Verso nuove competenze digitali e sperimentazioni

di Lucia Abiuso

Riparte il confronto continuo relativo alle competenze e alla loro revisione, come riportato anche nel documento di matrice europea del 22 maggio 2018 (Raccomandazioni sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente) che pone l’accento sul valore della complessità e dello sviluppo sostenibile, e ritorna il luogo comune dell’azione pervasiva, quasi ingombrante della tecnologia in tutte le attuali espressioni di vita.

Il mondo sociale è caratterizzato da una ipercomplessità che molte volte risulta inintellegibile proprio perché trattata come somma di soggetti e di oggetti della società le cui interazioni, invece, vanno ponderate secondo dinamiche che tengono conto dell’imprevedibilità di cui l’entità umana è caratterizzata: le dinamiche di cui ciascun soggetto è portatore, si modificano già nell’interazione con l’altro. In sostanza, risulta del tutto manchevole un’analisi che, seppure approfondita, descrive il soggetto come statico perdendo, invece, la propensione alla dinamicità del suo stesso sviluppo.

L’ipercomplessità va sperimentata alla luce di potenziali e molteplici livelli di interconnessioni. La parcellizzazione del sapere continua ad oggi a non produrre interconnessione di processi. È inevitabile, peraltro, immaginare di rintracciare la replicabilità quale caratteristica essenziale per investigare scientificamente tali processi. La complessità, infatti, è caratteristica dei gruppi umani come delle organizzazioni sociali e della stessa società, di contro, il mondo degli oggetti è un sistema certamente complicato seppure comunque rintracciabile attraverso fenomeni e processi elementari che in qualche modo sono lineari e conseguentemente prevedibili e replicabili.

Vi è “una frattura da ricomporre tra l’umano e il tecnologico”, bisogna, infatti, fondere la cultura scientifica e quella umanistica; non siamo solo di fronte ad un problema di educational mismatch; l’innovazione tecnologica, cioè la cosiddetta rivoluzione digitale, richiede certamente una nuova velocità nei processi sociali, economici e culturali ma non è l’unico aspetto che ne consentirebbe la buona “gestione”.

Le “due culture”, umanistica e tecnologica, vivono, infatti, una falsa dicotomia alimentata paradossalmente nei luoghi dell’istruzione e della formazione: “tecniche e tecnologie non sono esterne alla cultura” bensì sono dentro i sistemi culturali e allo stesso tempo sono prodotti dei sistemi culturali. Sfugge, infatti, quanti e quali danni crea l’attuale ritardo culturale sull’innovazione tecnologica; l’addestramento al tecnicismo non garantisce l’inclusione sperata, anzi esaspera l’effetto alienante generando sempre più profonde asimmetrie e disuguaglianze sociali.

Accanto al sapere e al saper fare necessita che si sviluppi la comunicazione del sapere e la comunicazione del saper fare. Non è la velocità di ripensare e aggiornare il profilo dei nuovi tecnologi che potrà fare la differenza, c’è bisogno, infatti, di promuovere interconnessione come interdisciplinarità. La revisione del paradigma delle competenze prevista nelle Raccomandazioni Europee dello scorso 22 maggio, enfatizza la necessità, da più parti percepita ed anche sperimentata, di una incompletezza formativa che impatta sul sociale.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale riassume le necessità formative e “per tutto l’arco della vita” alla luce di uno sviluppo esponenziale di natura digitale, che costringe ad una revisione sociale in cui necessariamente sono coinvolti tutti gli stakeholder. La formazione si sviluppa lungo percorsi che non sono e non possono essere estranei allo sviluppo socio-economico: le “misure” di promozione formativa del Ministero dell’istruzione non sono avulse dalla società, bensì da essa desunte attraverso anche attività di ricerca-azione dei docenti, finalizzate a promuovere percorsi che debbano essere efficaci e mirati allo sviluppo della persona, alla sua realizzazione professionale e conseguentemente e, allo stesso tempo insieme, al perseguimento di uno sviluppo sociale per forza condiviso.

