Il dirigente scolastico: leader e artefice del processo di inclusione?

di Luigina Santoro

La società in cui viviamo presenta peculiarità di complessità che non sempre sono facili da decifrare e comprendere. Indiscutibilmente, essa si evolve e trasforma i suoi assetti con un ritmo più convulso rispetto al passato. É rilevante evidenziare le attuali esigenze educative per compararle con le realtà didattiche in atto e le linee di evoluzione presenti. La vera disfida concerne l’abilità del sistema scolastico di riuscire a mantenere il passo con il cambiamento sociale, l’apporto che la formazione scolastica può dare alla costruzione di cittadini attivi e consapevoli, il nesso tra l’istruzione scolastica e i bisogni individuali e sociali: in concreto, il legame tra scuola e realtà. É anche vero che la trasformazione è radicata con l’esperienza umana; il compito educativo è governare tale trasformazione alla luce di un progetto esistenziale e dei valori che lo ispirano.

Nello specifico, il tema dell’inclusione scolastica, in questo momento storico, diventa un argomento rilevante per le istituzioni sociali: la scuola e la famiglia. Il concetto di inclusione, avendo a che fare con le persone, con le diversità e con il superamento delle barriere all’apprendimento e alla partecipazione, sottace un processo dinamico in continua evoluzione. Il suo raggio di azione non si limita alla disabilità e ai bisogni educativi speciali, ma va oltre, abbraccia l’isolamento o le esclusioni derivanti dalla classe sociale, dallo svantaggio socio-economico, dalla razza, dal sesso e da altri fattori. Si occupa di pari opportunità, di diritti umani, di etica e altri concetti spesso difficili da tradurre in fatti concreti. Ed è per questa ragione che negli ultimi decenni l’inclusione è diventata uno dei principali temi di interesse per l’affermazione di diritti civili e sociali.

Le pratiche per l’inclusione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali implicano attenzione e impegno da parte dei vari soggetti con funzioni di sostegno e intervento mirato ai più diversi livelli, nell’ottica di un coinvolgimento condiviso e responsabile in politiche educative, scolastiche, sanitarie e sociali coerenti e coordinate fra loro.

Nel mondo della scuola, il lavoro di promozione, di mediazione e di messa in atto di specifiche attività è prerogativa del Dirigente scolastico che, attraverso il coinvolgimento di tutta l’organizzazione-scuola, garantisce o meno la buona riuscita dell’inclusione dell’alunno con bisogni speciali. Il processo di inclusione deve incentrarsi sul progetto educativo da costruire, però, in collaborazione con tutti gli attori della comunità scolastica vista come comunità educante ed inclusiva.

Quanto e cosa può fare un leader educativo di fronte ai Bisogni Educativi Speciali? Emerge, dunque, la consapevolezza di considerare determinante il ruolo del dirigente scolastico nella promozione di una cultura dell’inclusione e della conseguente valutazione della stessa, che dimostri la capacità di riflettere sui dati di contesto e di saperli interpretare per il miglioramento, di coltivare la dimensione di senso delle decisioni e delle azioni per lo sviluppo culturale, pedagogico, gestionale e organizzativo di una scuola che possa dirsi inclusiva.

Alla luce dei più recenti studi psicopedagogici e didattici, i progressi in ambito educativo, la sempre maggiore presenza a scuola di alunni con bisogni educativi speciali, il diritto all’integrazione come valore ormai condiviso, i servizi esistenti sul territorio, l’apertura del mondo del lavoro ai disabili, devono rappresentare una base fondamentale per ulteriori conquiste civili e sociali, legate soprattutto al problema della competenza e della professionalità di coloro che si occupano del bene comune, che lavorano in posti di responsabilità sociale ed educativa, di coloro che soprattutto gestiscono il percorso formativo degli alunni con bisogni educativi speciali.

Con la Legge 59/97, le istituzioni scolastiche hanno acquisito personalità giuridica, ed autonomia organizzativa e didattica, esercitabile nei limiti della legge e nel rispetto dei principi di logicità e congruità in modo da evitare atti caratterizzati da disparità di trattamento quali potrebbero essere, in primo luogo, la mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione finalizzato alla costruzione di un progetto di vita che consenta agli alunni con bisogni educativi speciali di “avere un futuro”.

In particolare, i Principi Guida per promuovere la qualità della scuola inclusiva, nel 2009, definiscono le pari opportunità in termini di educazione, come partecipazione concreta e accesso reale alla formazione, non come una semplice “socializzazione in presenza”. Quello che diventa importante, al di là degli interventi e delle risorse, umane e strumentali, di cui una scuola dispone, che potranno essere più o meno vicine agli indicatori di qualità della formazione inclusiva, è la promozione di una cultura, di un atteggiamento inclusivo, delle convinzioni profonde, degli atteggiamenti e della disposizione professionale di quanti operano nella scuola, in primo luogo, del dirigente scolastico.

Per quanto attiene alle caratteristiche di una scuola inclusiva, il documento della European Agency for Development in Special Needs Education, fornisce indicazioni preziose non tutte indirizzate alla sola classe docente. Si tratta di “raccomandazioni politiche”, quindi rivolte a chi deve prendere decisioni di indirizzo e controllo del sistema, non solo agli attori del sistema stesso. In ogni caso, la complessità del progetto di inclusione di una istituzione scolastica pone la necessità di poter contare su squadre multidisciplinari, formate da specialisti di diverse competenze e settori. In queste squadre dovrebbero essere presenti anche i genitori: le sfide complesse si vincono se si è in grado di ampliare gli spazi d’azione e le prospettive di soluzione.

