce la fai”. É un ragazzo russo adottato. Quando é arrivato in Italia, dopo 6 anni di orfanotrofio, ancora gattonava.
A sei anni…
Si riprende, sente la carezza… ce la fa.
Certo, non brilla, ma ce la fa. Sorride, quando esce, e ci ringrazia tutti.
Arriva il ragazzo il cui padre é stato licenziato. Quello che da tempo in casa tira una brutta aria. Ha messo la sua migliore camicia, comincia e incanta tutti…
Un orale STREPITOSO. Parte dal muro di Berlino e disquisisce sul concetto di “muro” sotto diverse angolazioni, dalla storia, alla letteratura, alla musica, all’arte.
Ammesso con 7 esce con 9.
Gli dico: “Portati in giro così, sempre. Ricordati che tu sei questo”.
Poi c’è il ragazzo marocchino, nato in Italia ma fiero della sua terra, che ci parla della storia del suo Paese e ci incanta. Intelligentissimo, ci dice che vuol fare qualcosa per il suo Paese, vuole studiare. Ringrazia tutti, uno ad uno, dopo il suo esame, “per tutto quello che gli abbiamo dato”.
Poi c’è il ragazzino che é arrivato solo, alle 8 di mattina, nonostante il suo orale fosse l’ultimo, verso le 13… solo come sempre é stato… nessuno si é preso la briga di accompagnarlo, nessuno lo verrà a prendere…
Ha una bella camicia e un bel paio di pantaloni… e gli occhi tristi…
E no, non é preparato, no, stenta, arranca… ma si è presentato… ci prova.
Negli occhi la rinuncia, “io non valgo niente”.
Finito il suo esame ci saluta uno ad uno… alcuni professori li abbraccia, li abbraccia stretto. Io sono una di loro. Mi si butta fra le braccia e mi sussurra “Grazie”.
Non sono riuscita, tesoro mio, a darti tutta la forza e la fiducia che meritavi… lo vedo dai tuoi occhi ancora tristi…
É tutto il giorno che ti penso… e mi si spezza il cuore…