Rendicontazione socio-ambientale e leadership motivazionale


Il 4 agosto del 2014, nella Mount Polley, in Canada, esattamente nella Columbia Britannica, la rottura di una diga del bacino di decantazione di una miniera d’oro e rame contamina con metalli pesanti i laghi Polley e Quesnel e il torrente Hazeltine. Tempestiva la dichiarazione di stato d’emergenza e il divieto di svolgere qualsiasi attività nei bacini d’acqua inquinati, da parte delle autorità: immediate le critiche degli ambientalisti, che, già nelle settimane antecedenti al disastro, avevano segnalato alla Imperial Metal Corp, la compagnia della miniera d’oro e rame, il rischio di trasbordo dei bacini di decantazione troppo pieni.

Sempre nell’agosto dello stesso anno, nel nord-ovest del Messico, la miniera di rame Buenavista, a causa della perdita di un serbatoio, sversa nel fiume quarantamila metri cubi di acido solforico, privando venti mila persone di acqua.

Già nel maggio del 2014, singolare risulta il passo indietro della Deutsche Bank, che decide di rifiutare il finanziamento a North Queensland Bulk Ports Corp, per l’espansione del porto di Abbot Point, in Australia, utilizzato per l’esportazione di carbone: un ampliamento simile del porto avrebbe comportato un vantaggio non indifferente per il settore del carbone australiano, a scapito però  della Grande Barriera Corallina.

I funzionari, avvertendo l’evidente rischio ambientale per la più grande estensione di corallo al mondo, decidono che, per procedere con il finanziamento, avrebbero dovuto ricevere il consenso dall’UNESCO e dal governo australiano circa la sostenibilità ambientale del progetto.

Innegabilmente i timori di Deutsche Bank palesano l’importanza che investitori e istituzioni finanziarie danno alla cosiddetta “licenza sociale”, nonché ai condizionamenti di un certo riscontro sull’opinione pubblica.

È il 1990 quando Jim Cooney, noto dirigente minerario canadese, qualifica col termine “licenza sociale ad operare” (SLO) il livello di approvazione verso le compagnie minerarie e i loro progetti, da parte della comunità locale. L’espressione, seppur nuova, in realtà discende dalle teorie di responsabilità sociale: inizia a crollare l’idea di impresa-business ed avanza l’idea di licenza sociale, non come mero atto formale, cioè vincolante accordo scritto, ma quale reale sentimento di fare rete con la comunità, condividendo valori e ideali, per il benessere di ciascuno.

Disastri ambientali di siffatta importanza inevitabilmente riversano non poche criticità sull’immagine dell’azienda: la responsabilità sociale d’impresa, nota anche con l’acronimo CSR (da Corporate Social Responsibility), è meglio conosciuta, all’interno della vision di ogni impresa, quale insieme di ricadute e implicazioni di natura etica, che in  modo più o meno intrinseco, esprime l’anima di ogni azienda, la sua capacità di gestire con solerzia ed efficacia le problematiche d’impatto sociale ed etico con le quotidiane scelte, conformemente alla  propria mission.

L’impatto ambientale di ogni scelta non può non coinvolgere l’impresa stessa: i disastri ambientali inevitabilmente impattano sull’idea di “fare impresa”, comportando una ricaduta d’immagine, che, seppur non ravvisabile quale precipua responsabilità patrimoniale, ha influenzato più o meno direttamente i fatturati dell’azienda e lo stesso giudizio degli stakeholders, più che mai attenti alla responsabilità socio-ambientale dell’impresa.

Sinergie con il territorio, partnership, collaborazioni per il conseguimento di prassi innovative, adeguamento a sistemi di maggiore trasparenza e controllo, oltre all’inevitabile incremento di affidabilità nelle valutazioni delle imprese, promuovono il “sentimento di responsabilità sociale delle imprese”, che si traduce in iniziativa personale da parte di ogni azienda a contribuire a migliorare la società e rendere più pulito l’ambiente.

Una simile “filosofia di fare rete” dell’impresa scuola, per il benessere del pianeta e delle persone, nella promozione della pace, persegue, come ribadito dall’Agenda 2030, la prosperità di tutti e di ciascuno e realizza l’obiettivo strategico di Lisbona, cioè “divenire l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”.

La scuola, quale impresa eccellente di istruzione ed educazione, interviene consapevolmente nella formazione degli alunni, principalmente mediante le scelte e gli interventi del Dirigente Scolastico sul territorio: ogni azione, precedentemente ponderata con spirito critico e propositivo, si muove nella direzione della crescita di “tutti e di ciascuno”, orientando le varie sinergie verso l’arricchimento del proprio ambito.

“Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate. L’esperienza acquisita con gli investimenti in tecnologie e prassi commerciali ecologicamente responsabili suggerisce che, andando oltre gli obblighi previsti dalla legislazione, le imprese potevano aumentare la propria competitività. L’applicazione di norme sociali che superano gli obblighi giuridici fondamentali, ad esempio nel settore della formazione, delle condizioni di lavoro o dei rapporti tra la direzione e il personale, può avere dal canto suo un impatto diretto sulla produttività. Si apre in tal modo una strada che consente di gestire il cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale e una maggiore competitività.” (dal “Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, presentato a Bruxelles alla Commissione delle Comunità Europee il 18/07/2001).

Creando collaborazioni con le varie forze locali interne ed esterne alla scuola, il Dirigente Scolastico si muove sempre nella consapevolezza delle ricadute che esse hanno per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dei suoi giovani utenti. Non si può, pertanto, trascurare la responsabilità sociale delle azioni del Dirigente in primis e del suo middle management, che in una costante azione motivazionale, in sintonia con il DSGA, orienta il sentimento dell’intero corpo docente, del personale ATA e di quanti partecipano al progetto di vita degli alunni, verso la crescita dell’intelligenza emotiva.

Il Dirigente Scolastico, che motiva e incoraggia ciascuno verso la consapevolezza di sé, crea un clima favorevole, applicando tutte le best pratices che promuovano la conoscenza e la capacità espressiva dei propri sentimenti apertamente e con assertività, nel riconoscimento dei propri punti di debolezza e di forza. Il Leader motivazionale, all’interno della scuola, promuove contesti di crescita personale, anche attraverso critiche costruttive.

L’impegno del Dirigente è costruire ogni giorno l’ambiente ideale perché i suoi collaboratori crescano nell’autoconsapevolezza delle proprie capacità e nella fiducia in se stessi, riuscendo a dominare con autocontrollo le emozioni forti e i turbamenti, che inevitabilmente all’interno di una grande impresa, quale è la scuola, si possono creare.

Obiettivi quotidiani sono il perseguimento di fini costruttivi, di relazioni autentiche, di interventi tempestivi e trasparenti, garantendo rapporti tra Dirigente, docenti, genitori e alunni ed utenti in generale connotati da quell’empatia con la quale ognuno percepisce e riconosce i sentimenti, le preoccupazioni, il punto di vista altrui, li accoglie e coscientemente adotta la prospettiva più adatta alle non poche emergenze che la nostra società complessa e fluida subdolamente insinua.

Il Dirigente Scolastico, trattando efficacemente relazioni con personale interno ed esterno all’istituzione, gestisce efficientemente conflitti, difficoltà comunicative e le emozioni ad esse connesse, nella conferma delle proprie abilità sociali.

La motivazione ad andare instancabilmente avanti nonostante le difficoltà, la capacità di suggerire e spronare se stessi e l’entourage verso il raggiungimento degli obiettivi connotanti la propria identità scolastica, diventano un impegno costante del Dirigente motivatore, che così è produttivamente artefice del cambiamento di cui ne è guida.

Conseguendo buoni risultati nel settore etico-sociale “sul-nel-insieme” al proprio ambiente, il Dirigente inevitabilmente raggiunge maggiori profitti e una crescita che coinvolge non solo la singola scuola, ma perfino l’intero ambito, che arricchisce con le proprie scelte.

In tal modo, gli effetti diretti e indiretti della responsabilità etico-sociale delle azioni del DS, promotore di un ambiente di lavoro proiettato verso la sostenibilità ambientale, l’inclusività sociale, l’uso critico e intelligente delle innovazioni, favorisce una maggiore e migliore produttività dei lavoratori: il Dirigente gestisce così efficacemente le risorse finanziarie, strumentali ed umane e gli stakeholder, consumatori e investitori attenti agli effetti diretti e indiretti delle scelte della scuola sull’ambiente, partecipano spontaneamente all’immagine dell’istituzione, nella convinzione che la collaborazione propositiva, incoraggiata da un Dirigente motivatore, favorisce un clima di evoluzione ambientale etico-sociale, perché, come espresso da Daniel Goleman, “…l’unico tratto che accomuna davvero tutti i leader efficaci, se mai ne esiste uno, è la motivazione, una forma di gestione del sé che ci consente di mobilitare le nostre emozioni positive per proiettarci verso un obiettivo…” e l’obiettivo della scuola è rendere l’impresa educativo-formativa  un’esperienza unica che orienti ciascun alunno autonomamente verso scelte originali, consapevoli e innovative.

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