Il decentramento amministrativo, la riforma delle autonomie locali e della Pubblica Amministrazione, il riconoscimento dell’autonomia alle scuole, stanno cambiando le prospettive e chiedono con sempre maggiore urgenza di formare reti locali per la soluzione dei problemi. La necessità di stabilire accordi, intese, reti e, soprattutto, collaborazioni reali con gli enti del territorio e le famiglie rientra nello spazio di azione proprio del dirigente scolastico.

Dal punto di vista organizzativo, le scuole devono dotarsi di strumenti di gestione dell’inclusività, sia per rendere trasparenti le politiche di inclusione adottate, (premessa questa per la collaborazione anche con le risorse esterne), sia per fornire un quadro comune sul quale poi riflettere per migliorare le azioni di intervento. Strumenti di gestione del processo di inclusione, di cui si farà carico il dirigente in prima persona affinchè trovino piena attuazione, sono:

– Sezione del P.T. O.F. che riguarda in modo specifico il Piano Annuale per l’Inclusività;

– Profili di personalizzazione;

– Modalità di gestione del processo di individuazione e segnalazione dei bisogni educativi speciali;

– Modello di PDP in uso nell’istituto.

Facendo riferimento alla dimensione inclusiva dell’istituzione scolastica che si trova a coordinare, il dirigente scolastico dovrebbe:

  1. Promuovere una cultura dell’inclusione: per implementare questo obiettivo si devono sviluppare piani di formazione professionale che siano il più possibile estesi e generalizzati a tutto il personale. Non si potrà pensare di aumentare il grado di diffusione della didattica inclusiva se non si interviene sulle metodologie di insegnamento, se non si convincono i docenti a modificare le prassi didattiche.
  2. Sviluppare sostegni all’inclusione orientati al sistema: l’insegnante può molto, ma da solo non potrà garantire che l’alunno sia effettivamente inserito in modo produttivo in tutta l’esperienza scolastica. Per orientare la scuola verso l’inclusione, l’azione dirigenziale dovrà orientarsi non solo sulle persone, (formazione dei docenti) ma sul sistema tutto, in modo che questo possa essere predisposto per realizzare percorsi diversi in situazioni diverse e per offrire opportunità formative personalizzate organizzando, ad esempio, uno spazio-scuola che preveda attività, laboratori, strumenti e strutture che facciano da sostegno all’inclusione.
  3. Porre al centro dell’attenzione dei docenti il curricolo e la valutazione: aspetti sostanziali di ogni processo inclusivo sono la costruzione di un curricolo capace di dare indicazioni chiare in merito agli elementi essenziali della disciplina e di esprimere una sensibilità valutativa in grado di sostenere realmente lo sviluppo di tutti i soggetti in apprendimento. L’azione del dirigente deve promuovere la costruzione di un curricolo “a più velocità”, portando gli organi collegiali a ripensare le strategie valutative adottate, problematizzando le prassi, dando il giusto rilievo alle decisioni collegiali per far fronte ai problemi dei singoli, assumendo come prioritario l’impegno di rendere i processi collegiali attività sostanziali e vicine alla didattica quotidiana, non pratiche formali e burocratiche.
  4. Porre attenzione alle fasi critiche del percorso scolastico dell’alunno: per tutti i soggetti, ma in particolar modo per quelli più fragili, possono accentuarsi le problematicità nel momento del passaggio da un grado di istruzione al successivo. Sostenere questi processi di transizione è assolutamente indispensabile e deve essere sensibilità del dirigente scolastico preoccuparsi di attuare una adeguata politica di controllo sugli apprendimenti successivi degli alunni BES, soprattutto per rimodulare, se necessario, la dimensione organizzativa e metodologica della propria scuola.

Il sistema di istruzione risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini fino al compimento del percorso scolastico, favorendo il passaggio al mondo del lavoro e all’attuazione del progetto di vita che riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno. Questo passaggio è particolarmente delicato per l’alunno con BES e va condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione: «Centrale diviene quindi la dimensione educativa, rivolta al disabile, agli operatori e alla rete parentale e sociale in cui il soggetto è inserito».

A tal fine il dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative per realizzare forme efficaci di relazioni con i soggetti deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni.

Per rendere più efficace ed efficiente l’intervento dell’istituzione scuola nel processo di crescita e sviluppo dell’alunno disabile, il dirigente scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, per un utilizzo più efficace dei fondi stanziati, una condivisione di risorse umane e strumentali, momenti di aggiornamento; in tal modo si dota il territorio di un punto di riferimento per i rapporti con le famiglie e con l’extrascuola. In questo panorama complesso di azioni, funzioni e buone pratiche da mettere in atto, il ruolo del dirigente scolastico promotore di azioni inclusive prevede che:

«Accanto ad una professionalità tecnica, è necessario associare una professionalità relazionale che sappia accomunare e ibridare modalità operative valide e funzionali alle diverse situazioni scolastiche, con riflessioni individuali e collegiali che valorizzino capacità personali e interazioni significative».

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