Il valore dello spirito critico contro il dogmatismo autoritario


Le otto competenze chiave delineate nella Raccomandazione del Consiglio Europeo, 22 maggio 2018 (rinnovamento e sostituzione dispositivo del 2006), sono tra loro interconnesse (unitarietà del sapere) e sono una combinazione vincente di conoscenze, abilità e (novità importante) atteggiamenti, ossia, la disposizione e la mentalità per agire o reagire con spirito critico e pensiero antidogmatico a idee, persone o situazioni.

Spirito critico e pensiero antidogmatico si delineano chiaramente e fortemente come la cifra dell’atteggiamento democratico. Una minaccia sottende al continuo e potente richiamo (quasi un’invocazione, una preghiera) ad essi: la perdita della libertà (di pensiero, di parola, di azione), dell’autonomia di giudizio, della capacità di valutazione. Vi sottende la minaccia di un progetto distopico, ubbidiente alle logiche della crescita economica, del profitto e dell’accumulo per l’accumulo.

Le democrazie sono agite da cittadini che pensano criticamente. Le Nazioni che preservano la democrazia, “composto chimico instabile” (Dialoghi – Democrazia e potere – Biennale Democrazia 2011), formano cittadini dotati di spirito critico e strumenti di empowerment, (auspicabilmente) verso l’Uguaglianza, come massimo valore.

La filosofa statunitense Martha Nussbaum sostiene che “la democrazia non sopravvive quando le persone delegano le loro decisioni alle autorità oppure si lasciano influenzare dalla pressione del gruppo sociale al quale appartengono”.

Il filologo classico e storico Luciano Canfora individua, tra gli scopi dell’insegnamento, quello di fornire agli allievi, “attraverso contenuti” e “stili di pensiero” che li preservino dal “rumore esterno”, gli “anticorpi” alle “mode”, in modo da poter cogliere la realtà con spirito critico. Secondo lo storico, al termine di un corso di studi, uno studente dovrebbe entrare “in una realtà di cui dovrebbe poter comprendere la dinamica fondamentale, e cioè la costante tensione tra “vecchio” e “nuovo”, tra autorità e libertà”.

Certamente c’è qualcosa che unisce spirito critico e libertà, che, probabilmente, passa (senza fermarsi) dalla mera comprensione e interpretazione di idee, fatti e situazioni (una sorta di funzione protettiva) per divenire qualcosa di creativo, di inedito. Dunque, non solo ricerca di senso (ovvio), ma anche di ciò “che accade in eccesso, come un di più che la mia intelligenza non giunge ad assorbire del tutto e sfugge” (Roland Barthes).

Si pensi al valore dello spirito critico nella conquista della “libertà dal conosciuto” (sostenuta da Jiddu Krishnamurti), libertà dagli schemi, dalla mera collocazione (attiva o passiva) di idee, fatti, situazioni e condizioni. “Per secoli siamo stati nutriti da maestri, dalle autorità, dai libri, dai santi (…) Siamo persone di seconda mano (…) Siamo il risultato di ogni forma di influenza, e non c’è niente di nuovo in noi, niente che sia stato scoperto da noi stessi; niente di originale, intatto, chiaro” (Libertà dal conosciuto, Jiddu Krishnamurti).

A che cosa serve avere migliaia di persone che non capiscono, imbalsamate nei loro pregiudizi, che non desiderano il nuovo, ma che traducono il nuovo per adattarlo ai loro sterili, stagnanti io? (…) Abbiamo fatto l’abitudine all’autorità e alla sua atmosfera (…) Crediamo e speriamo che un altro, attraverso i suoi straordinari poteri, ci possa condurre (per miracolo!) nel regno dell’eterna libertà che è Felicità.” (La verità è una terra priva di sentieri, Jiddu Krishnamurti, 1929).

Volendo sottolineare il forte rischio determinato dallo sviluppo del social media, Lamberto Maffei, della Scuola Normale di Pisa, insigne esperto di Neuroscienze a livello internazionale, sostiene che, a causa dei continui e ripetitivi messaggi (Facebook, Twitter, televisione), il senso critico è sostituito da una sorta di “protesi del pensiero”. Messaggi uguali, diffusi ad enormi moltitudini di persone, innescano la tendenza a “fare aumentare il cervello collettivo, oltre il grado richiesto per la socialità all’interno della specie”. Il “cervello collettivo” genera omologazione e annichilimento del pensiero personale, originale, critico. Lo sosteneva Euripide, tragediografo ed intellettuale, che, per sopravvivere, occorre praticare, celatamente ed intelligentemente, una certa dissidenza.

