“UNIVERS-QUITA’”

di Dario Ianes

Il discorso inclusivo ci porta all’Univers-quità

In questi ultimi 10 anni si è diffuso gradualmente ma inesorabilmente il discorso di una scuola inclusiva, con la consapevolezza che inclusione non è soltanto un’integrazione degli alunni/e con disabilitá fatta un po’ meglio ma è qualcosa di molto più ampio, che coinvolge il 100% degli alunni/e, con l’infinita varietà delle loro differenze, con il loro diritto ad una piena personalizzazione, per evitare che quelle differenze diventino diversità negative, fonte poi di disuguaglianza e di espulsione.

Dalla disabilitá si è passati ai DSA, alle varie forme di BES e finalmente a tutte le differenze. In questa tendenza allora il discorso “inclusione” può sembrare stretto e troppo pieno di contenuti, anche emozionali, centrati sui “problemi” o sui “deficit” soltanto di alcuni alunni/e. Un passo concettuale in avanti potrebbe giovarsi di una prospettiva nuova, che ponga alla base delle sue pratiche due temi, quello dell’universalità e quello dell’equità (uniti nella nuova espressione univers-quità). Una didattica ed un’educazione universale renderebbe superfluo parlare di didattica inclusiva, perché la didattica per tutti sarebbe organizzata dall’inizio, nella sua prima progettazione (vedi l’Universal design for learning) come talmente plurale da poter essere adatta alle diverse forme di apprendimento.

La prospettiva universalistica si fonda su alcune conoscenze ormai patrimonio comune: ogni alunno è differente, questa differenza è comprensibile nelle fasi dell’apprendimento, dalla rappresentazione delle conoscenze, all’espressione e azione alla motivazione e dimensione emozionale che fornisce l’energia. Su questi tre fronti una didattica universale offre molti e diversi modi per rappresentarsi la realtà, per agire su di essa e per coinvolgersi attivamente.

Una didattica plurale riesce ad intercettare positivamente il più possibile di differenze, idealmente una didattica totalmente universale andrebbe bene per tutti, qualunque sia la loro condizione, senza chiedere successive e spesso maldestre correzioni e aggiustamenti. Il secondo tema necessario è quello dell’equità, e cioè di una scuola che persegua un forma “super” di giustizia, riuscendo ad avere la volontà e il coraggio di “fare differenze” in positivo, dare di più a chi ha di meno, per compensare quelle differenze che altrimenti diventerebbero ferite all’uguaglianza tra gli alunni/e.

Una scuola che usa le risorse per garantire davvero pari opportunità e non tollera che a danno degli alunni più deboli vengano perpetrate ingiustizie, quali emarginazioni ed esclusioni. Si vedano a tal proposito i recenti dati ISTAT sulla scarsa partecipazione degli alunni con disabilità alle gite scolastiche con pernottamento. Il discorso inclusivo, se vuole davvero allargare il proprio orizzonte, dovrà camminare sulle gambe dell’universalità (il pensiero tecnico) e dell’equità (la necessità etico politica).

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