Nel segno della parola handicap

di Pietro Salvatore Reina

Storia di una parola

Il sostantivo handicap, di origine inglese, dalla locuzione «hand in the cap», ovvero «porre la mano nel cappello» per estrarre le monete, un gioco d’azzardo assai diffuso nel Seicento. Dal significato originale legato al gioco e allo sport la parola handicap è stata poi utilizzata alla fine dell’Ottocento per indicare, in generale, il modo di equilibrare una condizione, uno status compensando le «diversità», divenendo quindi sinonimo di «impedimento». Solo agli inizi del Novecento è stata adoperata in riferimento ai disabili e applicata ai bambini con una menomazione fisica.

L’handicap nella normativa scolastica italiana

L’odierno D. Lgs. n. 66/2017 Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità costituisce una sorta di nuovo Testo unico per l’integrazione scolastica dei soggetti con disabilità. Esso costituisce il punto d’arrivo d’un lungo percorso. Un viaggio, però, che parte dalla nostra Carta costituzionale che volge la sua attenzione, con saggezza ed autorità, alla tutela della «persona» (art. 3, comma 2 «persona umana» letta – come con acume sottolinea il dirigente scolastico Giuseppe Mariani – attraverso le tre culture [cristiana, illuminista, socialista] che sono alla base della nostra civiltà italiana ed europea).

Il termine handicap è stato introdotto nella normativa scolastica con la L. 517/1977.

Il termine handicap è normalmente adottato dalla legislazione italiana, ricordiamo le seguenti norme:

  • Legge 5 febbraio 1992, n. 104 Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (il testo vigente della L. 104/1992, Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, ha ricevuto le ultime modifiche introdotte dalla Legge n. 53/2000 e dal D. Lgs. n. 151/2001).
  • Legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 1, c. 1, lett. -a): l’istituzione dei congedi dei genitori e l’estensione del sostegno ai genitori soggetti portatori di handicap
  • D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 42 Riposi e permessi per i figli con handicap grave
  • D. Lgs. 18 luglio 2011, n. 119 Attuazione dell’art. 23 della L. 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi: dall’art. 3 in avanti il termine utilizzato è handicap

La «corretta» definizione di persona handicappata si trova nell’articolo 3 (Soggetti aventi diritto), c 1,  della Legge n. 104/1992

«è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».

Il termine disabilità, invece, è stato introdotto nella normativa scolastica dalle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità (MIUR, nota 4 agosto 2009 prot. n. 4274). Tale termine (in inglese disability) proviene dagli accordi internazionali ove è normalmente utilizzato, ad es.:

  • nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (art.1), approvata il 16 dicembre 2006 dall’Assemblea delle Nazioni Unite
  • nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) approvata il 22 maggio 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Si noti, infine, che nelle più recenti leggi, quali la n. 128/2013 e la n. 107/2015, viene adottato costantemente il termine disabilità.

In qualche circostanza (L. 244/ 2007, art. 2, c. 413 e 414) è usata la locuzione alunni diversamente abili.

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