Eraldo Affinati: «Un elogio del ripetente»


C’è un’opera umana da compiere, scriveva Teilhard de Chardin. Ed è con questa citazione che si apriva La città dei ragazzi (Mondadori, 2008), lungo viaggio condotto da Eraldo Affinati alle radici di un’infanzia strappata alle sue origini.

Un tuo libro del 2013 ha un titolo che potrebbe apparire provocatorio, Elogio del ripetente (Mondadori, 2013). Perché questo messaggio in controtendenza rispetto alla linea generale che vuole individui adatti o perfettamente adattabili a prestazioni medie e standardizzate che spesso scambiamo per “eccellenza”?
Questa riflessione sul “ripetente” nasce dalla mia esperienza biografica. Io insegno a ragazzi ritenuti “difficili” che arrivano all’istituto professionale come se fosse l’ultima spiaggia. Questi miei studenti spesso sono già stati bocciati all’istituto tecnico o al liceo. Sono, in altri termini, ragazzi “difficili”. Eppure, proprio loro ti fanno capire quanto sia profonda e diffusa una crisi etica generale, di cui la scuola raccoglie cocci e conseguenze. Il “ripetente” diventa, così, un frammento che la società vorrebbe allontanare da sé, ma che in realtà illumina e spiega molte cose di quella medesima società. I ragazzi “difficili”, i “ripetenti” sono quasi dei “frantumi” di questo Paese. Frantumi che cadono in basso e che a noi tocca raccogliere…

Fonte: Scuola – Vita.it
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