L’ordine imposto dall’esterno produce necessariamente disordine. Forse ne capirete la verità intellettivamente, ma riuscite nella realtà ad attuarlo in modo che la vostra mente non rappresenti autorità alcuna, quella di un libro, di un insegnante, di una moglie o di un marito, di genitori, di amici o della società?” (Libertà dal conosciuto, Jiddu Krishnamurti).

Se si pensa, poi, che situazioni di stress ed emozioni esercitano un’influenza determinante (condizionandolo negativamente) sul pensiero critico, si percepisce come potente il rischio di influenze e manipolazioni psicologiche in peculiari periodi di crisi (come quella economica), in cui si struttura un “comune sentire” e una comune necessità di guida e di “identitarismo”.

Voi volete avere i vostri dèi, nuovi dèi al posto dei vecchi, nuove religioni al posto delle vecchie, nuove forme in sostituzione delle vecchie, tutte ugualmente prive di valore, tutte barriere, tutte limitazioni, tutte stampelle” (Jiddu Krishnamurti).

Il pensiero critico efficace si realizza a un basso livello di emotività (le scelte altamente emotive non sono giustificabili), partendo dalla coscienza della propria fallibilità e basandosi sulla prerogativa dell’“impossibilità di giungere a una conclusione definitiva”. Secondo la zetetica, a cui, in filosofia, il senso critico è collegato nella sua interpretazione più positiva, “il dubbio è un mezzo e non un fine” (Spirito critico – Albanesi.it).

Renato Treves, filosofo e sociologo italiano, paladino di una concezione critica della scienza, riteneva la “libertà di coscienza, di pensiero, di ricerca, di azione” la conditio sine qua non di una politica volta all’uguaglianza e al progresso sociale. Per lui la libertà era “libertà di dubbio critico e, per questo, insofferenza verso ogni pretesa di verità assoluta”. (Il centenario della nascita di Renato Treves, Vincenzo Ferrari).

Non avere spirito critico significa esporsi al rischio di essere ingannati, in ogni aspetto della vita, dalla professione agli affetti, significa credere a sciamani dalle capacità divinatorie e ai detentori di verità incontrovertibili.

Il Pensiero critico costituisce, dunque, una delle principali life skills il cui riferimento  rappresenta la cifra di una scuola pienamente investita di funzione sociale, verso la costruzione di una “società critica”, forte e contraria al processo di sgretolamento del sistema dei diritti e alla sublimazione di autoritarismi. Il pensiero critico muove nella direzione contraria a “legge ed ordine”, quella della “democrazia partecipata”, il cui principio (costituzionale) fondante è il “pluralismo democratico ed istituzionale”.

La democrazia è il suo contenuto sociale” (Norberto Bobbio).

Manuele De Conti e Matteo Giangrande, pedagogisti e formatori, nel libro “Debate”, descrivono il metodo per l’introduzione della metodologia d’avanguardia del dibattito, finalizzato alla trasformazione della scuola italiana. Essi, tra le ricadute positive del metodo “acquisizione, sviluppo e organizzazione delle conoscenze, delle abilità critiche e logiche, delle abilità argomentative, delle abilità di ascolto, di lettura e scrittura, di abilità comunicative verbali e non verbali o di abilità di ricerca”, rinvengono anche “la formazione di una disposizione mentale aperta, flessibile, autocritica, dialogica e tollerante, fondamentale per la società e per formare generazioni meno autoritarie”. Il Debate, dunque, è finalizzato allo sviluppo della “competenza epistemica” e alimenta la democrazia.

Certo è che la costruzione di una mente critica richiede un approccio basato sull’unitarietà dei saperi e, dunque sull’integrazione delle diverse discipline scientifiche ed umanistiche. Il pensiero critico, così come la costruzione di una epistemologia personale si strutturano mediante approcci multidisciplinari e interdisciplinari.

Analizzate ciò che vi dico, sottoponetelo a critica per poterlo comprendere pienamente e a fondo”. (Jiddu Krishnamurti).

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