Il successo di ciascuno non può che portare al successo collettivo! In una società la cui caratteristica preponderante è appunto l’ipercomplessità, le competenze digitali sono una sfida sociale; il fatto che più della metà della popolazione adulta trascorra molto tempo “connessa”, non implica che abbia un buon livello di competenze digitali, anzi, a volte si delinea un distaccamento dal mondo analogico, come evidenziato proprio nel documento di gennaio 2018 in tema di sicurezza online, alfabetizzazione mediatica e igiene cibernetica, ambiti  per i quali nel Piano d’azione per l’istruzione digitale si promuovono campagne di sensibilizzazione. L’utilizzo consapevole di strumenti tecnologici è requisito fondamentale per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese oltre che per l’esercizio di una piena cittadinanza nell’era dell’informazione.

Nelle indicazioni che sono proprie del documento del PNSD, relativamente all’ambito di intervento degli animatori digitali (#28) sono tre gli indirizzi su cui si impernia la natura dell’impegno degli animatori e più in generale della scuola:

  1. migliorare l’ambiente di apprendimento attraverso l’uso delle tecnologie che significa migliorare i processi di innovazione della scuola;
  2. sviluppare azioni di formazione dei docenti a sostegno dell’azione educativa e, infine,
  3. promuovere la cultura digitale avendone pertanto una naturale ricaduta sulla vita della collettività.

La definizione delle competenze digitali è per tutte queste ragioni difficilmente tratteggiabile o almeno non lo è in maniera esaustiva, primariamente perché spesso si confonde il tecnicismo con la tecnologia digitale, quest’ultima figlia della cultura digitale e della comunicazione. Ogni nuova conquista “tecnologica” è vissuta spesso come tecnicismo massivo che protende ad un uso sregolato e randomizzato degli strumenti eliminando, invece, il lavoro della ricerca e della sperimentazione che caratterizza per forza ogni successo in tal senso.

Alla luce di queste ultime considerazioni la Commissione Europea, appena due mesi dopo il vertice di Göteborg del novembre 2017, ha adottato nuove iniziative per migliorare le competenze chiave e le competenze digitali dei cittadini europei, sostenendo un piano d’azione per l’istruzione digitale per aiutare cittadini, istituti e sistemi di istruzione a prepararsi meglio a vivere e lavorare in un’era di rapidi cambiamenti digitali (nuove misure): è proprio su questo versante di continua ricerca che la sperimentazione SELFIE è tra le undici iniziative definite nel piano d’azione per l’educazione digitale adottato dalla Commissione Europea nel gennaio 2018.

DigCompOrg è il Quadro di riferimento Europeo che descrive le competenze digitali delle organizzazioni educative, in linea con le competenze digitali del cittadino e del docente, elaborato dalla Commissione Europea. Nell’ambito del processo di miglioramento del quadro concettuale e del suo adattamento a diversi contesti culturali, sono state avviate le sperimentazioni DigCompOrg per le scuole in vari Stati Membri, tra cui l’Italia. Finalità ultima di queste iniziative pilota è stato lo sviluppo e la sperimentazione di uno strumento di auto-valutazione per le istituzioni scolastiche denominato SELFIE (Self-reflection on Effective Learning by Fostering Innovation through Educational Technologies).

La sperimentazione condotta dall’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR (CNR-ITD), con il supporto di due autorità educative a livello regionale (USR Umbria e USR Calabria), due Istituti di ricerca educativa (INDIRE e IPRASE ), un centro di formazione per l’apprendimento dell’era digitale (Polo Formativo AT-Varese) e la Fondazione Educativa (Fondazione per la Scuola – Compagnia San Paolo), a seguito del successo della fase iniziale (gennaio 2017 – User Consultation), ha raccolto indicazioni utili per sviluppare lo strumento SELFIE per una seconda fase della sperimentazione (settembre 2017) con un coinvolgimento di 201 scuole italiane; di queste scuole, 59 erano primarie (29%), 66 erano secondarie inferiori (33%), 62 erano generali secondarie superiori (31%) e 14 erano superiori professionali (7%). Distribuite in 10 diverse regioni italiane, 67 scuole erano situate nell’area settentrionale, 33 scuole erano situate nell’area centrale e 101 scuole erano situate nell’area meridionale.

