La nuova “veste” del Comitato per la valutazione dei docenti

di Mario Atria

Una delle principali innovazioni introdotte nell’ordinamento scolastico dalla L. 107/2015 è stata la riscrittura dell’art. 11 (Comitato per la valutazione del servizio dei docenti) del D. Lgs. 297/1994.  Il c. 129 della L. 107/2015 novella la composizione dell’organo collegiale, la sua denominazione (Comitato per la valutazione dei docenti) e la sua collocazione nel quadro dell’istituzione scolastica.

Il rinnovato organo da annuale diviene organo triennale, in coerenza con il PTOF. La nuova composizione coinvolge tutta la comunità scolastica, non più, quindi, prerogativa del collegio docenti (prevista dall’art. 11 del Testo Unico). In base alla funzione esercitata varia la sua struttura, per la valorizzazione dei docenti (cfr. art.) prevista dai commi 126-129 della L.107/2015, il comitato prevede sei membri, oltre al dirigente scolastico che lo presiede:

1) tre docenti, di cui due scelti dal collegio docenti e uno dal consiglio di istituto;

2) due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione; per il secondo ciclo di istruzione, un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, scelti dal consiglio di istituto;

3) un componente esterno individuato dall’USR tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.

In sede di valutazione dell’anno di prova del personale docente ed educativo, il comitato risulta nella speciale composizione «ridotta» che prevede il dirigente scolastico che lo presiede, i tre docenti, di cui due eletti dal collegio docenti ed uno dal consiglio di istituto e il  tutor del docente in esame. I criteri sui quali si basa detta valutazione sono definiti dall’art. 4 del D.M. 850/2015, volti a verificare gli standard professionali dei docenti neoassunti:

  1. corretto possesso ed esercizio delle competenze culturali, disciplinari, didattiche e metodologiche, con riferimento ai nuclei fondanti dei saperi e ai traguardi di competenza e agli obbiettivi di apprendimento previsti dagli ordinamenti vigenti;
  2. corretto possesso ed esercizio delle competenze relazionali, organizzative e gestionali;
  3. osservanza dei doveri connessi con lo status di dipendente pubblico e inerenti la funzione docente;
  4. partecipazione alle attività formative e raggiungimento degli obiettivi dalle stesse previsti.

Il docente di nuova nomina si deve impegnare in una pluralità di attività, che comprendono la frequenza di incontri in presenza, l’allestimento di momenti di osservazioni reciproca in forma di peer-review, già sperimentata in altri progetti, l’elaborazione di un proprio bilancio di competenze iniziale  e la predisposizione di un portfolio formativo per documentare il lavoro svolto attraverso un’istruttoria del tutor supportata da apposita documentazione comprovante il percorso del docente neoassunto, che sostituisce la relazione da presentare al comitato per la valutazione dei docenti .

Il c. 117 della L. 107/2015 attribuisce al dirigente scolastico il compito di valutare i docenti neoassunti:

«Il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova è sottoposto alla valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione istituito ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 297/1994, come sostituito dal c. 129 del presente articolo, sulla base dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor».

La valutazione deve tenere conto del parere, obbligatorio, del comitato per la valutazione dei docenti, sebbene il dirigente scolastico possa discostarsene con atto debitamente motivato (art.13 D.M. 850/2015).

Il comitato per la valutazione dei docenti ha il compito di esprimere il proprio parere relativamente al superamento del periodo di prova e formazione dei docenti neoassunti. Il dirigente scolastico e il docente neo-assunto, sulla base del bilancio delle competenze,sentito il docente tutor e tenuto conto dei bisogni della scuola, stabiliscono, con un apposito patto per lo sviluppo professionale, gli obiettivi di sviluppo delle competenze di natura culturale, disciplinare, didattico-metodologica e relazionale, da raggiungere attraverso le attività formative di cui all’articolo 6 e la partecipazione ad attività formative attivate dall’istituzione scolastica o da reti di scuole, nonché l’utilizzo eventuale delle risorse della Carta di cui all’art. 1, c. 121, della Legge (art 5 DM 850/2015).

Il dirigente scolastico e il docente neoassunto, attraverso attività formative e  con il fine di potenziare i punti deboli emersi dal bilancio delle competenze iniziali, stipulano il patto di sviluppo professionale, per poi giungere alla valutazione finale tenendo in considerazione i livelli di partenza.

A seguito del D.M. 850/2015 il percorso formativo è stato reso più rigoroso ed articolato, la griglia per il Bilancio delle competenze pubblicata da INDIRE per i neoassunti offre un ottimo spunto per poter ricondurre in un quadro organico le competenze professionali richieste ai docenti. La pubblicazione della griglia finalizzata alla stipula del Patto per lo sviluppo professionale è un’occasione per considerare l’opportunità che l’introduzione di tale strumento offre per l’intero corpo docente, in una prospettiva del miglioramento continuo così come previsto dal Sistema Nazionale di Valutazione (D.P.R. 80/2013).

Il D.M. 850/2015 negli art. 9-12 enuncia in maniera generica le competenze che dovrebbe avere il tutor, senza specificare che tale figura deve avere una conoscenza diretta  di quanto presente nella griglia per il bilancio delle competenze, per poter predisporre un progetto di tutoring adeguato, evitando il rischio che tutto si riduca ad una formalità e ad una presa d’atto di quanto scrive il docente in anno di prova, venendo meno la funzione di counseling.

La legge 107/2015 ha puntato sulla valorizzazione dell’autonomia e quindi sull’identità della scuola e del suo contesto di apprendimento, pertanto lo sviluppo delle competenze professionali dei docenti deve essere definito sia in rapporto ai bisogni personali sia in relazione dei bisogni della comunità a cui si appartiene in coerenza con P.T.O.F. E P.D.M., perdere la dimensione collettiva vuol dire perdere un’occasione per valorizzare l’autonomia e ritornare ad una visione autoreferenziale della propria presenza nella scuola in cui si presta servizio.

 

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