Allattamento a rischio

di Maria Carmela Lapadula

D. Sono una docente di scuola primaria, titolare su posto di sostegno che ha partorito il 3 agosto. Ho saputo che dopo la fruizione del congedo obbligatorio post partum, che termina a novembre, potrei ricorrere al congedo per allattamento a rischio, fin al 7° mese di vita del bambino.  Potrebbe indicarmi in base a quale norma e con quali modalità?

R. Sì, quanto ha saputo è espressamente previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 151/2001.

Questa normativa,  che prende il nome di “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000” prevede che il datore di lavoro verifichi se le mansioni lavorative della neomamma possono essere dannose per l’allattamento e, se del caso,  modificarle con altri compiti che non rechino alcun danno allo svolgimento del ruolo di madre o, se non è possibile, provvedere ad esentarla dal lavoro fino al compimento del 7° mese di vita del bambino.

Sebbene si tratti di una normativa vigente dal 2001 poche donne ne sono a conoscenza. Il meccanismo ricalca proprio quello della cosiddetta gravidanza a rischio solo che, intuitivamente, si riferisce al periodo di allattamento al seno.

Le insegnanti, avendo a che fare spesso con classi numerose sono esposte a rischi biologici (eventuali malattie infettive quali varicella e rosolia trasmesse dagli alunni), spesso assumono carichi posturali scorretti e prolungati nel tempo. Si trovano inoltre a dover lavorare con bambini molto piccoli o problematici che diventano fonte di stress in grado di pregiudicare l’allattamento sia i termini quantitativi che qualitativi.

Le insegnanti di sostegno, in aggiunta a quanto detto sopra,  se lavorano con bambini portatori di handicap gravi spesso si vedono costrette a effettuare sforzi fisici notevoli per aiutare il loro assistito durante la vita quotidiana in classe. Sarà, dunque il DS, si ribadisce, a dover valutare la situazione di rischio e a provvedere a destinare l’insegnante che allatta o ad altra mansione o ad esentarla dal lavoro.

Come presentare la domanda

In primis, occorre consegnare   al datore di lavoro il certificato di nascita del neonato entro 30 giorni dal parto. Dopodiché spettano tre mesi di congedo di maternità obbligatorio, al termine dei quali il datore di lavoro dovrà valutare se ci sono rischi per l’allattamento. Se la neomamma può essere esposta ai rischi di cui  sopra dovrà essere assegnata ad una mansione diversa e non a rischio fino al settimo mese di vita del bambino.

In caso non fosse possibile assegnare una mansione diversa alla neomamma spetta l’astensione dal lavoro fino al settimo mese e dovrà presentare una comunicazione scritta alla Direzione Provinciale del Lavoro che provvederà all’interdizione al lavoro.

Questo avviene presentando domanda alla Direzione Provinciale del Lavoro. La retribuzione prevista è del 100%, anticipata dal datore di lavoro che verrà rimborsato dall’Inps.

L’annoso dispositivo normativo, peraltro, è richiamato in una direttiva che il ministro Madia ha rivolto a tutte le pubbliche amministrazioni, affinché rispettino il diritto di allattamento della donna che lavora. E’ un diritto fondamentale per le madre e i bambini, riconosciuto dalla legislazione comunitaria e nazionale. Le madri devono essere sostenute nella realizzazione del desiderio di allattare. La direttiva 2006/14/CE, richiama il principio della promozione e della protezione di tale diritto e la necessità di incentivare e non scoraggiare la stessa pratica.

Lascia un commento

Nome *
Email *
Sito web