La Fase pilota che ha consentito, attraverso l’analisi dei questionari di ben 201 scuole, di raffinare lo strumento SELFIE porta ad una terza fase che dovrebbe riguardare questo nuovo anno scolastico (2018/2019) e che, in verità è stata completamente revisionata in quanto lo strumento potrà, fin da subito, essere implementato già in autonomia in tutte le scuole che ne faranno richiesta.

 

Cartina Scuole

Livello scolastico

Organigramma scuole

 

SELFIE è uno strumento online mirato a sostenere le istituzioni scolastiche nel riflettere e autovalutare le strategie per una scuola digitale: è uno strumento, insomma, di autovalutazione indirizzato alle figure del Dirigente Scolastico, Docente e Studenti per “fotografare” insieme le proprie pratiche d’uso delle tecnologie, verificando la corrispondenza nel definire le competenze digitali secondo i diversi punti di vista rispetto a chi coordina, chi insegna e chi impara, fasi propedeutiche protese a migliorare l’esperienza di insegnamento/apprendimento e pianificare aree di sviluppo in coerenza rispetto ai reali bisogni.

Ha ancora una duplice valenza a livello europeo in quanto sottesa ad offrire ai decisori politici da un lato una “fotografia” del meso (e macro) livello del sistema, e dall’altro un valido supporto (costituito dal quadro concettuale DigCompOrg e dallo strumento SELFIE) per la pianificazione strategica di politiche e ricerche educative. È certamente interessante rilevare come i dati desunti dalle tre tipologie di questionari (rispettivamente per dirigenti, docenti e studenti) possano impattare nella compilazione del RAV (Rapporto di Auto Valutazione) ai fini anche della redazione di un Piano di Miglioramento che sappia efficacemente interpretare punti di forza e di debolezza dell’azione educativa.

In altre parole, l’innovazione tecnologica supporta quella metodologica consentendo di implementare le stesse attività in modo più efficace ma anche attività innovative altrimenti irrealizzabili senza le tecnologie educative. Queste ultime sono solo un esempio dell’impatto di sviluppo sulla persona come nella società; è certo, infatti, che è proprio nel documento delle Raccomandazioni del 2018 che si ravvisa un terzo elemento importante per la definizione di competenze e cioè il livello cosiddetto degli atteggiamenti.

Si profila, insomma, sempre più un’azione educativa olistica protesa allo sviluppo personale e sociale. Olistico è il paradigma insegnamento/apprendimento e tutto ciò che ci sta dentro e intorno: nessuna azione che interessi la vita della scuola, la sua organizzazione, la gestione, come anche la capacità di dialogo con tutti gli stakeholder è avulsa dal protendere alla promozione culturale del suo target e questa visione dinamicamente interagente, se da una parte non consente un’analisi preordinata, si avvale di tanti “percorsi” e modalità di gestione della leadership che alternativamente possono risultare confacenti alle circostanze.

L’attività di ricerca, peraltro, non potrà e non dovrà mai esaurirsi perché rischierebbe di promuovere percorsi di indagine completamente anacronistici sull’asse temporale e inidonei riguardo alla qualità dello spazio relazionale e comunicativo e comunque quasi completamente inesplorabili per la complessità “adattiva” (Piero Dominici) che caratterizza il genere umano: si è di fronte a sistemi complessi capaci di modificarsi per soddisfare nuove condizioni e quindi a co-creare, co-costruire l’ambiente sociale in cui sono immersi.

È necessario, infatti, mantenere lo sguardo e la prospettiva sull’insieme, sul globale e complesso che non corrisponde alla somma delle parti: è un pensiero multidimensionale che va alimentato. I diritti e i valori della cittadinanza nella società della conoscenza sono scritti e definiti nei luoghi dove si produce e si distribuisce informazione e conoscenza e in tal senso è laddove si definiscono le regole di ingaggio. Sulla cultura della comunicazione insiste, infatti, la cultura della responsabilità.

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